Femminicidio Cecchettin, agli atti una lettera di Turetta: «Non esiste perdono per ciò che ho fatto, non lo voglio»

Il 22enne ha scritto il testo in Germania due giorni dopo l’arresto. «Mi merito tutto questo», è il messaggio più volte ripetuto

Il prossimo 25 ottobre Filippo Turetta, il 22enne accusato di omicidio pluriaggravato per aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, si sottoporrà all’interrogatorio di fronte ai giudici della Corte d’Assise di Venezia. L’unico teste per la difesa sarà l’anatomopatologa che ha svolto l’autopsia sul corpo della ragazza. Agli atti, oltre che le sue parole, ci sarà – anzi è già presente – una lettera dell’imputato. Scritta a mano da Turetta due giorni dopo il suo arresto in Germania del 19 novembre scorso, è un lungo scritto in cui il 22enne ripercorre i fatti: la fuga di otto giorni in macchina, la paura per l’estradizione in Italia. Ma anche il suo rapporto con Giulia Cecchettin e con i genitori.


«In qualche modo ho peggiorato il mondo», i punti principali della lettera

«Adesso sono nel carcere di Halle. Mi sono fatto arrestare l’altra sera a lato di un’autostrada in Germania. Non riuscivo più a suicidarmi, e dopo giorni ho deciso di costituirmi». Le prime righe della lettera raccontano rapidamente le ore dopo l’arresto, avvenuto da parte delle autorità tedesche che lo hanno individuato fermo in macchina. Le prime procedure con la polizia tedesca, l’interrogatorio, le analisi, il trasferimento nel carcere di Halle. Fin da subito emerge la preoccupazione del 22enne per l’estradizione prevista di lì a poco verso l’Italia. «Non sapevo e non avrei mai immaginato tutto questo sarebbe diventato così famoso in Italia e questo mi fa tanta paura. Ho generato tanto odio e rabbia». Una reazione dell’opinione pubblica che, ribadisce svariate volte Turetta, è meritata: «Ho peggiorato il mondo in qualche modo».


I pensieri di Turetta

Il pensiero, poi, si rivolge a tutto ciò che ha perso uccidendo la ex fidanzata. In primo luogo gli amici: «Non vorranno più vedermi, dimenticandomi per sempre». Così come la possibilità di avere una vita come tutti: laurearsi, avere una famiglia, invecchiare al di fuori di una stretta cella di carcere. Poi il pensiero va proprio a Giulia Cecchettin, «la persona più importante della mia vita, la persona che è tutto per me e cui da due anni penso ininterrottamente ogni giorno, la persona più bella e speciale io potessi mai incontrare in tutta la mia vita e tutto questo per colpa mia». E ripete: «Mi merito tutto questo. Io non sono cattivo lo giuro, ma non esiste perdono o qualcosa del genere per questo. E io non lo voglio».

Turetta ai genitori

Da ultimo Turetta si rivolge ai genitori, che dalle prime ricostruzioni erano le persone che – «sperando di trovarlo vivo» – gli hanno impedito di togliersi la vita. «Voi non c’entrate assolutamente niente, non avete alcuna colpa o responsabilità», scrive il 22enne. «Penso che probabilmente sarebbe meglio un figlio morto che un figlio come me. Ve lo giuro, se solo avessi qui con me un pulsante di suicidio istantaneo non avrei esitato oltre un nanosecondo a premerlo». Un concetto che, in varie forme, Filippo Turetta scrive e riscrive. Il desiderio di togliersi la vita e i vari tentativi, tutti falliti perché «sono un codardo e debole e purtroppo non ce l’ho fatta». Racconta di aver rinunciato anche all’opzione di usare il coltello contro di sé, come qualche giorno prima aveva invece fatto contro l’inerme ex fidanzata.

La lettera integrale

«Adesso sono nel carcere di Halle. Mi sono fatto arrestare l’altra sera a lato di un’autostrada in Germania. Non riuscivo più a suicidarmi, e dopo giorni ho deciso di costituirmi. Mi hanno prima portato in una sala interrogatori, mi hanno fatto spogliare e raccolto tutti i miei vestiti dentro appositi sacchetti di plastica. Mi hanno fatto diverse foto, anche alle mani o alle ferite, e hanno preso dei campioni dalle mie mani. Poi mi hanno portato in una stazione di polizia dove ho trascorso la notte in una che penso essere una stanza di isolamento. Il giorno seguente è arrivato un interprete, molto cordiale (si chiama Michel credo) e mi hanno fatto eseguire una visita dal medico legale. successivamente mi hanno portato in una stanza a fare delle foto segnaletiche di riconoscimento, raccogliere campioni di Dna e raccogliere vari tipi di impronte digitali. Poi, dopo aver aspettato in cella qualche altra ora, mi hanno portato in tribunale per eseguire un processo-procedimento per la mia estradizione in Italia. Finito ciò mi hanno portato nel carcere di Halle dove al momento sono da 48 ore circa credo. 

