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Sorpresa, il legale dell’hacker delle procure è Gioacchino Genchi: il re dei tabulati di Berlusconi

Era l'ex poliziotto consulente della procura di Palermo travolto delle polemiche quando al governo c'era il Cavaliere. Ora difende il 23enne che ha tenuto in scacco Nordio e il suo ministero

L’avvocato dell’hacker che ha tenuto in scacco il ministro Carlo Nordio e diverse procure italiane è una vecchia conoscenza delle cronache giudiziarie: Gioacchino Genchi. Ora difende Carmelo Miano, 23enne arrestato a Roma per hackeraggio di sistemi informatici, ma è stato un informatico e poliziotto. È balzato agli onori della cronaca per il suo lavoro all’interno del pool di Palermo che doveva indagare sulle stragi di mafia del ’93. Per la giustizia incrociava i tabulati delle intercettazioni, per i detrattori intercettava centinaia di migliaia di persone e archiviava le loro conservazioni. Accuse che erano arrivate anche dall’ex premier Silvio Berlusconi, ma dalle quali è sempre stato assolto. Sulla presunta analogia che lo collega al suo assistito però ribadisce: «La mia era una vicenda politica. Sono stato accusato, ma il giudice ha dimostrato che il fatto non sussiste. Per Miano invece ci sono delle evidenze. Le indagini su di lui sono state irreprensibili al contrario mio».

«Il sistema informatico attuale è un colabrodo»

Miano, originario di Gela ma domiciliato a Roma, poteva accedere a tutto. Avrebbe esfiltrato dati e informazioni da mail dei gip, dai sistemi informatici della Guardia di Finanza, da numerose procure e aziende come Tim e Telespazio. Il tutto grazie alla violazione delle credenziali di accesso di singoli addetti e funzionari. «Qui non c’è nulla di politico, c’è un allarme. I sistemi informatici del Ministero della Giustizia e della Guardia di Finanza, come ha disvelato questa vicenda, sembrano più assomigliare a un colabrodo, che è certamente utile alle massaie per scolare i tortellini ma con il quale non si possono gestire dati e informazioni sensibili, quali sono quelle delle indagini giudiziarie», riferisce Genchi. Durante la conferenza stampa il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri ha dichiarato che negli uffici è stato vietato di «usare mail, Whatsapp e altri strumenti simili», per evitare che Miano potesse rubare anche quelle informazioni. «Se Gratteri afferma che i magistrati sono arrivati a usare i pizzini, la carta, è chiaro che c’è un allarme», dichiara Genchi. Che aggiunge: «Al mio assistito andrebbe invece fatto un encomio perché ha messo a nudo l’incapacità di un sistema. Lo so che è un paradosso anche perché non possiamo nasconderci, nelle indagini ci sono delle evidenze, e lo dico da ex poliziotto. Ma alla base di tutto c’è un sistema veramente incapace».

Le ricerche di Miano sull’indagine del 2021: «Forse è stato malconsigliato o non si fidava di me»

Perché Miano avrebbe setacciato le procure italiane? Secondo Genchi perché voleva conoscere lo stato di avanzamento di un’altra indagine risalente invece al 2021 e iniziata a Brescia. Un’inchiesta che lo riguardava e che verte sulle sue attività con le criptovalute: l’ipotesi di reato è di riciclaggio. Con l’arresto tra il 2 e il 3 ottobre gli sono stati sequestrati anche 3 milioni di euro in bitcoin. Per l’avvocato il 23enne sarebbe stato malconsigliato: «Forse non si fidava di me». Il legale aveva intanto ottenuto l’incompetenza della procura di Brescia e gli atti erano stati trasmessi a Gela. «Sembra aver più giocato, avevo ottenuto il dissequestro dei sistemi informatici e probabilmente il procedimento si stava avviando a un’archiviazione», riferisce Genchi provando a spiegarsi le azioni dell’assistito.

«È estraneo a ogni associazione mafiosa»

«È estraneo a ogni associazione mafiosa o terroristica, se lo fosse stato i risultati sarebbero stati ben altri», illustra Genchi, che aggiunge: «Appartiene a una famiglia stimata di Gela». Ma il caso per il legale dovrebbe far riflettere «la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, se un 23enne può entrare nei sistemi informatici dello Stato non siamo messi bene». E a proposito di intercettazioni, dice: «Sono fondamentali, ma bisogna stabilire come vengono fatte e gestiste perché se il primo che arriva… Forse lo Stato prima di guardare fuori dovrebbe guardarsi dentro».

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