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Carceri italiane, la denuncia dell’Onu: «Razzismo diffuso contro gli africani da parte delle forze dell’ordine» – Il report

02 Ottobre 2024 - 17:53 Alessandra Mancini
Il rapporto conclusivo sulla visita in Italia degli esperti Onu su giustizia razziale e applicazione della legge è stato presentato oggi a Ginevra presso il Consiglio dei diritti umani

«In Italia persiste un razzismo sistemico nei confronti di africani e di persone di origine africana, e in generale contro le persone straniere, nell’applicazione della legge da parte delle forze dell’ordine e all’interno delle carceri», inclusi gli Istituti penali per i minorenni. A sostenerlo è il rapporto conclusivo degli inviati delle Nazioni Unite in Italia sulla giustizia razziale nell’applicazione della legge e nel sistema di giustizia penale presentato oggi a Ginevra al Consiglio per i diritti umani. Dal 2 al 10 maggio 2024 la giudice ghanese Akua Kuenyehia, la dirigente Usa del Center for Policing equity Tracie Keesee e l’argentino Juan Méndez, Special rapporteur dell’Onu sulla tortura, hanno avuto incontri con giudici, pubblici ministeri, avvocati, forze dell’ordine, personale dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e dei diversi dipartimenti del ministero dell’Interno.

Le diverse facce della discriminazione

I 3 membri delle Nazioni Unite hanno visitato i Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), le carceri e gli Ipm di Roma, Milano, Napoli e Catania; ascoltato storie, raccolto testimonianze, analizzato leggi. E la conclusione è tutt’altro che positiva: il razzismo sistemico in Italia «mina i principi fondamentali della democrazia emarginando una parte significativa della popolazione in base all’origine nazionale o etnica. Questa esclusione – si legge ancora nel report – si manifesta con una limitata rappresentanza politica, un accesso diseguale ai servizi pubblici e pratiche discriminatorie all’interno delle istituzioni pubbliche». E si evidenzia anche da una mancata legge sulla cittadinanza che non discrimini le seconde generazioni, dalla detenzione e dai respingimenti illegali alle frontiera delle persone migranti e dall’assenza, nei programmi scolastici, della storia del colonialismo italiano e della schiavitù, precisa il rapporto. Ma anche dai discorsi d’odio da parte di funzionari statali e politici, che contribuiscono alla normalizzazione di atteggiamenti e comportamenti razzisti: nel 2010 ci sono state 8 denunce per crimini o discorsi d’odio legati all’etnia; 252 nel 2019 e 1.105 nel 2022. 

L’Onu boccia le carceri italiane: «sovraffollamento, carenza di personale e tortura»

Al 30 giugno 2024, nelle carceri italiane – «sovraffollate» oltre ogni limite e «carenti di personale medico e agenti penitenziari» – la popolazione ammontava a 61.480 individui, di cui 2.682 donne, con un tasso di incarcerazione di 105 per 100mila abitanti. Si è passati da 52mila nel 2020 a oltre 60mila nel 2024. Per le Nazioni Unite «il sovraffollamento e le condizioni di detenzione al di sotto degli standard possono costituire una grave forma di maltrattamento, se non addirittura di tortura». Più nello specifico, nell’estate di quest’anno il 30% di tutti i detenuti era straniero, con una maggioranza (54%) proveniente dal continente africano. Una sovra-rappresentazione della popolazione straniera, in particolare afrodiscendente, che «preoccupa» gli inviati Onu. Situazione analoga negli Istituti penali minorili (argomento a cui Open ha dedicato un documentario dal titolo Giudizio Sospeso) dove nel 2023 quasi la metà di tutti i giovani presenti all’interno delle strutture d’Italia erano stranieri (48,8%), di cui il 75,9 di origine africana. Non solo: al 31 dicembre dello scorso anno, i ragazzi stranieri rappresentavano oltre il 60% di tutti i detenuti minorenni dai 14 ai 17 anni.

Per le Nazioni Unite è «particolarmente preoccupante osservare che i minori stranieri spesso subiscono misure più restrittive rispetto ai loro coetanei italiani, indipendentemente dalla gravità del reato commesso». E anche il decreto Caivano, approvato il 15 settembre 2023, «avrà probabilmente un impatto sproporzionato sui minori di origine straniera», si legge nelle conclusioni. La fotografia allarmante che emerge dal rapporto tiene conto anche della mancanza di personale all’interno delle carceri d’Italia: medici, infermieri, psicologici, sociologi, mediatori culturali. L’Onu si dice, inoltre, «profondamente turbato» per i suicidi avvenuti in carcere: nel 2022 85 persone si sono, infatti, tolte la vita; 67 nel 2023 e 44 al 20 giugno 2024. Dei 44 detenuti che si sono suicidati quest’anno, 20 erano cittadini stranieri.

Le torture durante la detenzione

I tre membri delle Nazioni Unite, durante la visita in Italia, hanno inoltre denunciato «i casi di tortura e altri maltrattamenti» da parte degli agenti penitenziari all’interno delle prigioni. Emblematici i casi di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) del 2020, di San Gimignano, del carcere di Reggio Emilia e, non da ultimo, dell’Ipm “Cesare Beccaria” di Milano nell’aprile di quest’anno. «Invitiamo lo Stato a proseguire gli sforzi per garantire che tutte le accuse di tortura e maltrattamento, così come le morti in custodia, siano oggetto di indagini indipendenti, imparziali, rapide, approfondite, efficaci, credibili e trasparenti», denunciano le Nazioni Unite, che esprime, inoltre, «profonda preoccupazione» per la proposta di legge che mira ad abolire il reato specifico di tortura. 

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