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Cristina Seymandi dopo la sentenza del Garante: «La mia vita data in pasto a tutti con un video. Se capitasse a voi?»

29 Settembre 2024 - 19:02 Ugo Milano
Il Garante per la privacy aveva dichiarato Massimo Segre non imputabile per la diffusione del filmato. L'amarezza dell'imprenditrice

«Prendo atto della sentenza, ma il vero problema è l’utilizzo indiscriminato dei video». Reagisce così Cristina Seymandi – in un’intervista a Diego Molino su La Stampa – alla sentenza con cui nei giorni scorsi il Garante della privacy ha ritenuto Massimo Segre, noto banchiere torinese nonché suo ex marito, non imputabile per la diffusione del video della plateale rottura della loro relazione. I fatti sono arcinoti: nell’estate del 2023, in un party che tutti pensavano essere il preludio di un matrimonio, Segre tenne un discorso in pubblico in cui scaricava Seymandi e la accusava di diversi tradimenti. Il filmato cominciò a rimbalzare sui social, quindi fine sui media, e si trasformò in un caso nazionale. Al punto che il Garante decise di aprire un fascicolo d’indagine, chiuso per l’appunto nei giorni scorsi.

«È stata un’esperienza terribile»

L’indagine fu aperta spontaneamente dal Garante per la privacy e non su impulso di Cristina Seymandi, che nell’intervista a La Stampa precisa: «È chiaro che questo tipo di filmati vada a inficiare la vita e la privacy delle persone e, a volte, anche dei loro percorsi professionali e personali». Queste parole si riferiscono a quanto vissuto in prima persona dall’imprenditrice torinese, che lamenta di essere stata esposta alla pubblica gogna in seguito alla diffusione del video online. «La mia vita privata è stata posta davanti al giudizio di una platea di persone, che hanno commentato in modo indiscriminato quanto è accaduto. Chi ha diffuso questo video ha dato in pasto a tutti anche la vita delle persone che mi stanno vicine, come mia mamma, mia figlia e mia sorella. È stata una cosa terribile», riflette Seymandi.

Il diritto all’oblio

Secondo l’imprenditrice, è arrivato il momento di regolamentare la diffusione di video e materiali di questo genere. Per esempio, arrivando a un’applicazione più celere del cosiddetto «diritto all’oblio», ossia il diritto di una persona alla cancellazione dei propri dati personali dal web. «Penso che il diritto all’oblio dovrebbe essere invocato immediatamente, non appena questi video vengono messi in rete, almeno nei casi che non sono di interesse pubblico, proprio come è stato il mio», spiega Seymandi. Anche perché, ragiona l’imprenditrice, «una cosa del genere potrebbe capitare a chiunque. Il mio pensiero va ai giovani, le vere vittime di questo utilizzo dei video sui canali digitali. Spesso ragazze e ragazzi vengono gettati dentro questo bailamme di commenti feroci, da parte di utenti che non sanno nemmeno quello che stanno facendo»

L’investigatore privato e la diffusione in rete

Massimo Segre, il suo ex marito, sostiene di non essere stato lui a diffondere il video, ma dall’istruttoria del Garante per la privacy emerge che ha ingaggiato un investigatore privato per riprendere il suo discorso. «Non mi sono confrontata con lui sull’argomento, l’ho appreso dai giornali. Lui lo ha fatto per questioni legali, immagino che sarà stato consigliato dal suo avvocato», commenta ancora Seymandi. Quella sera, assicura l’imprenditrice, «non sapevo che qualcuno stesse girando un video, ma penso che l’utilizzo che poi ne è stato fatto sui social sia stato nefasto anche per lui». In ogni caso, conclude Seymandi, da quella sera lei e Segre non hanno più «alcun tipo di rapporto».

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