Vignette sugli ebrei, Ferrara contro il Fatto: «Giornale di m***a, antisemitismo alla carbonara». Travaglio: «Inutile spiegare le battute»

Il fondatore de Il Foglio mette nel mirino i lavori di Natangelo e Mannelli, il direttore del FQ replica: «Ma pensa le abbia fatte io?»

«La vignetta satirica è un recinto sacro. Per dissacrarla con l’antisemitismo ci vogliono o l’ispirazione omicida degli anni Trenta tedeschi, conseguenze serie, oppure la stupidità di un giornale che celebra i suoi quindici anni di pura mer…a radunando tanta bella gente intorno al concetto di ebreo (ab)errante o all’idea che per essere più crudele Putin abbia bisogno di una sola cosa, la circoncisione». Sulle pagine de Il Foglio, che fondò nel 1996, il giornalista Giuliano Ferrara attacca il Fatto Quotidiano e il direttore Marco Travaglio, definito «fascista di destra e corsivista dei giochi di parole, come ricordava Cossiga», per due vignette pubblicate sul giornale il 25 settembre. Una di Riccardo Mannelli, l’altra di Mario Natangelo, descritte da Ferrara nelle righe qui sopra. L’ex europarlamentare e ministro nel governo Berlusconi I considera le due vignette antisemite, come sancisce anche il titolo del suo editoriale: «L’antisemitismo alla carbonara nelle vignette del Fatto che svela il volto di un giornale aguzzino dell’intelligenza e della satira».


La replica di Travaglio

«L’opinionismo contro gli ebrei può dunque avere vita facile e complicità illustri in questo mondo di caricatura della libertà e della critica. E vedremo fino a che punto si spingerà, la complicità mondana e giornalistica, scusate il termine», prosegue Ferrara, criticando personaggi come Gad Lerner e Moni Ovadia per le loro collaborazioni con il Fatto, «è importante che questo fogliaccio sia finanziato solo da chi lo legge e goda del suo spettacolare manto di propaganda, un finanziamento pubblico della canea e delle grottesche campagne politiche contro l’idea di stato che si fanno delinquenti e mafiosi e delatori e ladri veri sarebbe oltraggioso. Difatti se ne vantano, perché sanno quello che fanno.». E aggiunge: «L’importante è che dopo un certo tempo continuino a contare nulla, siano e perseverino pienamente nella loro funzione di riserva nera della stampa italiana, di piccolo organo della russificazione delle menti e dei cuori pulsanti della brutta gente che li circonda». Travaglio ha poi risposto all’editoriale del collega-rivale, prima scherzando sulla paternità delle vignette – «Ma davvero pensa le abbia fatte io?» – poi rivolgendosi direttamente a Ferrara: «Spiegare le battute a chi non le capisce è già triste, ma spiegare le vignette degli altri a chi non le capisce è inutile. Mi spiace che Ferrara non prenda più soldi dalla Cia per fare la spia – lo ha raccontato lui – altrimenti glielo spiegherebbero i suoi amici americani». Che tra i due non scorra buon sangue non è cosa segreta. Uno degli scontri televisivi più famosi che li vide protagonisti fu quando a Bersaglio mobile iniziarono a parlarsi l’uno sull’altro, ricoprendosi di insulti, finché Enrico Mentana fu costretto a spegnere il microfono a Ferrara. Il quale, per tutta risposta, lasciò il collegamento.


Leggi anche: