Cda Rai, le Camere eleggono i quattro membri: la maggioranza sceglie Frangi e Marano, M5s e Avs portano Natale e di Majo. Aventino di Pd, Iv e Azione

L’opposizione si spacca, con il Nazareno e i centristi che accusano Conte di aver stretto accordi sottobanco per avere più influenza nel servizio pubblico

I rinvii, le polemiche estive, il Cda “scaduto” e la riforma sollecitata dall’Europa. Al centro, l’annoso intreccio tra Rai e politica che, a prescindere delle forze che governano, fa gridare allo scandalo chi invece siede sui banchi dell’opposizione. Nella partita per la nomina dei quattro membri parlamentari del Cda, tuttavia, la battaglia si è consumata all’interno dell’opposizione stessa. Oggi – 26 settembre -, la Camera dei deputati ha eletto consiglieri in Rai Federica Frangi, in quota Fratelli d’Italia, e Roberto Natale, proposto da Alleanza Verdi sinistra. La prima ha ricevuto 174 voti, il secondo 45. Poche schede, rispetto al numero dei deputati, e ciò è dovuto alla decisione di Partito democratico, Azione e Italia Viva di non partecipare alle votazioni. L’Aventino, come forma di protesta per non aver proceduto al rinnovo del Cda solo dopo l’approvazione della riforma della Rai – che recepisce il Media Freedom Act -, si è ripetuto al Senato. Qui le votazioni sono state più lente ma, senza sorprese, gli eletti sono risultati Antonio Marano, “portato” dalla Lega, e Alessandro ci Majo, considerato espressione del Movimento 5 stelle. Il primo ha ottenuto 97 voti, il secondo 27.


«Il campo largo non esiste»

È Angelo Bonelli a cristallizzare in una frase quanto accaduto: «Il campo largo non esiste». Il leader verde spiega che, «sulla Rai, – i partiti del centrosinistra – hanno una valutazione diversa. Noi pensiamo che avere ottenuto la calendarizzazione del Media Freedom Act – al Senato, in commissione VIII -, sia stato un successo delle opposizioni che lo hanno chiesto fortemente. Adesso lasciare a TeleMeloni anche il controllo totale del Cda è un qualcosa che noi riteniamo non saggio». Ieri, Open aveva già raccolto dalla riunione in commissione di Vigilanza il segnale che, in questo passaggio parlamentare, era più allineata Italia Viva al Pd di Elly Schlein che Giuseppe Conte o Avs. E oggi Maria Elena Boschi esplicita la posizione dei renziani: «Noi abbiamo condiviso la linea di Schlein, quindi non partecipiamo al voto. Se anche il M5s avesse tenuto sulla stessa linea ora la maggioranza sarebbe in difficoltà. Invece, il M5s ha preferito fare accordi col centrodestra per i posti nel Cda della Rai. Siamo abituati a queste scelte bizzarre dei grillini, spero però che smettano di dare lezioni agli altri».


Schlein attacca Conte

Carlo Calenda assume la stessa posizione: «Azione non partecipa al voto sul Cda Rai, rispettando l’accordo preso con le altre opposizioni. Riteniamo infatti prioritario arrivare ad una riforma Rai che cancelli l’influenza dei partiti e metta la tv pubblica sotto una Fondazione indipendente. Spiace che altre forze politiche di opposizione abbiano rotto il fronte per ragioni di tornaconto del proprio partito. Quanto accaduto questa settimana sul rifinanziamento delle missioni all’estero e la Rai, dimostra che il campo largo non esiste nei fatti. Se ne prenda atto e si lavori per la costruzione di un’alternativa di governo riformista ed europeista». Persino Schlein, la segretaria che si definisce «testardamente unitaria», arriva ad accusare i (quasi) alleati: «Sulla Rai la posizione del Pd è quella di tutte le opposizioni fino a ieri. Al massimo chiedete ad altri perché hanno cambiato quella posizione. Rimaniamo coerenti con l’idea che sia sbagliato rinnovare un Cda che è fuori legge perché il Media Freedom Act è già entrato in vigore».

L’interpretazione grillina della vicenda

Conte, invece, avoca a sé la coerenza: «Boschi parla di giravolta? Ma che giravolta, noi siamo con Avs e non capiamo perché ci sia stata questa posizione del Pd. Un Cda di un servizio pubblico deve essere doverosamente presidiato dalle forze di opposizione, che devono avere dei rappresentanti per esercitare funzioni di vigilanza, controllo, valutazione del bilancio. Questa è la considerazione che abbiamo fatto con Avs. La spaccatura c’è stata da parte del Pd che ha deciso con Matteo Renzi, dopo aver fatto nel 2015 la riforma di questa governance». Maurizio Gasparri coglie al balzo per infierire nel campo delle opposizione: «Le mie considerazioni sono saggiamente espresse da Conte. Vedete che quello che dico prima o poi viene condiviso anche dai più ostinati. Una grande soddisfazione». Infine, il deputato Francesco Bonifazi, fedelissimo di Renzi, fa notare su X un’incongruenza nel ragionamento del M5s: «Conte dice che nel 2015 il Parlamento ha fatto una riforma sbagliata sulla Rai. Ok, facciamo finta di credere che abbia ragione lui. Perché nel 2018, quando poteva, Conte non ha cambiato la riforma ma ha usato quella riforma “occupando” la Rai? Ricordiamo che questa riforma non è stata mai utilizzata dal governo Renzi, ma è stata utilizzata sia dal governo Conte che dal governo Draghi, che dal governo Meloni».

Prossimo step: il voto in Vigilanza per la presidenza del Cda

I dissidi interni al centrosinistra potrebbero aiutare la maggioranza anche in un’altra partita, quella per la presidenza del Cda. Oggi, il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha proposto alla presidenza del Consiglio dei ministri i nomi di Giampaolo Rossi e Simona Agnes. Quest’ultima, spinta da Forza Italia, è stata a lungo indicata come la candidatura più papabile per presiedere il Consiglio di amministrazione. Solo che, prima di ottenere l’incarico, è necessario che la commissione di Vigilanza Rai si esprima a favore, con i voti di almeno due terzi dei componenti. Alla fiche forzista mancherebbero due voti. E Antonio Tajani, in Transatlantico, insiste nello sponsorizzare Agnes: «Un nome di altissimo profilo, ha sempre mostrato doti di grande equilibrio. È cresciuta a pane e Rai, è un’aziendalista e conosce benissimo l’ambiente». Il Movimento 5 stelle, nelle scorse settimane, ha fatto intendere che non supporterebbe la proposta Agnes, ma preferirebbe una figura di garanzia. Condizionale d’obbligo, dopo la decisione odierna di partecipare al voto. E lo scrutinio segreto previsto in Vigilanza Rai potrebbe agevolare la fibrillazione del campo largo.

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