Feltri contro i ciclisti, il fratello di Michele Scarponi è pronto a denunciare: «Sono disgustato, ha offeso la sua memoria»

Marco ricorda il fratello professionista travolto e ucciso da un furgone nel 2017. E attacca: «Una violenza verbale gravissima»

La dichiarazione di Vittorio Feltri non poteva rimanere senza conseguenze, lo si era capito già ieri, 25 settembre. Il direttore editoriale de Il Giornale aveva detto durante un evento a Milano per il cinquantennale della testata che i ciclisti gli «piacciono solo quando vengono investiti». Subito si era sollevato il coro di polemiche dall’opposizione, mentre le associazioni avevano lanciato una petizione per le dimissioni di Feltri, che è anche consigliere regionale in Lombardia e che avrebbe riscosso già migliaia di adesioni. Ora all’alzata di scudi degli attivisti si aggiunge anche la denuncia promessa dal fratello del ciclista professionista Michele Scarponi, travolto e ucciso da un furgone nel 2017 in provincia di Ancona mentre si allenava in preparazione del Giro d’Italia: «La nostra fondazione ha già avviato le pratiche per denunciare Feltri. Ha offeso la sua memoria».


«Sono semplicemente disgustato. Non era una battuta»

In un’intervista al Corriere della Sera, Marco Scarponi si definisce «disgustato». Non crede alla difesa di Feltri: «So che poi ha cercato di giustificarsi dicendo che la sua era una battuta. Non si è nemmeno scusato, è allucinante. Ma come può essere considerata una battuta una nefandezza simile?», dichiara. Parole che non possono non pesare pensando a tutti i ciclisti morti in strada, famosi come Davide Rebellin o meno: «Davide è morto come Michele, travolto mentre era sulle due ruote. È pazzesco che si possa infangare la loro memoria e quella di tanti altri ciclisti che sono morti investiti. Fra l’altro, Anna Tommasi, mia cognata e moglie di Michele, è trevigiana». Marco Scarponi non si spiega come il direttore del Giornale non possa rendersi conto «della gravità di quello che ha dichiarato. Sono parole di una violenza verbale gravissima». Appresa la notizia sperava «ci fosse un errore, poi ho capito che era tutto vero. Ho provato indignazione, è come se Michele fosse morto un’altra volta». Marco ha anche costituito una fondazione «per promuovere la cultura del rispetto. Andiamo nelle scuole, parliamo e spieghiamo i corretti comportamenti a bambine e bambini, insegniamo loro a rispettare gli utenti della strada e ad usare un linguaggio corretto». Un modo istituzionale per «combattere questa cultura primitiva e odiosa, che ha creato generazioni di automobilisti violenti, poi arriva Feltri e dice certe cose. Non è possibile accettare una cosa simile», spiega Scarponi. Le dichiarazioni di Feltri hanno aperto di nuova la ferita intima, ma anche sociale: «Questa è una mazzata tremenda per chi si batte per il rispetto e della legalità sulle strade».


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