Pier Luigi Bersani e la caccia agli «infami» di Meloni: «È un termine che si usa tra ladri. E oggi hanno tentato un furto di democrazia»
Un caustico Pier Luigi Bersani commenta a Otto e mezzo le turbolenze interne alla maggioranza, in particolar modo al partito della premier Giorgia Meloni Fratelli d’Italia, e al passo falso sulla nomina del giudice della Corte Costituzionale. Le opposizioni si sono compattate e hanno affondato il candidato imposto dal centrodestra, Francesco Saverio Marini, dovendo ripiegare sulla scheda bianca. «È una sconfitta seria per Meloni, grave, finita nel ridicolo. Meloni è rimasta vittima delle sue macchinazioni», sentenzia l’ex segretario Pd, «sono convinto che Marini sarà in grado di spiegare alla premier, e a se stesso, che per eleggere un giudice della Consulta ci vuole una maggioranza superiore rispetto a quella per il presidente della Repubblica. E quindi c’è un’esigenza impellente di avere un colloquio, un dialogo con le opposizioni. Ma loro hanno tentato il sorpresone e sono finiti a farsi l’Aventino da soli». Negativo anche il giudizio sui toni di Meloni nelle chat interna svelati dal Fatto Quotidiano, e la caccia alla talpa e «agli infami» che le hanno diffuse. «Colpiscono quei termini, infami, sono termini che hanno un riflesso antico», commenta Bersani, «ma lasciando da parte questo, è un linguaggio che ha una sua coerenza, un linguaggio che si usa tra rapinatori e qui -riferendosi al voto sulla nomina del giudice della Consulta – stavano rapinando un bel pezzo dello spirito costituzionale».