Mara Maionchi: «La discografia oggi? Va troppo veloce. Fai un “successino” e tutto sembra pazzesco» – L’intervista

La discografica più famosa della storia della musica italiana si racconta a Open

Il segreto per diventare Mara Maionchi, ma anche per poter lavorare con Mara Maionchi, è ascoltare. «Ascoltare il mondo, ascoltare gli altri, ascoltare te stesso. Non illuderti mai e lavorare», la più famosa delle discografiche della storia della musica italiana, lo dice in un’intervista con Open nel backstage del Festival di Open, dove è stata invitata insieme al marito Alberto Salerno, per discutere con Filippo Grondona in una puntata speciale live del podcast Lo stagista, a proposito dei segreti del loro lavoro. Il suo lavoro è quello di aiutare gli artisti di talento a coltivare, far emergere, far fruttare e regalare al pubblico il loro talento, e il primo consiglio è sempre uguale: «Ci vuole sensibilità e poi bisogna ascoltare, anche il mondo, perché un artista deve stare nel mondo, non per copiare ma perché il mondo va in una direzione». Con questo approccio fortemente artistico ma mai distaccato dalla realtà si potrebbe finire per diventare artisti di spessore come Gianna Nannini, Umberto Tozzi, Fabrizio De André, Renzo Arbore, Mango e Tiziano Ferro, che sono solo alcuni dei nomi di personaggi fondamentali della storia della musica con i quali Mara Maionchi ha lavorato o addirittura scoperto. Una soddisfazione, lo ammette lei stessa: «Quando lavori tanto con un artista e alla fine c’è la conclamazione di un successo mi fa molto piacere». Ma il mondo della musica è cambiato, questo è chiaro. Mara Maionchi, verace bolognese classe 1941, lo sa, e dice – senza remore – che farebbe fatica a lavorare in questo nuovo mondo. Anche per questo ad un certo punto della carriera è stato utilissimo il suo impiego dietro la cattedra di X Factor come giudice, un ruolo che ha svolto talmente bene da contribuire, forse anche più degli stessi artisti che aveva ai lati, al successo del format in Italia. «È veloce la musica di oggi – dice – è troppo veloce. Fai un successino e tutto sembra pazzesco, ma serve lavorare».


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