Il partito di Vannacci ancora non esiste ma già caccia gli iscritti: Marco Belviso e l’«aggressione squadrista»

La querela a tre esponenti del suo ex movimento: mi hanno minacciato. L’intervista e la lettera di espulsione non firmata

Il partito di Roberto Vannacci non esiste ancora ma già siamo alle denunce. E alle espulsioni. Marco Belviso, udinese già animatore de Il Corsaro della Sera e de Il Perbenista, è ormai ex coordinatore regionale dell’associazione Il mondo al contrario. Era responsabile del Nord-Est (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia-Romagna), ieri si è presentato alla stazione dei carabinieri per querelare tre esponenti del suo ex movimento. Ovvero il presidente nazionale Fabio Filomeni, il segretario Bruno Spataro e il tesoriere Gianluca Priolo. Sono i fondatori insieme a Norberto De Angelis (estraneo ai fatti e pronto a dimettersi) del gruppo di Vannacci che il 23 novembre debutterà a Grosseto. Belviso ha denunciato «un’aggressione squadrista».


Un’aggressione squadrista

Belviso racconta a La Stampa di aver ricevuto una telefonata da Filomeni, che voleva venirlo a trovare. «Pensavo volesse un chiarimento su alcune questioni sulle quali avevamo posizioni diverse. Invece dopo venti minuti ha citofonato ed è salito insieme agli altri due. Io per educazione li ho fatti accomodare, ma subito si sono comportati in modo sgarbato. Hanno rifiutato una birra, sono rimasti in piedi e pretendevano invece che fossi io a sedermi. Volevano che sottoscrivessi un verbale di espulsione datato Mestre, dove probabilmente si erano ritrovati prima di venire da me dato che uno arriva dalla Toscana, uno dalla Calabria e l’altro da Torino. Per fortuna un amico ha suonato il campanello, facendoli allontanare velocemente a bordo dell’auto nera che li aspettava con il motore acceso». La rabbia dei tre sarebbe montata dopo un’intervista di Belviso al Tempo.


L’intervista

Nel colloquio con il quotidiano romano il giornalista aveva espresso giudizi politici non lusinghieri nei confronti della Lega. E si augurava di poter « «spingere il Carroccio verso un orientamento più vicino a quello del generale, ma anche di Anna Maria Cisint o di Susanna Ceccardi, piuttosto che di Luca Zaia o di Massimiliano Fedriga». Ovvero, come si capisce, più sulla linea di Salvini che su quella dei presidenti di Regione del Nord, tradizionalmente meno avvezzi alle sparate e più “governativi”. Ma secondo l’associazione così Belviso avrebbe violato l’articolo 3 del regolamento su diritti e doveri degli iscritti. Così come l’ordine di Filomeni di non esprimersi «su temi non inerenti agli argomenti espressi nel libro Il Mondo al Contrario».

La lettera di espulsione

Nella lettera di espulsione che Belviso si è rifiutato di firmare era anche affermata l’incompatibilità tra le iscrizioni al suo gruppo “Gli amici del Nord-Est per Vannacci” con la tessera del comitato. Il giornalista assicura di essersi riunito subito con «venti dei 200 soci degli Amici del Nord-Est per Vannacci» e che continueranno da qui a sostenere il generale. Che sarà loro ospite il 12 ottobre alla Barcolana di Trieste: «Roberto l’ho sentito dopo l’aggressione e mi ha detto che era una cosa di cui non sapeva nulla. Era incredulo. Lui non fa parte di nessuna delle associazioni che lo supportano, che hanno tutte pari dignità. Il vero motivo per cui mi attaccano è che gente come me e come Umberto Fusco di Noi con Vannacci ha più visibilità di loro».

L’associazione come una Srl

«Infatti, prima di cacciarmi, hanno provato a dirmi che dovevo scegliere fra il giornalismo, che è il lavoro con il quale mi guadagno da vivere, e la militanza nel Mondo al Contrario. Le mie amicizie e le mie relazioni li impensierivano. E poi trattano l’associazione come una Srl», conclude Belviso. La replica di Filomeni promette scintille: «La lettera del Comitato di Gestione consegnata al signor Belviso e dallo stesso resa pubblica è già eloquente sulle motivazioni della sua espulsione dal Comitato del quale ad oggi non ne fa più parte e non può parlare a nome dello stesso. Se questo signore persiste nell’esprimersi in termini lesivi dell’onorabilità del Comitato o dei suoi appartenenti ci vedremo costretti a rivolgerci nelle sedi opportune».

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