Cosa è Marburg, il virus letale del Ruanda approdato alla stazione di Amburgo
Cresce il timore delle autorità sanitarie in Europa per il virus di Marburg. Ieri, mercoledì 2 ottobre, uno studente di medicina di 27 anni e la sua ragazza hanno allertato le autorità tedesche quando il giovane ha iniziato a sviluppare i sintomi di un virus tropicale mentre era in viaggio in treno. I controlli sono scattati immediatamente, con la banchina della stazione centrale di Amburgo che è stata isolata per diverse ore. Il ragazzo, uno studente di Medicina, era rientrato in Germania dopo un viaggio in Ruanda, che a fine settembre ha segnalato il suo primo focolaio di virus di Marburg ed è ora alle prese con il contenimento della malattia.
L’aereo fino a Francoforte e poi il viaggio in treno
Il bilancio provvisorio del pericoloso virus nel Paese africano è di 26 casi confermati e 8 morti. Il 70% dei pazienti risultati positivi sono operatori sanitari di due ospedali di Kigali, dove ha lavorato anche lo studente 27enne. Il ragazzo ha iniziato a sviluppare sintomi simil influenzali dopo essere atterrato a Francoforte di ritorno dal Ruanda. Il 27enne e la sua ragazza sono stati trasferiti in ospedale da una squadra di sanitari specializzati in malattie infettive per essere sottoposti ad accertamenti. Le autorità hanno preso i contatti dei circa 275 passeggeri in via precauzionale. Il rischio che qualcuno di loro possa essere stato infettato è basso: il contagio avviene attraverso il contatto con fluidi corporei e non attraverso l’aria.
Cos’è il virus di Marburg
Il virus di Marburg, si legge sul sito dell’Istituto superiore di sanità, appartiene alla stessa famiglia del virus Ebola. Fu descritto per la prima volta nel 1967 in alcuni laboratori a Francoforte e a Marburg (da qui il nome) e in seguito anche a Belgrado, in Serbia. Da allora, nel corso degli anni si sono registrati solo alcuni sporadici focolai locali negli Stati dell’Africa subsahariana o in viaggiatori che avevano da poco fatto rientro da quei Paesi.
Quali sono i sintomi
Il periodo di incubazione del virus di Marburg, ossia il tempo che intercorre tra il contatto con il microbo e la comparsa dei primi sintomi, è di 5-10 giorni. In un primo momento, il paziente contrae febbre alta (39-40°C), forte cefalea, brividi, malessere e dolori muscolari. A distanza di qualche giorno possono comparire anche nausea, vomito, diarrea, crampi e dolori addominali. Dal quinto al settimo giorno, scrive l’Iss, «possono apparire un rash maculopapulare e il quadro clinico può aggravarsi con la comparsa di manifestazioni della febbre emorragica quali petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali, e sanguinamento dai siti di prelievo venoso». Successivamente, «possono manifestarsi anche sintomi e segni neurologici (disorientamento, agitazione, convulsioni e stato comatoso). Entro una settimana dall’esordio della malattia possono comparire coagulazione intravascolare disseminata, linfocitopenia e trombocitopenia».
Come si trasmette
Il tasso di letalità del virus di Marburg è intorno al 50%, ma il trattamento precoce può migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza. Nei casi letali il decesso avviene tra gli 8 e i 16 giorni dall’esordio ed è attribuibile alla disidratazione, emorragie interne e insufficienza degli organi. La trasmissione tra esseri umani avviene tramite il contatto diretto (per esempio attraverso la pelle lesa o le mucose degli occhi, del naso o della bocca), con il sangue o con altri fluidi corporei (urina, saliva, feci, vomito, sperma) di un soggetto infetto. L’infezione può avvenire anche tramite contatto indiretto con superfici o oggetti contaminati come vestiti, lenzuola o attrezzature mediche.
Perché se ne parla
Al momento l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) valuta il rischio di epidemia del virus di Marburg «molto alto» in Ruanda, «alto» nella regione africana subsahariana e «basso» a livello globale. È importante, scrive l’Oms, «che le persone che mostrano sintomi cerchino cure tempestive per un trattamento di supporto che possa migliorare la loro sopravvivenza». Per il virus di Marburg non esiste alcun tipo di vaccino.
In copertina: Una foto al microscopio elettronico del virus Marburg (Thomas Geisbert/Università del Texas)