Lotito sull’incontro con l’ultrà Piscitelli: «Diabolik? E io sono l’ispettore Ginko, sto dalla parte delle guardie»
Con gli ultrà non si scende a patti. Questa la linea che traccia Claudio Lotito, presidente della Lazio e senatore di Forza Italia, in un intervista rilasciata al Messaggero riguardo alla maxi inchiesta sulle tifoserie di Milan e Inter. «Basta con quelli che vogliono fare i tifosi per professione per guadagnare soldi. È arrivato il momento di non legittimare più i delinquenti», ha continuato Lotito. Che poi ricorda la sua esperienza, non senza orgoglio: «Io ho indicato la strada 20 anni fa e il mio esempio può essere seguito».
L’incontro con il capo ultrà Diabolik
Il confronto tra società e tifo organizzato è sempre esistito, sia nelle forme più civili che in quelle violente. «Sono scampato a bombe e ogni tentativo di intimidazione», ha raccontato il presidente biancoceleste. «Ho dovuto rafforzare la mia sicurezza perché ho arginato il business delle curve». In questo duro faccia a faccia tra curva e dirigenza c’è anche spazio per un simpatico aneddoto. Storia che risale ad anni fa, e che per certi versi spiega il rapporto tra lo stesso Lotito e l’ex capo ultrà laziale Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik e ucciso nel 2019 per questioni di narcotraffico.
«Piscitelli si presentò e mi disse: “Preside’, buonasera, io sono Diabolik”», racconta Lotito. «Lo guardai e gli risposi: “Buonasera, ispettore Ginko”», citando l’antagonista del criminale che dà il nome alla famosa serie di fumetti. «Mi chiese se stavo scherzando. Gli dissi: “Io sto dalla parte delle guardie”».
«Mai scendere a compromessi»
L’inchiesta milanese secondo il presidente della Lazio è solo all’inizio: «Sono convinto che uscirà dell’altro. Ci sono altre indagini in corso, non solo a Milano». Ma nella sua società Lotito ritiene di avere la situazione sotto controllo, nonostante le dure contestazioni dei tifosi. Il mercato deludente e il presunto ridimensionamento della Lazio non c’entrano, spiega Lotito. «È una scusa per costringermi a vendere, perché io non ho mai ceduto a nessun privilegio. Lo Stato deve prendere dei provvedimenti normativi affinché il calcio non diventi ostaggio di associazioni criminali che utilizzano questo sport e altri per fini non sportivi, come lo spaccio di sostanze stupefacenti, usure e non solo». Ma finché lo Stato non interviene, le società possono solo assumere una posizione, la sua: «Io combatto. Se scendi a compromessi, sei morto».