Unicredit e la scalata a Commerzbank, l’Ue non commenta ma apre: «Le fusioni delle banche sono un vantaggio per l’economia»

Il ministro tedesco Lindner: «Lo Stato non può essere azionista a lungo, il problema è stato l’approccio di Unicredit»

Continua a infiammare politica e mercati l’acquisizione da parte di Unicredit di alcune quote di Commerzbank. Oggi, martedì 24 settembre, il gruppo bancario con sede a Milano ha incassato un doppio segnale di apertura: il primo da parte della Commissione europea, il secondo da Christian Lindner, leader dei Liberali e ministro delle Finanze tedesco. Pur non commentando direttamente la questione, la portavoce dell’esecutivo comunitario Veerle Nuyts ha detto che un’acquisizione come quella portata avanti da Unicredit non può essere fermata «per motivi puramente economici». Un’eventuale stop sarebbe consentito solo «per motivi di sicurezza pubblica, ordine pubblico o motivi imperativi di interesse generale come la giustizia».


L’apertura (a metà) di Lindner

A intervenire sulla vicenda, quasi in contemporanea, è anche il ministro tedesco Lindner, che chiarisce: «Il governo federale ha sempre chiarito che Commerzbank deve essere privatizzata. Ci sono ragioni di politica pubblica per questo: lo Stato non può essere azionista di un’istituzione competitiva a lungo termine». Il leader dei Liberali, insomma, conferma la volontà da parte di Berlino di vendere le proprie quote. E sottolinea che il problema, semmai, è stato «l’approccio di Unicredit», che «ha sconvolto molti azionisti in Germania ed è per questo che il governo tedesco ha deciso di non vendere ulteriori azioni».


Cosa sta succedendo tra Unicredit e Commerzbank

Per capire meglio cosa sta accadendo tra Unicredit e Commerzbank occorre fare un passo indietro. Lunedì 23 settembre, il gruppo bancario guidato da Andrea Orcel ha aumentato la propria partecipazione in Commerzbank al 21% e ha chiesto l’autorizzazione della Banca centrale europea per salire fino al 29,9%, mantenendosi al di sotto del limite che imporrebbe un’Opa (Offerta Pubblica di Acquisto) obbligatoria. La scalata di Unicredit ha mandato nel panico il governo tedesco, con il cancelliere Olaf Scholz che ha parlato di «acquisizione ostile». Non si è fatta attendere la replica del ministro degli Esteri Antonio Tajani: «In Europa c’è libero mercato, non capisco perché quando qualcuno viene ad acquistare in Italia si dice che siamo in un sistema europeo moderno del mercato unico, se poi un  italiano acquista fuori non è più nel mercato unico». A esprimere preoccupazione sono però anche i sindacati tedeschi, che temono tagli ed esuberi in caso di fusione.

Un banco di prova dell’Unione bancaria

Secondo gli analisti, la mossa di Unicredit su Commerzbank è «il banco di prova definitivo per le ambizioni europee del rapporto Draghi e per la realizzazione dell’Unione bancaria, dell’Unione dei mercati dei capitali», scrive Mediobanca Securities. Secondo alcuni media tedeschi, Berlino starebbe lavorando a un decreto che prevede un golden power più restrittivo, in grado di bloccare le offerte ostili sulle banche senza un accordo preventivo. Un assist, più o meno esplicito, a Unicredit arriva ancora una volta dalla Commissione europea, secondo cui le fusioni «potrebbero rendere le banche più resilienti agli shock grazie alla maggiore diversificazione degli asset. E consentirebbero alle banche europee di avere modelli aziendali più efficienti, perseguire strategie di crescita e investire nella digitalizzazione». A dirlo è una portavoce dell’esecutivo comunitario, secondo cui «banche globali più grandi e diversificate andrebbero a vantaggio dell’economia dell’Ue», anche se le piccole «continuano a essere essenziali per le economie locali, per la concorrenza e quindi per i depositanti e i consumatori».

Credits foto di copertina: EPA/Ronald Wittek

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