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L’Ires, la Robin Hood Tax e le accise su benzina e gasolio: le nuove tasse e i «sacrifici per tutti» di Giorgetti

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Il ministero dell'economia studia «rimodulazioni» mentre il ministro chiama alla «contribuzione per tutti». L'ira della premier Meloni anche per le accise. Che secondo lei dovevano essere abolite. E invece...

L’ipotesi dell’aumento dell’Ires per chi guadagna di più. La Robin Hood Tax per la finanza. E gli aumenti delle accise su benzina e diesel, chiamati più gentilmente «rimodulazioni». Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ieri 3 ottobre ha fatto crollare le Borse con le sue parole sulla manovra «sacrifici e tasse». E sulla «chiamata alla contribuzione per tutti». Poi ha smentito in serata. Precisando che non esistono idee di aumenti della tassazione diretta sugli individui. Ma da Palazzo Chigi filtra la «sorpresa» di Giorgia Meloni. Da quelle parti si sottolinea «l’imprudenza» di un ministro che va proprio da Bloomberg, agenzia market-sensitive, a parlare di nuove tasse. Ma dalle parti della premier il nervosismo è generato dalle accise. Visto che lei stessa nel 2019 diceva che andavano abolite. E che con una rimodulazione del diesel si potrebbero ricavare tre miliardi.

Le nuove tasse

Una delle ipotesi a cui si lavora a via XX Settembre è l’aumento dell’Imposta sui redditi delle società. Oggi è pari al 24% e devono versarla le società per azioni, le srl, le cooperative e quelle di mutua assicurazione. Oltre agli enti pubblici e ai trust, ma solo per i redditi prodotti in Italia. Secondo Repubblica il ministro pensa a un’addizionale Ires selettiva e progressiva. Ieri ha citato l’articolo 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Tenendo conto che «il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Di cosa si tratta? La spiegazione è nella velina fatta diramare dal ministero in serata: «Si chiederà uno sforzo alle imprese più grandi che operano in determinati settori in cui l’utile ha beneficiato in qualche modo di condizioni favorevoli esterne affinché contribuiscano».

La legge di bilancio

L’idea di Giorgetti è che questa tassazione salverebbe individui e piccole imprese e colpirebbe chirurgicamente chi ha guadagnato di più. Fino a ieri il governo aveva parlato di un contributo solidale sugli extraprofitti, quasi a intendere che fosse più o meno volontario. Che avrebbe dovuto essere dell’1-2% per avere più risorse da spendere nella legge di bilancio in arrivo. Adesso sta puntando a qualcosa di diverso. «Per approvare la manovra chiederemo sacrifici a tutti», aveva detto. E quindi non solo banche, assicurazioni, colossi farmaceutiche e grandi aziende, «ma anche imprese, privati e la pubblica amministrazione». Questa sarebbe quindi la Robin Hood Tax in versione Giorgetti. Quella di Giulio Tremonti durante il governo Berlusconi venne dichiarata incostituzionale nel 2015. Dopo aver fruttato all’erario circa 4 miliardi di euro.

Le accise

Poi ci sono le accise. «Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite», diceva la premier in un video da una stazione di servizio nel 2019. Mentre Matteo Salvini negli anni ne ha fatto un suo cavallo di battaglia, salvo “dimenticare” di cancellarle una volta al governo tra 2018 e 2019. Nel Piano Strutturale di Bilancio si parla precisamente di riordinare le tax expeditures. Un “vaste programme”, visto che da Renzi in poi tutti i premier hanno promesso di voler riformare il sistema delle agevolazioni fiscali che oggi rende il fisco più equo nell’ottica di una riforma che dovrebbe mettere più soldi in tasca alle famiglie. Ma questo non è mai accaduto. Nel Psb però Giorgetti dice una cosa ben precisa: parla di «allineamento delle aliquote per diesel e benzina».

Le aliquote di diesel e benzina

Oggi hanno un peso differente. Quella sulla benzina è pari a 73 centesimi al litro, quella sul diesel arriva a 62. L’aumento del gasolio, inutile dirlo, andrebbe a colpire soprattutto la logistica, visto che gli autotrasportatori utilizzano soprattutto quel carburante. Le associazioni dei consumatori hanno calcolato che il riallineamento secco porterebbe a una maggiore tassazione complessiva pari a 3,1 miliardi di euro. A gennaio 2023, quando il governo Meloni non ha rinnovato il taglio delle accise voluto da Draghi, la premier aveva detto: «Sono ancora convinta che prima o poi riusciremo a fare un taglio strutturale delle accise». A metà pomeriggio il Mef ha sostenuto che sia stata l’Europa a chiedere di eliminare i sussidi ambientalmente dannosi. E tra questi rientrerebbero le minori accise sulla benzina rispetto al gasolio.

I motori e l’inquinamento

C’è un problema, anzi due. In primo luogo una tassa è l’esatto contrario di un sussidio e l’Ue parlava di sussidi. E in secondo luogo è materia di discussione se il diesel delle auto attualmente in circolazione inquini più o meno della benzina. Anche se emette meno Co2 e i nuovi motori inquinano meno. Perché comunque emettono una maggiore quantità di particolato fine e di ossidi di azoto. Poi il ministero ha specificato che l’intervento «non si tradurrà nella scelta semplicistica dell’innalzamento delle accise sul gasolio al livello di quelle sulla benzina». Ma si effettuerà «una rimodulazione delle due». Questo significa, semplicemente, che si abbasserà quella sul gasolio mentre si innalzerà quella sulla benzina. Se l’effetto di questo movimento di costi è a somma zero, però, il governo non avrà soldi in più da spendere per la manovra. E quindi è evidente che non sarà a somma zero. E qualcuno ci perderà. Oppure non servirà a niente.

«Non c’è alternativa all’aumento delle tasse»

Intanto Roberto Perotti, professore di economia all’università Bocconi, dice a La Stampa che il governo non ha scelta. «Fra il 2020 e il 2021 abbiamo preso impegni di spesa per quattrocento miliardi di euro, tra gestione dell’emergenza Covid, Recovery Plan e Superbonus. Il risultato è che ora non riusciamo a trovare nemmeno cinque miliardi per la spesa sanitaria». Perotti spiega che «compensare la decontribuzione per i redditi più bassi con aumenti di tasse non è il massimo. E temo non sarà possibile ridurre la spesa: nessun governo ha la forza politica di farlo. Dunque a meno di un sorprendente aumento della crescita, per tenere in ordine i conti restano le tasse».

Le grandi imprese e la patrimoniale

Sulle grandi imprese, sottolinea Perotti, perché «è la strada più praticabile. Tutti le odiano, così come le banche». Oppure una patrimoniale alla francese: «Per ottenere un gettito adeguato occorrerebbe scontentare molte persone. L’alternativa è scontentarne poche per un gettito irrisorio».

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