L’altra verità su Andrea Purgatori: «Una morte inevitabile, non poteva essere salvato»

La morte per endocardite marantica. La radioterapia e l’esame del cervello. Le ischemie, la diagnosi errata, le patologie pregresse

Secondo la perizia degli inquirenti «una catastrofica sequenza di errori» ha portato alla morte di Andrea Purgatori. Il giornalista d’inchiesta è deceduto nel luglio 2023 per un’endocardite e una polmonite bilaterale. Purgatori aveva un tumore. Il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, entrambi appartenenti alla sua équipe, e il cardiologo Guido Laudani sono iscritti nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Secondo l’autopsia il suo corpo era segnato dalle metastasi. Per la sua morte sono indagati quattro medici. Che potrebbero aver sbagliato la diagnosi oppure aver somministrato una cura letale. Ma c’è anche un’altra verità sulla storia. Con un dato di partenza: il giornalista non poteva essere salvato.


L’endocardite marantica

Purgatori è deceduto a causa di una endocardite marantica. Che complica le neoplasie e causa coagulazioni all’interno dei vasi sanguigni. E nella perizia, racconta oggi Il Messaggero, si scrive: «La letteratura scientifica considera il tasso di sopravvivenza a 1 anno in misura dell’80 per cento qualora l’endocardite venga tempestivamente adeguatamente trattata». L’infezione del rivestimento cardiaco è difficile da curare. Quasi impossibile. Poi c’è la risonanza magnetica al cervello. Secondo la perizia individuato per errore metastasi e non ischemie. Ma in base all’esame e alle condizioni del paziente era inevitabile pensare alle metastasi e ricorrere alla radioterapia. Che però, proprio secondo quanto emerge dall’autopsia, non ha avuto effetti negative sulle condizioni di salute di Purgatori.


La radioterapia e l’esame del cervello

Va anche detto che l’esame del cervello è stato effettuato al 30%. E la radioterapia potrebbe anche aver fatto scomparire le lesioni cerebrali. Poi c’è la questione della diagnosi del tumore al polmone. Tra gli indagati c’è Gualdi, che ha effettuato un tomografia che ha individuato metastasi sulla testa dell’omero, sul pericardio, sulla pleura e sul surrene. Per questo Gualdi ha effettuato la risonanza cerebrale. Che ha individuato varie nodularità leptomeningee. Sulla radiografia c’è il problema delle ischemie cerebrali. Chi l’ha effettuata per la seconda volta ha detto che c’erano anche nella prima. Eppure, spiega il quotidiano, la diagnosi di miocardite al momento degli esami non era possibili. Perché mancavano le condizioni di partenza.

Le ischemie, la diagnosi errata, le patologie pregresse

Tra queste una patologia pregressa simile, interventi cardiochirurgici precedenti, cardiopatie congenite e impianti di assistenza ventricolare. La difesa degli indagati sostiene che le ischemie cerebrali non c’entrano con l’endocardite E che è stato fatto tutto il possibile per Purgatori, il quale purtroppo aveva già pochi mesi di vita per il tumore. Inoltre, non c’è certezza di quando sia iniziata l’endocardite. E la diagnosi non si fa comunque con la risonanza magnetica cerebrale.

Leggi anche: