Trento, sequestrato un punto nascita abusivo attivo da anni: indagate due ostetriche

La struttura è stata scoperta a Civezzano dai Nas: un parto costava mille euro. La difesa: «Vuoto normativo. Nessun rischio»

I Nas (Nuclei Antisofisticazione e Sanità) hanno scoperto a Civezzano, Treviso, una struttura abusiva che faceva partorire senza alcuna autorizzazione. Il centro «La via di casa» aveva come obiettivo quello di seguire le pazienti prima, durante e dopo il parto. Peccato che, per quanto hanno ricostruito gli investigatori, l’associazione non aveva alcuna autorizzazione sanitaria per operare. Ma era attiva da almeno tre anni e ora i militari proveranno a capire quanti parti siano avvenuti all’interno della struttura dove lavoravano le due ostetriche ora indagate. Le professioniste si facevano pagare al prezzo medio di mille euro, costo che sarebbe stato poi rimborsato dall’azienda sanitaria. In Trentino però le case di maternità non sono permesse e non c’è una normativa che regoli questi luoghi.


Le indagini

Le indagini sono partite qualche mese fa dopo il ricovero all’ospedale Santa Chiara di Trento di una madre per un’emorragia. Durante il suo parto alla casa di maternità di Civezzano ci sarebbe stata una complicazione che l’avrebbe costretta ad andare al nosocomio. La donna non è andata incontro ad alcuna conseguenza, ma il ricovero d’urgenza ha fatto scattare la segnalazione in Procura. È scattato quindi il sequestro. Come scrive il Corriere, dalle indagini dei carabinieri è emerso che il punto nascita aveva anche un sito web dove all’interno proponeva trattamenti di medicina alternativa.


La difesa

Le indagini sono ancora in corso. L’avvocata delle ostetriche, Francesca Pastore, ha già chiarito la sua linea difensiva: «Il problema non è la casa di maternità, loro sono ostetriche libere professioniste e quindi posso seguire i parti a livello domiciliare o in altri luoghi. La casa di maternità è un’associazione di promozione che fa varie attività e una stanza, che come fosse casa, è dedicata al parto. Secondo l’accusa devono essere autorizzate, ma non sono strutture sanitarie». Pastore sottolinea, inoltre, che non c’era alcun rischio sanitario: «È come se partorissero in casa e la Provincia prevede un rimborso per i parti domiciliari, in alcune regioni sono regolamentate, secondo noi non può essere penalmente rilevante». Apre quindi al dialogo con il gip «per chiedere se possiamo riavere la struttura per fare le altre attività, per i parti la battaglia la faremo in aula». Anche le ostetriche indagate per aver gestito parti extraospedalieri senza autorizzazione basano la loro difesa sull’incertezza normativa: «Ci troviamo a subire un pregiudizio. Cercheremo un’interlocuzione con l’autorità giudiziaria al fine di continuare a fornire un servizio pacificamente erogato nella maggior parte delle altre regioni».

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