Finora qui in Germania sono stati tutti molto professionali e bravi, nessuno mi ha picchiato o torturato, e io penso questa sia una cosa molto positiva per me. Ho un po’ di paura a tornare in Italia anche per questo. Non sapevo e non avrei mai immaginato tutto questo sarebbe diventato così famoso in Italia e questo mi fa tanta paura. Ho generato tanto odio e rabbia. E me li merito, sì… ma tutto questo è terribile… ho peggiorato il mondo in qualche modo. Mi merito tutto questo dopo quello che ho fatto. Non sono neanche riuscito a uccidermi… vivrò la mia intera vita in carcere adesso.

Trascorrerò la maggior parte della mia vita, e tutti i momenti e le fasi migliori della vita della maggior parte delle persone normali, all’interno di una piccola stanza da solo. La solitudine e la tristezza prevarranno sulle mie giornate. Mi vedrò perdere i capelli all’interno del carcere. E anche le energie e le forze della gioventù, poi dell’età adulta, fino a invecchiare piano piano. Tutte le fantastiche e meravigliose persone che ho conosciuto durante la mia vita, tra cui tutti i miei amici speciali, non li rivedrò mai più e loro non vorranno più vedermi, dimenticandomi per sempre. Non potrò più finire di laurearmi, conoscere persone, avere una famiglia e godere di quello che ho già. E in tutto questo, soprattutto, ho perso la persona più importante della mia vita, la persona che è tutto per me e cui da due anni penso ininterrottamente ogni giorno, la persona più bella e speciale io potessi mai incontrare in tutta la mia vita e tutto questo per colpa mia. Mi merito tutto questo. 

Mi dispiace tanto. Io non volevo, non so perché l’ho fatto, non avrei mai pensato o voluto succedesse niente del genere. Io non sono cattivo lo giuro e so che, nonostante adesso sia difficile, voi possiate credermi e lo avete sempre visto con i vostri occhi. Ogni momento penso che vorrei tornare indietro, vorrei tutto tornasse indietro e non fosse successo niente di tutto questo. È veramente poco e non significa molto dirlo, ma mi dispiace veramente con tutto il mio cuore e so che sarà così per tutta la mia vita. Non esiste perdono o qualcosa del genere per questo e io non lo voglio, non lo merito. Ho rovinato la vita a tante persone, troppe, senza averci pensato prima. 

Ogni giorno e ogni notte spero che tutto questo non influenzi la vostra vita in peggio. Spero che nessuno vi giudichi negativamente, vi guardi male, rovini la vostra situazione lavorativa o affettiva o le amicizie. Voi non c’entrate assolutamente niente, non avete alcuna colpa o responsabilità. Anzi dovreste essere sostenuti ed aiutati perché siete sempre stati degli ottimi genitori, mi avete sempre aiutato e sostenuto ed educato al meglio e non c’è giorno della mia vita che non abbiate riservato preoccupazioni a me, alla mia salute, al mio benessere… e io ho rovinato tutto.

Capirei e accetterei se d’ora in poi voi vogliate dimenticarmi e rinnegarmi come figlio, vi ho già causato troppo dolore e sarebbe probabilmente la scelta migliore per il prosieguo della vostra vita. Io stesso non so se ho ancora il coraggio di farmi vedere da voi o guardarvi in faccia. Penso che probabilmente sarebbe meglio un figlio morto che un figlio come me. Ve lo giuro, se solo avessi qui con me un pulsante di suicidio istantaneo non avrei esitato oltre un nanosecondo a premerlo. 

Tutti questi giorni che sono scomparso io non volevo fuggire o scappare o altro. Desideravo solamente riuscire ad uccidermi in qualche modo. Sono un codardo e debole e purtroppo non ce l’ho fatta. Ho provato a soffocarmi con un sacchetto di plastica in testa ma all’ultimo lo ho strappato. Volevo fare un incidente mortale, un frontale, con qualche muro o albero, che non mi lasciasse scampo ma neanche in questo sono riuscito. Ho guidato moltissimo, avrò percorso centinaia di chilometri in pochi giorni ma ogni volta che acceleravo poi o frenavo o sterzavo senza risultato desiderato. Non volevo neanche rischiare in nessun caso che voi foste responsabili di pagare i danni o risarcire denaro e anche per questo non ho mai portato avanti l’idea di buttarmi sotto un treno. Non volevo inoltre in alcun modo causare danni o problemi a qualcuno, quelli che ho già fatto sono abbastanza per tutte le vite che potrei vivere. Il metodo più frequente e che mi sembrava essere il migliore era accoltellarmi in qualche modo con un coltello. Si leggono tanti suicidi così in giro e forse è il metodo migliore. Invidio molto quelle persone perché hanno avuto un grande coraggio a fare un gesto simile, a differenza mia. Sono stato la maggior parte delle ore gli ultimi giorni seduto in macchina puntandomi il coltello alla gola o al torace aspettando di riuscire a sferrare i colpi».

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