Maneskin, fan in ansia da separazione dopo l’intervista di Damiano da Fazio: «Cosa vuol dire amici come prima»?
«Coi Maneskin amici come prima, è un Erasmus» è bastata questa risposta di Damiano David, ieri ospite nella prima puntata della nuova stagione di Che tempo che fa, per far tribolare il mondo della musica italiana, in particolare naturalmente i fan della band romana che negli ultimi tre anni, dopo la vittoria al Festival di Sanremo e soprattutto quella all’Eurovision Song Contest, ha conquistato il mondo intero. Eppure l’argomento sembrava ormai chiuso: nessuno scioglimento, solo una del tutto normale necessità artistica di Damiano di sviluppare un lato della propria natura di cantautore diversa da quella di frontman di una rock band. Non a caso l’esordio è avvenuto con Silverlines, una (ottima) ballad prodotta da quel genietto pop di Labrinth. Niente che tutto sommato non avesse fatto, anche diversi mesi prima, la bassista Victoria De Angelis, che si è divertita in un tour mondiale di successo come dj e a fine agosto ha rilasciato anche un singolo in featuring con la popstar brasiliana Anitta dal titolo Gey Up Bitch! Shake Ya Ass. In quel caso a nessuno è venuto il dubbio di uno scioglimento della band, forse perché il progetto di Victoria si distanziava in maniera del tutto netta dal rock poppizzato dei Maneskin.
Il dubbio
Ieri però l’atteggiamento di Damiano David alla domanda, doverosa, di Fabio Fazio ha fatto largo a una serie di punti interrogativi del tutto leciti. Se i Maneskin fossero (o fossero stati, chissà, ipotizziamo) davvero così lontani da uno scioglimento perché non rispondere semplicemente e tranquillamente: «Noi non ci siamo mai sciolti né abbiamo intenzione di scioglierci, questo è semplicemente un mio progetto parallelo»? Perché non essere serenamente più chiari? Cosa vuol dire – la stampa specializzata stamane si interroga – quell’ «Amici come prima» che sembrerebbe far riferimento ad una rottura ormai sanata, ma comunque vissuta, affrontata, e digerita? Quando il matrimonio celebrato a gennaio del 2023, in occasione dell’uscita di Rush!, ha scricchiolato? Mettiamo naturalmente da parte con un sorriso il riferimento, tra tutte le possibili metafore sulle pause, all’Erasmus, che notoriamente è motivo di rottura nelle giovani coppie che devono affrontarlo.
Tempismo imperfetto
Sia chiaro: tutte ipotesi, solo ipotesi, ma anche la tempistica con cui due dei quattro Maneskin hanno deciso di intraprendere progetti solisti, facendo due conti oggi, sempre stuzzicati dall’intervista di ieri di Damiano David, potrebbe risultare sospetta. In una discografia asfissiante, in cui non puoi distrarti un momento, che pretende di averti sul pezzo non anno dopo anno ma mese dopo mese, come mai la band più in hype del mondo ha scelto di prendersi questo rischio? Come mai non ha scelto di battere il ferro finché è caldo, dopo un tour mondiale dal successo colossale (e meritatissimo), dopo aver riempito la bacheca con una serie infinita di prestigiosissimi premi che hanno vinto o ai quali sono stati candidati? Dai Grammy agli MTV Europe Music Awards, dagli American Music Awards ai Billboard Music Awards, dagli MTV Video Music Awards ai BRIT Awards, un calendario degno dei giganti della discografia mondiale, quelli che i Maneskin hanno incantato in ogni angolo del globo. A questa domanda tentiamo di rispondere noi: perché è giusto così, perché forse una pausa è doverosa per la salute di un qualsiasi progetto musicale, a qualsiasi livello. Perché quando Daniel Ek, ceo di Spotify, anni fa dichiarò «Non si possono più fare dischi ogni tre o quattro anni e pensare che basti», ha seriamente e spregiudicatamente messo a repentaglio l’essenza del prodotto che Spotify vende: la musica. Quindi ben vengano le pause, al mondo intero toccherà portare pazienza ed attendere, ma ben venga anche la fine di questo «Erasmus» e il ritorno dei Maneskin, tra le poche realtà della musica contemporanea a dimostrare che gli italiani, musicalmente parlando, sono capaci di andare anche oltre il bel canto melodico da macchietta.