Raid sul Libano: almeno 90 morti. Sirene su Tel Aviv, missile lanciato dallo Yemen. Gli Usa premono per una tregua
Le sirene hanno risuonato su Tel Aviv nella notte, annunciando l’arrivo di artiglieria e costringendo la popolazione a trovare riparo nei rifugi. L’esercito israeliano ha confermato il lancio di un missile contro la città, partito dallo Yemen. Le sirene sono entrate in funzione anche in altre aree centrali del Paese. Intanto per tutta la giornata sono proseguiti i bombardamenti dell’aviazione di Tel Aviv nel sud del Libano e nella valle della Bekaa. Il ministero della Salute di Beirut riferisce di almeno 26 persone uccise. Tre i morti nelle città del distretto di Tiro, un’altra vittima a Qana, nel Libano meridionale, e due a Cadmo. Ma il bilancio più drammatico si registra a Younine, città nel nord-est del Libano. Qui un attacco aereo ha colpito un edificio di tre piani provocando 20 vittime: 19 erano siriani, lavoratori, ma soprattutto donne e bambini. Sarebbero 92 le persone rimaste uccise quest’oggi, 1.540 dall’inizio dei bombardamenti e circa 5.410 i feriti. Il gruppo libanese Hezbollah ha risposto con l’invio di missili: in una nota il Partito di Dio rivendica il lancio di 45 razzi verso il Nord di Israele con l’obiettivo di colpire siti militari e industriali.
L’Idf ha confermato che l’Alta Galilea era l’area interessata dai lanci della milizia sciita. Non si registrano al momento vittime né si sa se i colpi siano andati a segno. I diplomatici sono in contatto e le trattative sono in corso, la comunità internazionale sta provando a raggiungere un accordo di cessate il fuoco come ha spiegato il Segretario di Stato Usa Antony Blinken a Msnbc: «Il mondo sta parlando chiaramente sulla necessità di un cessate il fuoco al confine tra Israele e Libano». L’urgenza è trasmessa da una nota dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell: «Deploriamo il pesante prezzo pagato dai civili, compresi i bambini e il personale delle Nazioni Unite, e chiediamo il rispetto del diritto internazionale umanitario in ogni circostanza». Per tutta risposta il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, insieme agli alti ufficiali dell’esercito, ha approvato la continuazione delle operazioni offensive dell’Idf sul fronte nord. Intanto, sono più di 22mila le persone in fuga dai bombardamenti israeliani in Libano che sono entrate in Siria da lunedì scorso. A renderlo noto sono fonti della sicurezza siriana.
Borrell: «Qualsiasi escalation avrebbe conseguenze drammatiche»
Non potrebbe essere più chiaro Borrell: «Qualsiasi ulteriore escalation avrebbe conseguenze drammatiche per la regione e non solo». La comunità internazionale è in apprensione per i possibili risvolti degli attacchi israeliani in Libano: «L’Unione Europea è estremamente preoccupata per il confronto militare tra Israele e Hezbollah, iniziato l’8 ottobre e aggravatosi con i recenti attacchi in aree densamente popolate», scrive Borrell. L’Alto rappresentante Borrell chiede il rispetto delle risoluzioni Onu approvate in seno al Consiglio di sicurezza: «La risoluzione 2749 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottata all’unanimità il 28 agosto 2024, esorta tutti gli attori interessati ad attuare misure immediate per la de-escalation: esortiamo entrambe le parti ad attuare con urgenza un cessate il fuoco attraverso la Linea Blu che ponga fine in modo efficace e immediato a tutte le minacce transfrontaliere e a lavorare per la piena e simmetrica attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in modo da garantire il ritorno in sicurezza delle popolazioni sfollate da entrambe le parti nell’ambito di una più ampia soluzione negoziata». Borrell ringrazia le proposte occidentali di tregua: «Lodiamo e sosteniamo con forza gli sforzi di Francia e Stati Uniti per raggiungere un cessate il fuoco negoziato. Invitiamo tutte le parti a proteggere e sostenere l’importante missione dell’UNIFIL». E rinnova il sostegno al Libano: «L’Ue ribadisce il suo forte sostegno alle istituzioni statali libanesi, comprese le Forze armate libanesi, ed è pronta ad aiutare il Libano ad uscire dall’impasse politica. Gli Stati membri dell’Ue hanno una lunga tradizione di sostegno al Libano. Ora che il Paese sta affrontando momenti drammatici, il popolo libanese può essere certo che gli Stati membri e l’Ue continueranno a sostenerlo».
La mediazione occidentale e l’allarme del Segretario Onu Guterres
Stati Uniti e Francia stanno cercando di scongiurare l’invasione del Libano che potrebbe essere fatta da Israele, dopo le incursioni nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. I due Paesi hanno proposto un accordo per fermare le ostilità per 21 giorni. Antonio Guterres, all’Onu, paventa il rischio di una guerra totale in Medio Oriente. È impressionante il numero di morti che le autorità di Beirut stanno registrando nel proprio Paese: il bilancio degli attacchi della sola giornata di ieri è salito a 72 morti e 400 feriti. Gli esperti come Ely Karmon, ricercatore presso l’Istituto internazionale per l’antiterrorismo di Herzliya, dicono che il rischio di escalation persiste «da quando Hezbollah ha provocato la morte di dodici bambini drusi nelle alture del Golan». Ma Karmon non crede che sia ancora il momento della guerra totale: «E non penso che l’Iran continuerebbe a supportare Hezbollah in ulteriori ritorsioni contro Israele.
