La scuola va a pezzi: 69 crolli in un anno. E 6 edifici su 10 non hanno il certificato di agibilità – Il rapporto

La ricerca di Cittadianzattiva sull’ultimo anno scolastico: la situazione più critica al Sud e nelle Isole

Sono 69 i crolli registrati nelle scuole italiane da settembre 2023 a settembre 2024. Molti di questi erano stati già preannunciati, ma nessuno si era mosso per intervenire in tempo. Dei 69 – numero superiore a ciascuno degli ultimi sette anni – il maggior numero ha interessato le regioni del Sud e delle Isole, così come il Nord. A riferirlo è il XII rapporto dell’associazione Cittadinanzattiva, che aggiunge come quasi il 60% degli edifici scolastici del Paese non è attrezzato per rispondere a eventuali incendi né rispetta gli standard delle condizioni di sicurezza e igiene.


Non solo crolli: mancano anche documenti e collaudi

Sono 28 i crolli registrati nel Nord Italia, altrettanti al Sud e tra Sicilia e Sardegna. Numeri non comparabili, vista l’enorme differenza nei numeri delle scuole tra le due zone. Ma che in ogni caso sottolinea un problema sempre più ricorrente e che non sembra far sconti a nessuna regione. Al centro, invece, i casi di crollo sono stati “solo” 13.


Le segnalazioni, riporta il documento di Cittadinanzattiva, non sono mancate. Quello che è venuto meno sono gli interventi concreti per mettere in sicurezza la struttura. Sulla stessa lunghezza d’onda sono anche i dati riguardanti il certificato di agibilità e quello di prevenzione incendi. Secondo il rapporto, la documentazione non è posseduta rispettivamente dal 59.16% e il 57.68% degli edifici. A cui poi si aggiunge il collaudo statico, fondamentale per le scuole costruite vicino o su aree sismiche. In totale sono 17.343 le scuole collocate in zone a rischio 1 o 2. Eppure, su tutto il territorio italiano, il 41,5% degli istituti non ha portato a termine il collaudo statico.

Piccoli passi in avanti

Due terzi dei docenti intervistati per il rapporto ha manifestato interventi di manutenzione inadeguati o completamente assenti. Le problematiche più ricorrenti vanno dalle infiltrazioni di acqua (40,1%), ai distacchi di intonaco (38,7%) e tracce di umidità (38,2%). La metà dei professori ha manifestato gravi carenze anche rispetto alla sicurezza, anche se solo l’8% delle scuole non ha organizzato prove di emergenza. Un dato positivo, pur di fronte all’evidenza che – mentre sono molto ricorrenti le prove anti incendio e anti sisma – quelle relative al rischio alluvione e al rischio vulcanico vengono relegate al 5% e 1%. Numeri preoccupanti di fronte ai sempre più frequenti disastri naturali causati dal cambiamento climatico.

Sono però stati fatti anche altri passi in avanti. A partire dal fatto che l’11,4% delle nuove strutture sia stato progettato rispettando la normativa antisismica. E il 3% ha effettivamente ricevuto interventi di miglioramento alla struttura per fronteggiare l’eventualità di un terremoto.

Più soldi, meno interventi

«Siamo molto preoccupati per la riduzione degli interventi», ha commentato ad Ansa Adriana Bizzari, coordinatrice nazionale di Cittadinanzattiva. Dagli asili nido, sempre più abbandonati a loro stessi, ai lontani obiettivi europei. «Sin d’ora bisogna guardare al post Pnrr, con l’utilizzo di fondi ordinari nazionali ed europei per garantire il funzionamento delle nuove strutture, per investimenti mirati (ome i climatizzatori) e per assicurare continuità dei fondi all’edilizia scolastica». Una apprensione che deriva dall’ultima revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha previsto tagli delle previsioni di spesa dai nido ai licei. Il motivo, spiega Bizzari, è «l’aumento dei costi di costruzione. Lo stesso è accaduto con la ristrutturazione, sostituzione/ricostruzione, messa in sicurezza, adeguamento o miglioramento sismico e riqualificazione energetica degli edifici». Con il paradosso che più soldi (4.299 miliardi di euro, rispetto ai 3.9 miliardi previsti dal primo Pnrr) saranno usati per sistemare meno edifici.

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