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Strage di Rigopiano, il produttore Valsecchi accusa Pablo Trincia: «Il progetto per una serie era mio». Il giornalista: «Sui fatti di cronaca nessuna proprietà»

08 Ottobre 2024 - 14:03 Gabriele Fazio
Valsecchi contro Trincia podcast Rigopiano Sky Chora Media
Valsecchi contro Trincia podcast Rigopiano Sky Chora Media
La casa di produzione ha 48 ore per ritirare il prodotto. Intanto il comitato vittime di Rigopiano dà ragione a Valsecchi: «Abbiamo sempre interagito con Trincia pensando che il progetto fosse ancora nelle mani di Valsecchi»

È guerra aperta tra il produttore Pietro Valsecchi ed il giornalista Pablo Trincia. Pesanti le accuse del produttore che ha insinuato che Pablo Trincia avrebbe sottratto del materiale per realizzare E poi il silenzio. Il disastro di Rigopiano, un podcast e una docuserie dal 28 settembre in anteprima per i lettori di Sky TG24 Insider e dal 14 ottobre su skytg24.it e su tutte le principali piattaforme streaming, e che tratta la terribile tragedia che provocò la morte di 29 persone, travolte da una valanga il 18 gennaio 2017. «Il progetto era mio», protesta Valsecchi, annunciando di aver presentato una diffida per furto di proprietà intellettuale contro Trincia e la Be Content, la società nata dalla fusione di Will e Chora Media, ormai leader nel settore della produzione di podcast. Secondo la sua ricostruzione infatti a sua insaputa «Trincia ha incontrato i familiari delle vittime e lo stesso studio legale che ora mi rappresenta. Tutti credevano che lavorasse per me, quindi gli hanno fornito accesso a faldoni, intercettazioni, vocali e tutto il materiale raccolto. Poi, improvvisamente, mi sono trovato di fronte al podcast e alla presentazione della docufiction. Nessuno, né i familiari delle vittime, né l’associazione delle vittime, né lo studio legale, avrebbero concesso a Pablo Trincia di usare i materiali per realizzare questo podcast e la docufiction, poiché da anni con loro stavo lavorando a questo progetto e da più di un mese avevo iniziato a raccogliere le loro testimonianze filmate: quindi non si sarebbero mai prestati a nessun altro progetto podcast o docu». Valsecchi ricorda che è stato il produttore Mario Gianani sapendo del mio lavoro a suggerirmi di condividere il progetto con Chora e, in particolare, con il loro collaboratore Pablo Trincia. Trincia si è mostrato all’inizio entusiasta, è venuto più volte nel mio ufficio e, a posteriori devo dire furbescamente, si è appropriato di tutto».

La risposta di Be Content e Pablo Trincia

«Sono molto colpito dalle affermazioni di Valsecchi – ha dichiarato tramite nota stampa Pablo Trincia – perché lavoro sempre con materiali originali raccolti da me e il mio è stato un percorso pieno di passione e di attenzione per le vittime e i sopravvissuti della tragedia di Rigopiano. Ho preso a cuore la loro storia per quel senso di verità e giustizia che meritano». Gli fa eco Be Content: «La ricostruzione degli eventi di Rigopiano nel nostro podcast e docuserie si basa su fonti giornalistiche ampiamente diffuse e pubblicamente accessibili, e pertanto non può essere rivendicata alcuna proprietà esclusiva. Abbiamo agito con trasparenza, contattando i sopravvissuti e i familiari delle vittime. Le interviste nel podcast e nella docuserie – che costituiscono comunque solo una piccola parte del nostro lavoro d’inchiesta – sono originali e rilasciate con pieno consenso e liberatorie firmate».

Quei messaggi su WhatsApp

Nella diffida si legge: «In diverse comunicazioni via WhatsApp ed email, Pablo Trincia ha riconosciuto che il destinatario finale del materiale fornito dalle persone indicate da Pietro Valsecchi doveva essere quest’ultimo, spostando poi la responsabilità su Chora Media. Pietro Valsecchi è in possesso di numerose email e messaggi, oltre che delle liberatorie rilasciate dalle persone coinvolte (o dai loro legittimi eredi), i cui contributi vocali sono utilizzati». Ma anche su questo Be Content risponde nella nota: «Gli scambi su WhatsApp menzionati dal Sig. Valsecchi riguardano un progetto editoriale discusso solo in via preliminare e abbandonato nel 2022 senza che alcun accordo venisse concluso fra le parti. Le poche interviste realizzate in quella fase non fanno parte del nostro lavoro e restano a disposizione del Sig. Valsecchi per eventuali progetti autonomi. Nessuno dei materiali in possesso del Sig. Valsecchi è stato utilizzato nel nostro podcast, e nulla è stato “sottratto”, come insinuato nella sua lettera di diffida. I fatti di cronaca non sono soggetti a diritti di privativa e chiunque è libero di raccontarli, auspicabilmente con la stessa cura e rispetto che abbiamo dedicato noi a questo progetto al fine di rendere giustizia alle vittime di questa tragica vicenda».

Il comitato delle vittime di Rigopiano da ragione a Valsecchi

Decisivo per vederci più chiaro sulla faccenda il commento del comitato delle vittime di Rigopiano che, attraverso il presidente Gianluca Tanda, commenta la vicenda dando pienamente ragione a Valsecchi: «Abbiamo sempre interagito con Trincia pensando che il progetto fosse ancora nelle mani di Valsecchi. Dopo un po’ Trincia ci chiese di girare un nuovo video e di firmare una nuova liberatoria. A quel punto capimmo che Valsecchi non c’era più. Io personalmente chiamai subito Trincia per chiedere spiegazioni, dicendogli che ero vincolato a un accordo con Valsecchi e che non potevo firmare una seconda liberatoria per lo stesso progetto. Alla fine non l’ho firmata, come altri. Ci siamo sentiti un po’ traditi, soprattutto per la modalità con cui è stata gestita la cosa». Inoltre c’è una questione assai delicata da chiarire, la spiega Valsecchi: «Avevo preso un impegno con lo studio Reboa e i familiari delle vittime: devolvere loro tutti i ricavati. Cosa che ora, evidentemente, non avverrà». Ma sulla questione Tanda alza le braccia: «Non siamo alla ricerca di soldi, ma di verità e giustizia per i nostri cari. Ci resta l’amaro in bocca ma l’importante è che il prodotto finale sia di qualità». Nella diffida presentata da Valsecchi Be Content avrebbe 48 ore per ritirare il prodotto dal mercato, scadenza a strettissimo giro che potrebbe non essere rispettata dando così il via alla guerra in tribunale.

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