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Cesare Cremonini – Ora che non ho più te

Un battito, un respiro, un affanno, un’angoscia, una rassegnazione, una visione, una rinascita, la pace. Tutto tradotto in musica, finché la tensione della fine ancora lega due persone sull’uscio della porta prima di salutarsi per sempre. Però Ora che non ho più te, anche se il titolo potrebbe suggerire altro, non è un brano che guarda al passato, anzi. Sembrerebbe già infuocato per ciò che accadrà in futuro, suda ansia di vita, come se Cremonini fosse colto da un accecante lampo di consapevolezza, come se tutto sia, forse finalmente, sotto controllo. Capito. Risolto. In molti in questi giorni stanno scomodando Lucio Dalla, fisiologicamente tra le stelle comete della sfera celeste degli artisti bolognesi, e si, effettivamente certi strappi, soprattutto nel ritornello, così graffianti, ricordano quelli di Dalla, ma in linea di massima noi rispetto a questo parallelismo facciamo un passo indietro. Prima di tutto perché, in fin dei conti, di certi paragoni possiamo anche farne a meno, consapevoli che i tempi sono troppo diversi per poter contestualizzare due artisti del genere nello stesso riquadro. Ma soprattutto perché se è vero (ed è vero) che la valutazione di un artista debba essere relativa esclusivamente al significato che la sua musica opera sul tempo che vive e sul pubblico al quale si rivolge, siamo sereni nel considerare che se Cremonini non è Dalla nemmeno Dalla è Cremonini. I due cantautori sono equamente significativi per chi sta vivendo il secondo e chi, ahilui, ahinoi, ha vissuto e non può più viversi il primo. Questo è lo status raggiunto da Cremonini, questo è il posto che lui e la sua musica si stanno ritagliando nella nostra storia. Questo è innegabile, e assistere a tutto questo è un privilegio.