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Roma, materassi incendiati e bombolette esplose nel carcere Regina Coeli: «È tra i più sovraffollati d’Italia»

25 Settembre 2024 - 20:30 Massimo Ferraro
roma regina coeli protesta detenuti carcere
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La protesta dei detenuti dell'ottava sezione, che si sono rifiutati di tornare in cella. L'appello dei sindacati di polizia: «Necessarie misure urgenti»

I detenuti dell’ottava sezione del carcere di Regina Coeli, nel pieno centro di Roma, si sono rifiutati di rientrare in cella nella serata di mercoledì 25 settembre e hanno inscenato una protesta che ha richiesto l’intervento degli agenti penitenziari. Secondo quanto riferisce il sindacato Uilpa, i detenuti avrebbero dato fuoco ad alcuni materassi e avrebbero fatto esplodere alcune bombolette dei fornelli da campeggio, comunemente in uso per cucinare e preparare vivande, vandalizzando poi alcuni ambienti dell’istituto penitenziario. «Con 1.170 detenuti a fronte di 626 posti disponibili e il 184% di surplus di detenuti, Regina Coeli è uno dei penitenziari più sovraffollati del Paese», spiega il segretario generale Uilpa Gennarino De Fazio, «a cui fa da contraltare una voragine negli organici del Corpo di polizia penitenziaria con 350 agenti in servizio quando ne servirebbero 709». De Fazio aggiunge poi che durante le turnazioni notturne gli agenti impiegati sono normalmente meno di venti agenti in totale. Nell’appello a un intervento strutturale sul sistema carcerario italiano, come sempre più spesso richiesto dopo episodi simili in altri istituti del Paese, il segretario ricorda che «a livello nazionale sono 15mila i reclusi oltre i posti disponibili e 18mila le unità mancanti alla Polizia penitenziaria». Il problema però, ricorda, non riguarda solo il personale: «A questo si aggiungano strutture fatiscenti, dotazioni inadeguate, carenze nell’assistenza sanitaria e psichiatrica e approssimazione organizzativa». De Fazio conclude: «Servono urgentissime misure in grado di stabilire condizioni minime di vivibilità, operatività e sicurezza nelle prigioni e che, palesemente, non possono passare solo per l’improbabile repressione, ma che devono puntare soprattutto sulla prevenzione».

Foto di archivio: ANSA/CLAUDIO PERI

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