Morte Marco Pantani, gli agenti della scientifica rivelano: «Qualcuno è entrato prima di noi nella stanza»

Ancora nessun indagato nel fascicolo riaperto a luglio, ma il reato è già stato definito. Le indagini si concentrano anche sul celebre controllo antidoping di 5 anni prima

La morte del ciclista Marco Pantani il 14 febbraio 2004 è ancora un rebus da risolvere, perlomeno in alcune sue parti, nell’ambito delle indagini riaperte dalla Procura di Trento lo scorso luglio. E le dichiarazioni di due agenti della polizia scientifica aumentano il mistero che circonda la scomparsa del Pirata. «Entrarono prima altri nella camera dove morì», avrebbero ammesso. Non è però ancora chiaro chi abbia avuto accesso al cadavere prima delle forze dell’ordine specializzate.


Le nuove rivelazioni

«Ci diedero disposizioni affinché io e il collega aspettassimo fuori», hanno spiegato i due agenti. «La cosa ci parve strana in quanto sulla scena del fatto su cui si indaga, a mio parere, per primi dovrebbero entrare gli operatori della scientifica opportunamente attrezzati con calzari, guanti e tute». Dichiarazioni inaspettate che potrebbero costringere gli inquirenti ad approfondire un tema finora non riscontrato nell’ambito dell’inchiesta ancora in corso. Ipotesi ancora senza indagati, ma già ben definita come «associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista». Il lasso temporale che gli inquirenti stanno analizzando è ben ampio e copre circa cinque anni. Dal 5 giugno 1999, quando Marco Pantani – maglia rosa con circa 6 minuti di vantaggio nel Giro d’Italia – fu squalificato per doping prima della tappa di Madonna di Campiglio, fino al 14 febbraio 2004. Data in cui, nella stanza D5 del residence “Le Rose” a Rimini, il Pirata fu trovato morto per overdose di cocaina e conseguente edema polmonare e cerebrale.


I buchi investigativi intorno alla morte del Pirata

La Procura di Trento, che ha in mano il fascicolo, sta indagando sul sospetto di «manipolazione» delle provette di sangue di Pantani a opera della camorra. Finora gli inquirenti hanno sentito dieci persone informate sui fatti, tentando di capire uno dei misteri di quel fantomatico controllo anti-doping. Quando alla provetta di Pantani fu apposto il codice identificativo 11440 invece che, come da prassi, una cifra anonima e progressiva. Ma sotto la lente ci sono anche i numerosi «buchi investigativi» che più volte la Commissione antimafia ha sottolineato. In modo particolare quelli «relativi alla morte di Marco Pantani ed eventuali elementi connessi alla criminalità organizzata, che ne determinarono la squalifica nel 1999». Tra questi errori grossolani, la scelta – data dalla fretta di concludere le indagini – di «non rilevare le impronte digitali nel luogo del rinvenimento del cadavere». Una decisione, secondo la Commissione, «del tutto inspiegabile in considerazione della copiosa presenza di sangue, visibile dalle numerose fotografie della polizia scientifica, di cui si sarebbe dovuta verificare l’appartenenza». E proprio su questo buco, ormai fisicamente irrecuperabile vista la distruzione del residence in cui morì Pantani, si innestano i dubbi sollevati dai due agenti della scientifica.

Leggi anche: