Dal «procedimento di prevenzione» alla mossa della Procura Figc: cosa rischiano le società di Inter e Milan

Sono una quarantina gli indagati nell’inchiesta che ha portato all’emissione delle 19 ordinanze cautelari, (16 in carcere, 3 ai domiciliari)

«L’inchiesta milanese» sugli ultrà di Milan e Inter «dimostra i rischi di infiltrazione che si insinuano nel calcio professionisti e non professionistico da parte della criminalità organizzata». Lo ha detto il procuratore antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo durante la conferenza stampa di oggi, lunedì 30 settembre, negli uffici della Procura di Milano. «Il mio ufficio, da tempo, ha aperto una unità di analisi e impulso investigativo – ha precisato Melillo -: un gruppo di lavoro che si occupa del condizionamento criminale delle attività sportive e delle logiche che sdoganano negli stadi la propaganda antisemita e razzista». L’inchiesta della Dda, che ha portato agli arresti dei capi ultrà delle tifoserie dell’Inter e del Milan, ha «una valore emblematico» perché «costringe ad aprire gli occhi su una realtà di rischi evidenti da tempo di deriva criminale negli stadi italiani e di condizionamenti criminali della vita delle società. Bisogna smettere di far finta di niente», ha concluso. 


L’indagine

Sono una quarantina gli indagati nell’inchiesta che ha portato all’emissione delle 19 ordinanze cautelari, (16 in carcere, 3 ai domiciliari), da parte del gip Domenico Santoro. Tra i tifosi arrestati ci sono nomi conosciuti negli stadi di tutta Italia. Soprattutto in quelli dove il binomio mafia-ultrà ha fatto già capolino, almeno dentro i faldoni dei magistrati. Le accuse a loro carico vanno da associazione per delinquere con l’aggravante mafiosa, estorsione sulla vendita di biglietti delle partite di Inter e Milan, una sorta di pizzo mensile imposto sui parcheggi allo Stadio Meazza, accordi tra tifosi nerazzurri e rossoneri sulla vendita delle bibite e del merchandising e risse tra i gruppi. Dalle indagini emerge l’esistenza di un «patto di non belligeranza», che dura da oltre 40 anni, siglato all’indomani del Mundalito 1983, fra le due tifoserie organizzate al fine di «massimizzare i profitti illeciti». Come è accaduto per la vendita dei biglietti per la finale di Champions League di Istanbul dello scorso anno. Un’intesa, avvenuta prima del match, che prevedeva che «chiunque avesse vinto si sarebbe impegnato a dare una quota di biglietti ad esponenti della tifoseria avversa», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare.


La curva nerazzurra

Tra gli ultrà coinvolti nel maxi blitz della polizia e della guardia di Finanza di oggi, che ha portato a decine di misure cautelare e perquisizioni, ci sono, tra gli altri, uno dei capi ultrà interisti, Marco Ferdico, molto legato ad Antonio Bellocco, lo ‘ndranghetista ucciso il 4 settembre da Andrea Beretta, anche lui al vertice della curva nerazzurra e in carcere per omicidio. Quest’ultimo era legato allo “Zio”, all’anagrafe Vittorio Boiocchi, storico leader della Nord, ucciso due anni fa. I magistrati avevano iniziato poco prima a indagare sulla connessione tra tifoserie e criminalità.

Agli esponenti della Curva Nord è contestata l’associazione per delinquere, che avrebbe agevolato la cosca di ’ndrangheta proprio dei Bellocco. «Non era certo la passione per la propria squadra a motivare i capi della Curva nord dell’Inter arrestati bensì il profitto, la “sete di guadagni”», scrive il gip. Sull’inchiesta è intervenuto il tecnico nerazzurro Simone Inzaghi: «Ci ha detto la società che c’è un’indagine in corso e quindi non dire niente sull’accaduto», ha commentato durante la conferenza stampa alla vigilia della gara di Champions League contro la Stella Rossa, l’indagine sugli ultrà.

La curva rossonera

Tra gli arrestati della Curva Sud del Milan ci sono anche i fratelli Lucci, Francesco e Luca, quest’ultimo già condannato per droga e noto perché si fece fotografare nel 2018 con l’allora vicepremier Matteo Salvini alla festa per i 50 anni della Curva Sud. In più anche Christian Rosiello, bodyguard del cantante Fedez, non coinvolto però nelle operazioni di stamattina. Il rapper avrebbe, inoltre, chiesto a Lucci (che aveva rapporti con buona parte dei rapper più noti in Italia, un «suo intervento per avere la possibilità di somministrare» una bevanda sponsorizzata (Boem) dal cantante «all’interno dello stadio Meazza», scrive il Gip. Intanto, il Milan si è detto pronto a collaborare: «In merito alle indagini che coinvolgono esponenti delle tifoserie organizzate, il Club rossonero si è immediatamente reso disponibile a collaborare con gli inquirenti, per fornire qualsiasi documentazione e informazione richiesta», lo fa sapere, all’Ansa, il Milan.

Cosa rischiano le società (a livello penale)

Le due società, nerazzurra e rossonera, «sono parti offese» avendo messo in campo sistemi per prevenire gli illeciti, ha spiegato il procuratore di Milano Marcello Viola. L’obiettivo, spiega ancora Viola, «è valutare se ci sono delle criticità e con la collaborazione delle società come risolverle». La Procura ha avviato, nei confronti di Inter e Milan, un cosiddetto «procedimento di prevenzione»: non sono indagate, ma dovranno dimostrare, in un contraddittorio, di aver reciso i legami con il mondo ultrà, soprattutto sul fronte della gestione dei biglietti per le partite. Altrimenti si potrebbe arrivare, davanti alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale, ad un provvedimento di amministrazione giudiziaria (art. 34 del decreto legislativo 159/2011) della società o di singoli suoi settori di attività. 

È la prima volta che, perlomeno a Milano, viene usato il cosiddetto procedimento di prevenzione, iscritto dalla Procura e con un contraddittorio in corso. Da quanto si è appreso, la procura di Milano ha nominato dei consulenti per seguire il caso e si sta interfacciando coi legali delle due società. E ha ritenuto, quindi, che non vi fossero i presupposti per arrivare ad una richiesta di commissariamento (su cui avrebbero dovuto decidere i giudici), anche solo di alcuni settori dei club. Dagli atti emerge un contesto di «pressioni» degli ultrà sulle due società, ma gli inquirenti ritengono che si possa arrivare, col contraddittorio e il dialogo in corso, a recidere quei presunti legami di cui parla il gip nell’ordinanza cautelare.

E a livello sportivo? La mossa della Figc

L’inchiesta rischia di avere ripercussioni anche sul piano sportivo. Nonostante la smentita della procura su un’indagine che riguardi i dipendenti dei due club, la giustizia sportiva si è già mossa. Il procuratore federale della Figc, Giuseppe Chinè, ha chiesto a Milano l’ordinanza e tutti gli atti di indagine non coperti da segreto. L’idea è di verificare «rilevanti» per l’ordinamento sportivo, da parte delle due società o di loro tesserati. Stando all’articolo 25 del codice di giustizia sportiva (comma 1,2) Inter e Milan, stando all’inchiesta, potrebbero rischiare soltanto una multa. Secondo il comma 10 invece, – «Ai tesserati è fatto divieto di avere rapporti con esponenti di gruppi o gruppi di sostenitori che non facciano parte di associazioni convenzionate con le società» – la Procura Figc potrebbe chiedere ai dirigenti intercettati a dialogare coi capi ultrà la squalifica o l’inibizione.

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