«Il ponte sullo Stretto di Messina poggia su faglie attive»: le mappe dell’Ispra e le smentite della società

Le analisi di ingegneri e geologi ne individuano cinque sulla sponda calabrese. Negli allegati vengono segnalate come attive e capaci. Ma…

Il ponte sullo Stretto di Messina poggia su faglie attive. Lo dicono due documenti che si trovano tra le migliaia di pagine presentate per rispondere alle critiche del ministero dell’Ambiente. Anche se l’amministratore delegato della società Piero Ciucci smentisce. Tutto nasce dalle mappe dell’Ispra sull’opera e dalle analisi di ingegneri e geologi. Che ne individuano ben cinque sulla sponda calabrese. Secondo la Stretto di Messina l’esistenza di faglie in loco non è provata. E sono state inserite solo per «completezza bibliografica». Ma negli allegati al progetto vengono segnalate come «attive e capaci». E l’allarme dei comitati arriva in Parlamento.


La faglia Cannitello

Uno dei documenti “incriminati” è la mappa PB0010_F0. Era presente già nel faldone del 2011. Ed è tornata identica nelle integrazioni presentate il 12 settembre scorso. Il documento, spiega oggi Repubblica, mostra il profilo in sezione della faglia Cannitello, individuandola nella legenda come «certa» e indicandone persino «il movimento», con tanto di freccina. Delle cinque di «massima pericolosità» censite e così identificate dall’Ispra dopo una campagna di studi approfondita finanziata da ministero è quella che preoccupa di più. E passa esattamente sotto il pilone calabrese del Ponte, toccando anche i pontili e gli svincoli previsti. A sostenerlo sono le osservazioni che per l’amministrazione di Villa San Giovanni ha redatto un pool di esperti. Tra cui l’ingegnere Paolo Nuvolone e il professore Mario De Miranda.


Il secondo documento

Il secondo documento è la tavola n. AMW3010, che corrisponde alla carta di microzonazione Calabria-Comune di Villa San Giovanni. La fascia rossa che corre lungo tutta la sponda calabrese è classificata come faglia attiva e capace. Ma è anche zona a rischio maremoto e soggetta a liquefazione. In teoria, stando alle linee guida approvate nel 2016, nella zona in cui la Stretto di Messina progetta di costruire il Ponte non si potrebbe costruire nulla. Dopo l’indagine dell’Ispra si è deciso di imporre una «fascia di attenzione» di 200 metri, più che doppia rispetto al passato, quando la norma ne prevedeva a stento 75. Per la Stretto di Messina, però, il censimento dell’Ispra non è niente di più che un «prodotto di sintesi, prevalentemente a carattere bibliografico». E quei criteri «non hanno status normativo».

Le faglie e il ponte

Quindi, è il ragionamento, non ha senso seguirli. Per quanto riguarda le faglie invece, nonostante vengano mappate e analizzate, «l’attività e la loro stessa esistenza» scrivono i tecnici nella relazione, «è certamente controversa. Sia per la lacunosità dei dati disponibili per caratterizzarle, sia per le forti differenze nella loro esatta localizzazione». E poi, anche se davvero ci fossero — insiste la Stretto di Messina nella sua replica — «non sono fonte di pericolosità sismica».

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