Il rifiuto della tregua
La giornata del 26 settembre si era aperta con la notizia del raggiungimento di una tregua tra Beirut e Tel Aviv. Tuttavia, l’accordo è stato subito smentito da entrambi i fronti: l’ufficio del premier uscente libanese, Najib Miqati, ha detto ai media locali che Miqati non ha firmato alcun accordo, benché esista una linea diretta aperta per i negoziati e coinvolge il presidente del Parlamento Nabih Berri – alleato di Hezbollah -, il segretario di Stato Usa Antony Blinken e l’inviato speciale americano Amos Hochstein. Anche l’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito «errate» le notizie riguardo alla possibile entrata in vigore di un accordo per un cessate il fuoco. «Si tratta di una proposta franco-americana, a cui il premier non ha risposto». All’Idf è stato ordinato di proseguire i combattimenti, mentre il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha ribadito: «Non ci sarà alcun cessate il fuoco nel Nord. Continueremo a combattere il gruppo terroristico Hezbollah con tutte le nostre forze fino alla vittoria e al ritorno dei residenti del nord alle loro case in sicurezza».
L’ambasciatore
Il capo militare israeliano ha detto alle truppe mercoledì che i suoi pesanti attacchi aerei sul Libano stavano preparando la strada per una possibile operazione di terra delle forze israeliane contro i militanti di Hezbollah, mentre una raffica di diplomazia cercava di impedire una guerra totale. Gli Stati Uniti e la Francia stanno cercando di elaborare un accordo provvisorio per fermare le ostilità. Con l’obiettivo di aprire colloqui più ampi per il cessate il fuoco a Gaza, secondo quanto ha detto il presidente di Cipro Nikos Christodoulides a Reuters a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Danny Danon ha detto ai giornalisti che Israele avrebbe accolto con favore un cessate il fuoco e preferisce una soluzione diplomatica in Libano. Ma se la diplomazia fallisse, Israele userebbe tutti i mezzi a sua disposizione.
L’Iran
Sempre alle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araqchi ha detto che il suo paese sostiene Hezbollah. E che non resterebbe indifferente a una guerra su vasta scala in Libano. Anche secondo Guterres una guerra totale deve essere evitata a tutti i costi. Intanto Israele ha ampliato i suoi attacchi aerei in Libano mercoledì e almeno 72 persone sono state uccise. Ieri Tel Aviv ha anche abbattuto un missile che Hezbollah sostenuto dall’Iran ha detto di aver puntato al quartier generale dell’agenzia di intelligence del Mossad vicino. «Sentite i jet sopra la testa; abbiamo colpito tutto il giorno», ha detto il generale Herzi Halevi alle truppe israeliane al confine con il Libano, secondo una dichiarazione militare. «Questo serve sia a preparare il terreno per un possibile ingresso, sia a continuare a mutilare Hezbollah». Un portavoce del Pentagono ha affermato che un’incursione di terra israeliana non sembra imminente.
La guerra totale
I leader mondiali hanno espresso preoccupazione per il fatto che il conflitto, in corso parallelamente alla guerra di Israele a Gaza contro Hamas sta andando verso l’escalation. Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che Washington e i suoi alleati stavano lavorando instancabilmente per evitare una guerra in piena regola tra Israele e Hezbollah, che ha detto che non si tirerà indietro finché la guerra di Gaza non sarà finita. Il presidente francese Emmanuel Macron invierà il suo ministro degli Esteri in Libano questa settimana come parte degli sforzi per fermare lo scoppio della guerra. «Non può esserci, non deve esserci una guerra in Libano», ha affermato in un discorso alla riunione annuale delle Nazioni Unite.
Il cessate il fuoco
Tre fonti israeliane hanno detto a Reuters che non sono stati fatti progressi significativi nello sforzo franco-statunitense fino ad ora. «Il rischio di escalation nella regione è acuto. La migliore risposta è la diplomazia e i nostri sforzi coordinati sono essenziali per prevenire un’ulteriore escalation», ha affermato Blinken in un incontro con funzionari e ministri degli stati arabi del Golfo a New York. Gli attacchi aerei israeliani di questa settimana hanno preso di mira i leader di Hezbollah e hanno colpito centinaia di siti nel profondo del Libano, dove centinaia di migliaia di persone sono fuggite dalla regione di confine, mentre il gruppo ha lanciato raffiche di razzi verso Israele.
Netanyahu
In un messaggio video il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che Hezbollah sta subendo un colpo più duro di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Israele ha dato priorità alla sicurezza del suo confine settentrionale e al ritorno dei circa 70 mila residenti sfollati da scambi di fuoco quasi quotidiani da quando è scoppiata la guerra in ottobre tra Israele e Hamas a Gaza sul confine meridionale di Israele. Gli ospedali libanesi si sono riempiti di feriti da lunedì, quando i bombardamenti israeliani hanno ucciso più di 550 persone nel giorno più mortale del Libano dalla fine della guerra civile nel 1990. Hezbollah intanto incolpa il Mossad per gli assassini dei suoi leader. La Resistenza islamica in Iraq, un gruppo militante filo-iraniano, ha affermato di aver preso di mira il sud di Israele.
La linea rossa
Secondo Karmon, che oggi parla in un’intervista a La Stampa, dice che Israele ha «la consapevolezza di non dover oltrepassare la linea rossa. È piuttosto come una sorta di gioco, in cui ciascuna parte cerca di guadagnare un punto. Hezbollah ha attaccato Israele in collusione con Hamas e continua ad appoggiare l’organizzazione estremista palestinese nonostante le pressioni dei vari attori internazionali» come gli Usa. E aggiunge: «Al momento, Hamas non è completamente sconfitta. Il vero problema, tuttavia, è che Israele non si sta effettivamente impegnando in un piano per il dopoguerra da attuare nella Striscia di Gaza, quando gli obiettivi saranno raggiunti».
Foto di copertina: EPA/STRINGER
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