Eleonora Riso dopo la vittoria di MasterChef: «Nessuno chef mi ha cercato. Gli hater? Ho quasi perso la voglia di cucinare»

La cuoca livornese vuole aprirsi un’attività sua, diversa dai “nuovi” locali: «Non fanno ristorazione, ma solo business gelido e asettico»

La vittoria a MasterChef solo sette mesi fa, ma il lavoro ancora manca: «Ho ricevuto proposte solo da persone molto più grandi di me, che lavorano nella ristorazione e hanno attività piccoline», ha confessato in un’intervista al Corriere della Sera. Eleonora Riso, ex cameriera diventata stella del più celebre cooking show italiano, nel bilancio della sua esperienza professionale non cita alcuna mano tesa da parte di grandi chef. «Dopo la fine della trasmissione non mi hanno mai chiamato. Non è un problema e non ho certo pretese: lo so che la mia formazione non è a livello di quella dei professionisti, che ho vinto un programma di cucina amatoriale». Ma la cuoca livornese non demorde.


Il desiderio di Eleonora: «Qualcosa di mio»

Tra Milano e Firenze, Riso preferisce rimanere vicino a casa e cercare «qualcosa di mio». Anche se in entrambi i casi «comprare un locale è economicamente impossibile». Una possibilità, ammette, è lavorare nei Circoli Arci: «A Milano frequentavo il Ciq, il Centro internazionale di quartiere in via Fabio Massimo. Un gruppo di ragazzi nordafricani aveva messo insieme una realtà fantastica, cucina e posto in cui stare insieme, spazi ampi: una cannonata». Qualcosa di particolare, spiega Riso, di diverso da tutto ciò che vede in giro: «Coltivo l’idea di fare qualcosa da sola. Non vorrei affrontare di nuovo la lunga gavetta. Ho un’idea precisa di come desidero il “posto mio” ed è diverso dal 90 per cento dei locali che vedo quando esco».


Ormai è tutto business

Questa esperienza la vorrebbe condividere con numerosi amici fidati, con cui ha lavorato a lungo e che «condividono i miei valori». Ma tra loro non c’è il collega Niccolò Califano: «Non credo sarebbe interessato». Il desiderio di Eleonora Riso è quello di andare controcorrente rispetto alla tendenza del giorno d’oggi. «Quasi tutto (ripeto quasi) è un po’ degenerato. Non c’è più il “servire il cliente” al primo posto, nel senso di farlo stare bene. Anzi spesso manca l’attenzione alla materia prima». E fa anche degli esempi: «Se apri un posto in una via del centro di Firenze perché sai che lì passeranno tremila persone al giorno, poi però proponi pasta scotta “che tanto gli americani non se ne accorgono”, allora non fai ristorazione. Business, business, business». Esempio principe «il menu col Qr code. Gelido, asettico. Se lo vedo divento matta». Con il rischio, poi, di far svanire l’amore per il lavoro: «Se il capo la vede così, non trasmette passione a chi lavora con lui. E magari il capo medesimo tenta anche di pagare i dipendenti il meno possibile…».

Addio social?

E poi c’è il rapporto con gli haters: «Non è facile e non ho ancora imparato». E spiega: «La pressione sui social viene esasperata: allora quando fai questo? Perché non fai quello? Quando parte la tempesta hater in un primo momento mi arrabbio, poi mi dico: lasciali perdere». Critiche definite «gratuite, non costruttive, a raffica» che hanno segnato non poco la giovane cuoca. Fino a farle pensare di abbandonare i social. O, addirittura, i fornelli: «Certe cose mi hanno anche tolto la voglia di cucinare. Volevo proprio mollare». Ma la passione è troppo forte: «So che non smetterò mai davvero di cucinare. Prendere le misure non è facile e mi sto allenando. Il prezzo da pagare per rallentare è perdere un po’ di seguito? Per me va bene». Una cuoca controcorrente.

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