La caccia all’audio, la gravidanza, il ricatto: perché Maria Rosaria Boccia è indagata per lesioni e minacce

Gli inquirenti hanno sequestrato 600 gb di memoria. L’imprenditrice rischia fino a 7 anni di carcere. I reati, secondo la procura, sarebbero ancora in corso. Il ruolo dell’amica ex parlamentare di centrodestra

Tre telefoni, un tablet, un computer fisso e un portatile. E ancora: nove pendrive e tante microsim. Per un totale di oltre 600 giga di memoria. Questo è il “bottino” dei carabinieri nella perquisizione domiciliare nei confronti di Maria Rosaria Boccia. Che intanto ha comprato altri due cellulari ed è di nuovo operativo. Nell’indagine scaturita dall’esposto dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano i reati ipotizzati sono lesioni personali e minaccia a corpo politico dello Stato. E ora gli inquirenti cercano di analizzare lo «sviluppo patologico» del rapporto tra i due e trovare documenti nella disponibilità dell’imprenditrice e influencer. Ma anche le chat tra l’indagata e le utenze in uso alla moglie di Sangiuliano (Federica Corsini, giornalista Rai) e l’ex parlamentare del centrodestra Melania Rizzoli.


Da uno a sette anni

Il reato ipotizzato dalla pm Giulia Guccione è lo stesso della Trattativa Stato-Mafia. Ovvero i primi due commi dell’articolo 338 del Codice penale: «Chiunque usa violenza o minaccia a un corpo politico […] o ai suoi singoli componenti, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività, è punito con la reclusione da 1 a 7 anni; alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento». Boccia avrebbe contattato Corsini per farle sapere della relazione del marito con lei. Proprio attraverso Rizzoli, che avrebbe anche detto a Sangiuliano che Boccia non si sarebbe fermata dopo la mancata nomina a Consigliera Grandi Eventi. I reati, secondo la procura di Roma, sarebbero «ancora in corso». E l’imprenditrice avrebbe anche taroccato alcune foto per fingersi all’interno del ministero.


La caccia all’audio

In particolare gli inquirenti danno la caccia a un audio. La Verità scrive oggi che gli inquirenti sono andati alla ricerca anche delle chat intercorse «tra l’indagata e le utenze in uso alla moglie di Sangiuliano e all’amica Melania Rizzoli», ex parlamentare del centrodestra ed ex assessore della Regione Lombardia. «Ivi incluse registrazioni audio o vocali in cui parlino le persone sopra indicate». I pm vogliono, inoltre, chiarire se il presunto stato interessante comunicato all’ex ministro fosse una totale invenzione o se avesse un qualche aggancio con la realtà. Per questo i carabinieri sono andati alla ricerca di «mail e documenti relativi allo stato clinico della gravidanza, ivi incluse visite di controllo». E si parla anche di chat in cui l’ex ministro è menzionato. Tra cui quelle con Francesco Gilioli, all’epoca capo di gabinetto di Sangiuliano.

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