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Omicidio Bergamini, la sentenza 35 anni dopo: l’ex fidanzata Isabella Internò condannata a 16 anni

01 Ottobre 2024 - 22:21 Ugo Milano
denis bergamini omicidio condannata isabella internò
denis bergamini omicidio condannata isabella internò
Il delitto nel 1989, per 30 anni creduto un suicidio. Poi nel 2017 una nuova autopsia. Dopo tre anni di processo, la donna è stata condannata per concorso in omicidio volontario

Dopo 35 anni il caso di Donato Denis Bergamini trova una sua conclusione. L’ex fidanzata del centrocampista del Cosenza, Isabella Internò, è stata condannata a 16 anni di carcere per «concorso con ignoti in omicidio volontario». La morte del giocatore, per 30 anni creduta un suicidio, avvenne il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico, quando ancora Bergamini era un calciatore nel Cosenza. «Ho subito pensato ai miei figli, che finalmente hanno smesso di portarsi dentro questa macchia», il commento di Donata Bergamini, sorella di Denis. All’udienza erano presenti anche gli ex compagni di squadra Michele Padovano, Luigi Simoni e Alberto Urban.

La sentenza

Stamattina Isabella Internò aveva rivolto un ultimo appello ai giudici: «Sono innocente e non ho commesso niente. Lo giuro davanti a Dio». Poi la Corte d’Assise di Cosenza si era ritirata per otto ore in camera di consiglio, per tentare di porre la parola fine a un caso già riaperto per due volte dalla Procura di Castrovillari. La difesa era sempre rimasta ferma sull’innocenza della ex fidanzata di Bergamini. L’accusa, guidata dal procuratore capo Alessandro D’Alessio e dal pm Luca Primicerio, aveva invece chiesto 23 anni calcolando le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi. La Corte d’Assise ha ridimensionato la richiesta a 16 anni, concedendo all’unica imputata le attenuanti prevalenti sulle aggravanti.

Il delitto, 35 anni fa

Tre anni di processo, dopo che per oltre trent’anni tutti (o quasi) avevano sempre creduto si trattasse di suicidio. Quel 18 novembre 1989 Donato Denis Bergamini, allora 27enne, fu ritrovato morto sulla strada statale 106 Jonica, vicino a Cosenza. Le prime indagini – basandosi sulle dichiarazioni di testimoni – erano giunte alla conclusione che il giovane si fosse gettato volontariamente sotto a un camion. Una spiegazione che non ha mai soddisfatto la famiglia di Bergamini né gli ex compagni di squadra. Su loro impulso, nel giugno 2017 il gip del tribunale di Castrovillari dispose la riesumazione del corpo del calciatore, riaprendo le indagini per chiarire le circostanze della morte. L’autopsia ha rivelato una morte avvenuta non per gesto volontario ma a causa di soffocamento con una sciarpa. A seguito del quale, per inscenare un suicidio, il corpo già privo di vita è stato gettato sotto a un camion.

Il sollievo della sorella

«Finalmente la Corte ci ha dato ragione», ha commentato commossa la sorella di Denis, Donata Bergamini. «Quando ho capito che la giustizia arrivava, la mia testa è andata a mio fratello, a mio padre e a mia madre che è ancora in vita ma che probabilmente non riuscirà a capire per la sua malattia». Ha poi aggiunto: «Ho pensato subito ai miei figli che hanno finalmente smesso di portarsi dietro questa macchia. Gli ho sempre detto che nella giustizia bisogna avere fiducia che prima o poi la giustizia arriva». Un ringraziamento lo ha indirizzato anche alle centinaia di persone che oggi hanno intonato cori e srotolato striscioni per Denis Bergamini all’esterno del tribunale.

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