Libano, l’Idf ordina l’evacuazione di 20 aree a sud di Beirut. Unifil: «Così Israele sta violando la risoluzione Onu»

Israele entra in Libano: «Operazioni mirate e limitate nel sud». Bombardati siti di Hezbollah, 13 morti in un campo profughi palestinese.

L’annuncio dell’offensiva di terra in Libano, iniziata ieri 30 settembre, è arrivata via Telegram. Operazioni che l’Idf, l’esercito israeliano, ha definito «mirate, limitate e localizzate nel Libano meridionale». Secondo quanto dichiarato dall’Unifil, la forza di interposizione in Libano, il piano è stato notificato all’Onu. Che però avrebbe deciso di mantenere in posizione i suoi contingenti di pace, sperando in una loro funzione di deterrenza. «Qualsiasi attraversamento del Libano è una violazione della sovranità e dell’integrità territoriale libanese e una violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite»


Le frizioni con Washington

Le truppe israeliane hanno varcato il confine con il Paese dei cedri nella serata di ieri. L’obiettivo dichiarato è quello di smantellare l’organizzazione militare sciita di Hezbollah. Sarebbero già 13 i morti causati dall’operazione di fanteria, portata avanti con l’appoggio di aviazione e marina. Tel Aviv avrebbe attaccato un edificio nel campo di rifugiati palestinesi di Ain El-Hilweh, vicino a Sidone nel sud del Libano. E l’aviazione israeliana, riferisce L’Orient-Le Jour, avrebbe lanciato dei droni contro la casa di Mounir Maqdah, leader delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, il braccio armato di Fatah.


Intanto però la tv pubblica israeliana Kan riporta dell’ennesima frizione tra Israele e Stati Uniti. Un portavoce del Dipartimento di Stato americano, sostiene un alto funzionario dell’Idf, avrebbe «fatto trapelare anzitempo» i piani per l’operazione di terra durante il Gabinetto di sicurezza di ieri pomeriggio. Un’informazione che ha anticipato l’effettivo inizio dell’invasione, «nonostante gli Stati Uniti la sostengano». Una fuga di notizie che secondo i vertici dell’esercito israeliano potrebbe essere volontaria «per tentare di limitare» i movimenti dell’Idf. Prospettiva immediatamente allontanata: «Non ci sarà alcun accordo diplomatico in Libano prima della fine dell’operazione attuale».

L’evacuazione del sud libanese

Da Israele iniziano i primi ordini di evacuazione, da Beirut Hezbollah ancora nega quella che è ormai l’evidenza dell’invasione israeliana. Il portavoce in lingua araba dell’Idf, Avichai Adraee, ha chiesto su X ai residenti di 20 aree del Libano meridionale di evacuare la zona. Il comando è quello di superare il fiume Awali, che scorre a qualche decina di chilometri dal confine tra i due Paesi. Un avvertimento che è preannuncia scontri in quella regione. Per ora, affermano i vertici dell’esercito, un’operazione di larga scala che includa anche Beirut «non è sul tavolo». Ma è già in corso da giorni un vero e proprio esodo di libanesi, che stanno tentando di mettersi in salvo dalle bombe israeliane passando il confine con la Siria.

Il portavoce di Hezbollah, Muhammad Nabulsi, nega che ci siano stati scambi a fuoco tra le milizie: «Non c’è ancora stato uno scontro diretto sul terreno». E aggiunge: «Tutte le affermazioni sioniste secondo cui le forze di occupazione israeliane sarebbero entrate in Libano sono false». Ha annunciato la rappresaglia della milizia sciita con una pioggia di razzi su Tel Aviv e sul centro di Israele, durante la quale è stata presa di mira la principale base di intelligence militare dell’Idf.

