Stefano Andreotti replica alle parole di Rita dalla Chiesa: «Mio padre giurò davanti a Dio che non c’entrava con l’omicidio del generale»

«Se ci fossero gli estremi per un’azione giudiziaria, non lo faremo», ha detto il figlio dell’ex leader della Dc all’AdnKronos

«Mio padre giurò davanti a Dio che non c’entrava con l’omicidio di Carlo Alberto dalla Chiesa». A dirlo all’AdnKronos è Stefano Andreotti, figlio del 7 volte premier italiano, commentando le parole della figlia del generale che ieri – domenica, 22 settembre – ospite di Luisella Costamagna nella trasmissione Tango, su Rai 2, è tornata sull’omicidio di suo padre con un implicito riferimento all’ex leader della Dc. «Mah, cosa posso dire – replica intervistato dall’agenzia di stampa Stefano Andreotti – diciamo che non è la prima volta che succede che loro tirino in ballo mio padre per quel delitto, il fratello della deputata, per dire, è dagli anni ’80 che racconta cose del genere, ora la sorella è tornata su questa linea. A qualcuno non sono mai andate giù le sentenze di assoluzione per mio padre, quelle di Palermo e di Perugia».


Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa è morto all’età di 61 anni nella strage di via Carini, a Palermo, città in cui aveva ricevuto l’incarico di prefetto per contrastare Cosa Nostra. La figlia, deputata di Forza Italia, durante l’intervista di ieri, ha fatto riferimento a un possibile coinvolgimento dello statista Dc nell’uccisione di suo padre. Non ci sarà però alcuna guerra in tribunale, assicura Andreotti, «Rita dalla Chiesa si assumerà le responsabilità di quanto detto – continua -, ma anche se ci fossero gli estremi per un’azione giudiziaria, non lo faremo, perché quello era lo stile di mio padre, lui non ha mai querelato nessuno».


Stefano Andreotti ricorda, inoltre, come tra suo padre e il generale ci fosse un rapporto di grande stima reciproca: «Mio padre aveva grande fiducia nel generale, lo volle a capo del nucleo speciale anti-terrorismo. Prima del suo tragico omicidio – sottolinea – Dalla Chiesa passava a Roma e chiedeva di incontrarsi con mio padre, per scambiarsi idee e confrontarsi, incontri cordiali tra persone che si stimavano a vicenda». E poi ancora: «pensare anche solo lontanamente che mio padre potesse essere implicato in qualche omicidio, in qualche rapporto con la mafia, per chi lo conosceva, è uno schiaffo alla sua memoria, alla sua storia».

Foto copertina: ANSA/CLAUDIO PERI

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