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Vittorio Feltri: «L’iPad mi fa bestemmiare. Io un vecchio rimbambito? Me lo dicono i comunisti»

01 Ottobre 2024 - 06:27 Alba Romano
Il giornalista: ma è solo un modo di dire eh?

Vittorio Feltri litiga tutti i giorni con il suo iPad: «È lo strumento che mi spedirà all’inferno, viste tutte le bestemmie che mi ha fatto lanciare». Ha dovuto lavorarci per scrivere l’ultimo suo libro pubblicato da Mondadori: Il latino lingua immortale. Anche se in un’intervista al Corriere dela Sera dice: «È un modo di dire, precisalo sennò succede un altro finimondo». Al colloquio è presente anche la moglie Enoe Bonfanti. E dopo anni di giornalismo precisa: «Pentito? Mi pento per altre cose che riguardano la mia vita personale, ma nel lavoro ho sempre dato il massimo».

Il monsignore

Poi parla del momento più difficile della sua vita e del prete che gli ha insegnato tutto: «Quando a 14 anni, dopo la terza media, ho dovuto cominciare a lavorare. Ero rimasto orfano a 6, mia madre doveva mantenere tre figli e il suo lavoro non bastava. Monsignor Angelo Meli è stato determinante. Era professore di Eloquenza al seminario di Bergamo. Ogni pomeriggio andavo da lui, mi parlava in bergamasco o in latino». Lo ha conosciuto «in biblioteca, dove andavo a studiare da solo senza riuscire a combinare molto. Si incuriosì e cominciò a darmi lezioni martellanti, che mi sono state utilissime e mi servirebbero anche oggi: era di una saggezza infinita. Io non sono cattolico, non credo in Dio, non credo in niente, però credo che monsignor Angelo Meli sia stato per me meglio di un padre».

La moglie

Parla della moglie Enoe Bonfanti, con cui è sposato da 57 anni: «Io tutte le sere quando torno a casa sono felice di vederla e non potrei stare con nessun altro. Provo per lei una grande tenerezza e una grande gratitudine per avermi tolto dal guado quando ne avevo più bisogno. La mia prima moglie è morta dopo il parto, lasciandomi due gemelle. E la Bonfanti mi è venuta in soccorso. Questo aiuto fondamentale non me lo potrò mai dimenticare, perché ero veramente in una situazione di disperazione. Grazie alla Bonfanti ci siamo tutti». I figli si chiamano «Laura e Saba, Mattia e Fiorenza: «E poi c’è Paolo, figlio di mia cognata, che non ho adottato legalmente, ma è come se fosse un figlio».

Gli affari in editoria

Dice che nel suo lavoro «ho sempre osato, però ragionandoci prima. Forse la cosa più audace è stata la fondazione di Libero: non avevo una lira. Poi ho venduto la baracca agli Angelucci e ci ho fatto un sacco di soldi, se non è volgare dirlo». La sua canzone preferita è « I’ te vurria vasà . Parlo bene il napoletano. Ho imparato lo spagnolo in macchina da Bergamo a Milano, mentre l’inglese è l’unica lingua che non ho voluto imparare». Ha preso un diploma da vetrinista «Lì ho raffinato, ma fin da bambino ci tenevo. Il diploma mi ha aiutato con le prime pagine, che sono come le vetrine per attirare i clienti».

Vecchio rimbambito

All’accusa di essere un vecchio rimbambito risponde così: «Di me possono dire quello che vogliono, resto indifferente. Gli insulti arrivano dai comunisti e affini. Ma per strada tutti mi fermano e vogliono una foto con me». Alla pensione, per ora, pensa poco: «Smetterò quando mi accorgerò che non capisco più niente. Quel giorno si sta avvicinando. E comunque se guadagnaste ciò che guadagno io, non vorreste smettere».

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