Le operazioni nel sud

L’offensiva è stata preparata negli ultimi mesi e Gaza è stata una prima “palestra” per i soldati israeliani che lì, scrive in una nota l’Idf, «hanno acquisito competenze ed esperienza operativa». Per questo le truppe che erano state impiegate nella Striscia sono state dislocate al nord. «Nelle ultime settimane, i soldati della 98ma Divisione, inclusi i soldati dei Paracadutisti, del Commando e della 7ma Brigata, si sono preparati per operazioni mirate, limitate e localizzate nel Libano meridionale, che sono iniziate ieri sera (lunedì). In queste settimane sono stati approvati i piani e i soldati si sono addestrati nell’arena settentrionale», sottolinea l’Idf nel suo comunicato. Gli obiettivi dichiarati sono gli «impianti di produzione di armi e gli armamenti» di Hezbollah che per l’Idf sono stati «intenzionalmente» incorporati «sotto i centri abitati civili di Beirut, usando la popolazione civile come scudo umano per le sue attività terroristiche». L’offensiva ha come fine ultimo quello di «degradare le sue capacità militari in Libano, al fine di ripristinare la sicurezza per i cittadini dello Stato di Israele».

Gli attacchi

Proprio ieri c’è stato il primo attacco nel centro di Beirut, capitale libanese. Ma gli attacchi delle forze israeliane hanno interessato soprattutto l’area meridionale del Paese. Gli aerei israeliani, scrive L’Orient-Le Jour, hanno effettuato un attacco con droni nel sud del Libano contro la casa di Mounir Maqdah, leader delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, il braccio armato di Fatah. Tel Aviv, riporta Reuters, ha inoltre colpito un edificio nel campo di rifugiati palestinesi di Ain El-Hilweh vicino a Sidone. L’obiettivo era l’eliminazione di Mounir Maqdah, comandante delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa. Non ci sono conferme al momento sulla sua morte. Il campo dove sorge l’edificio centrato è il più grande di quello che accolgono rifugiati palestinesi nel Paese. Qui sono almeno 13 i morti per la Cnn. Altre 10 vittime sono state registrate dopo un bombardamento israeliano su una casa nel villaggio di Daoudiya, nel sud del Libano. Tutte, sostiene Al Jazeera, farebbero parte della stessa famiglia.

Usa: «Israele ha il diritto di difendersi»

Un portavoce del consiglio alla Sicurezza nazionale americano, citato dai media Usa, riferisce che le operazioni «limitate» dell’esercito israeliano che puntano a «distruggere l’infrastruttura di Hezbollah che potrebbe essere utilizzata per minacciare i cittadini israeliani» sono «in linea con il diritto di Israele di difendere i propri cittadini e di riportare i civili nelle loro case in sicurezza». Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha espresso ieri preoccupazione per l’offensiva in corso e ha rinnovato l’appello per il cessate il fuoco. Ma il sostegno americano non viene meno e Washington ha inviato un’altra portaerei, oltre alla Lincoln, nell’area.

La risposta di Hezbollah

Il vice del defunto Hassan Nasrallah, eliminato venerdì 27 settembre, Naim Qassem si diceva pronto all’entrata israeliana in Libano. E la risposta del Partito di Dio non si è fatta attendere. Con l’offensiva di Tel Aviv sono stati lanciati almeno 10 missili contro Israele: alcuni sono stati intercettati, mentre altri sono caduti.

Meloni: «Urge de-esclation»

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta seguendo lo sviluppo del confronto tra Israele e Hezbollah. Nella notte annunciava che era «in contatto costante con i ministri della Difesa e degli Esteri. La protezione dei civili resta la priorità così come garantire la sicurezza dei militari del contingente italiano Unifil presenti nel sud». L’impegno italiano in Medio Oriente per arrivare a una soluzione del conflitto prosegue: «L’Italia continuerà a lavorare con i suoi alleati per la stabilizzazione del confine tra Israele e Libano e il ritorno degli sfollati alle proprie case. Una de-escalation a livello regionale è urgente e necessaria e l’Italia continuerà a fare la sua parte anche in qualità di presidente del G7».

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