Israele, ok all’incursione di terra in Libano: «Truppe e colpi d’artiglieria oltre confine». I soldati italiani in missione Onu confinati nella base

Raid aerei con le prime forze speciali dello Stato ebraico avvistate nei villaggi del sud del Libano: «Operazioni limitate contro le infrastrutture di Hezbollah»

Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato «la fase successiva dell’operazione in Libano», ovvero l’operazione di terra. Lo riferiscono i siti Ynet e Maariv. Nel mentre a sud di Beirut ci sono già i prodromi di quelle che saranno le operazioni di terra in Libano evocate da giorni per tentare di capitalizzare sui risultati militari degli ultimi giorni e smantellare le capacità belliche di Hezbollah. Il Dipartimento di Stato Usa ha annunciato che lo Stato ebraico gli ha fatto sapere di aver avviato quelle che al momento sono «operazioni terrestri limitate» in Libano, concentrate sulle infrastrutture belliche di Hezbollah nei pressi del confine. Secondo Haaretz carri armati israeliani avrebbero varcato il confine mentre si sono uditi colpi di artiglieria. Notizie confermate anche da media di sponda libanese: la tv Al Manar, affiliata a Hezbollah, ha riferito di «colpi sionisti di artiglieria» vicino ai villaggi di Wazzani, la valle di Khiam, Alma el Chaab e Naqura nel sud del Libano. Le prime forze di terra israeliane sarebbero state avvistate dal lato libanese nella zona di Wazzani, confermano altri media libanesi, che riferiscono di azioni guidate da forze del genio e dalle forze speciali. Secondo Reuters le truppe libanesi avrebbero indietreggiato di almeno 5 chilometri dalle loro posizioni. Mancano comunque al momento conferme certe su natura e dimensioni dell’offensiva. L’esercito israeliano aveva dichiarato nelle ore precedenti “zona militare chiusa” le aree di Metula, Misgav Am e Kfar Giladi, nel nord di Israele al confine con il Libano. Nella zona sciita controllata da Hezbollah, a sud di Beirut, un portavoce in lingua araba dell’esercito israeliano ha chiesto ai residenti di lasciare le case, attraverso un messaggio sui social.


I soldati Onu in allerta

La situazione impatta direttamente pure sui contingenti internazionali impegnati nella missione d’interposizione Onu. Il Palazzo di Vetro ha fatto sapere che le forze Unifil, che ammontano nel complesso a circa 10.000 uomini, di cui un migliaio di soldati italiani, sono state costretta a interrompere ogni attività di pattugliamento. «I nostri caschi blu rimangono in posizione nell’area di responsabilità della missione, ma l’intensità dei combattimenti impedisce i loro movimenti e la capacità di svolgere i compiti loro assegnati. E data l’intensità dei razzi, non sono in grado di effettuare pattugliamenti», ha detto il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric. I soldati italiani della missione, a quanto si apprende, sono entrati in modalità “allarme 2” su disposizione del Comando Unifil. Significa che i soldati sono in allerta all’interno della base, anche se al momento non viene considerata necessaria l’entrata nei bunker.


L’incursione di terra e l’ultimo appello di Joe Biden

Secondo il Washington Post l’operazione militare imminente sarebbe più piccola ed agile rispetto a quella condotta nell’ultima guerra contro Hezbollah del 2006, e si concentrerebbe sull’obiettivo di fare piazza pulita delle infrastrutture della milizia nelle aree limitrofe al confine, così da consentire il ritorno nelle proprie case delle decine di migliaia di civili israeliana evacuati da un anno dal nord del Paese. Stamattina il Wall Street Journal aveva scritto che piccole incursioni di carattere esplorativo erano in realtà già cominciate, in particolare nei tunnel usati da Hezbollah lungo il confine. Interrogato dai cronisti sulla prospettiva imminente dell’operazione, il presidente americano Joe Biden ha risposto: «Sono al corrente delle notizie e vorrei che si fermassero», ribadendo la necessità urgente di un cessate il fuoco. «Israele ha il diritto di difendersi contro Hezbollah. Quello che vogliamo vedere è una soluzione diplomatica, un cessate il fuoco», ha aggiunto più tardi la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre.

Corsa contro il tempo per l’evacuazione degli occidentali

I governi occidentali considerano evidentemente concreto lo scenario descritto dal Washington Post, se è vero che nelle scorse ore il governo tedesco ha inviato un aereo dell’aeronautica militare in Libano per evacuare parte del personale dell’ambasciata di Beirut insieme con i familiari, nonché i dipendenti di altre organizzazioni tedesche, con le loro famiglie, e alcuni connazionali con problemi di salute. Anche l’ambasciata Usa a Beirut ha affermato su X che sta collaborando con le compagnie aeree per «soddisfare la richiesta dei cittadini statunitensi di lasciare il Libano». Che evidentemente supera la disponibilità di voli: l’ambasciata ha specificato infatti che fornirà voli aggiuntivi con posti a sedere acquistabili, esportando al contempo i cittadini a lasciare il Paese «finché sono ancora disponibili
opzioni commerciali». Come a dire che presto tutto ciò potrebbe non essere più garantito. Intano secondo il quotidiano libanese L’Orient Le Jour un raid israeliano avrebbe colpito per la prima volta dall’inizio della guerra il villaggio di Ainata al Arz, nel nord del Libano, tra i distretti di Bsharre e Baalbeck.

Leggi anche: