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«Bugiardo, autocrate, servo di Putin». Al Parlamento Ue va in scena il processo a Orbán: «Questo non è un dibattito, è un’Intifada» – Il video

09 Ottobre 2024 - 12:12 Simone Disegni
Da von der Leyen ai capigruppo, tutti contro il premier ungherese in Aula per il semestre di presidenza: «Lei non è il benvenuto qui»

Più che un dibattito, è una resa dei conti. A tre mesi di distanza dall’inizio della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, il premier ungherese Viktor Orbán si presenta infine in Aula al Parlamento europeo di Strasburgo. In programma ufficialmente c’è la presentazione del programma di lavoro della presidenza ungherese. Di fatto, come previsto, la visita di Orbán nella tana del lupo diventa l’occasione per uno scontro infuocato: con i capigruppo dei partiti europeisti, e pure con la stessa Ursula von der Leyen. «Servo di Putin», «dilapidatore di risorse dei cittadini», «autocrate», «leader debole»: sono solo alcuni degli epiteti che gli eurodeputati più in vista dell’emiciclo affibbiano sul leader magiaro, mentre la presidente della Commissione lo attacca frontalmente su migranti e conflitto in Ucraina. Orbán ascolta contrito, mastica amaro, e poi replica a tutti rendendo pan per focaccia. Non senza togliersi alla fine un pesante sassolino dalle scarpe: «Pensavo di venire qui a discutere del programma della presidenza ungherese. Ma vedo che non v’interessa».

L’Europa secondo Orbán

«L’Europa è di fronte a una lenta agonia», afferma in apertura Orbán citando Mario Draghi e il suo rapporto sul futuro dell’Ue. Il suo sguardo però è se possibile ancor più cupo. «La situazione dell’Unione europea è molto più grave di qualsiasi altro momento della sua storia. In Ucraina, cioè in Europa, imperversa la guerra, e anche in Medio Oriente e Africa ci sono guerre con un rischio di escalation», ammonisce il premier ungherese. Che prova a presentarsi costruttivo: nel semestre di presidenza il governo di Budapest «vuole essere un mediatore onesto. Vogliamo avanzare proposte per garantire la sicurezza, la pace e la prosperità dell’Ue. Oggi sono qui per convincervi che l’Ue deve cambiare». E il cambiamento più importante per Orbán ha a che fare con la gestione dell’immigrazione. «Può portare al collasso Schengen. Le frontiere europee vanno difese. E vi garantisco che senza creazione di hotspot esterni non potremo tutelare l’Ue dall’immigrazione clandestina. C’è solo una soluzione: possiamo fare entrare solo chi ha già ricevuto l’autorizzazione», sostiene il leader magiaro, forte del recente indurimento delle politiche sul tema in mezza Europa. Gioco più facile del previsto pure nell’affondo sulle politiche economiche/ecologiche: «In virtù del Green Deal avremmo dovuto creare molti posti di lavoro, però la decarbonizzazione potrebbe portare alla riduzione della produzione economica e dell’occupazione. Così non siamo competitivi», riecheggia ancora Draghi il premier magiaro, che chiude la sua allocuzione con lo slogan di Budapest per il semestre: «Make Europe Great Again».

«Bella Ciao» e fuoco amico

Ad aver preparato un’accoglienza di fuoco a Orbán sono in tanti però, ciascuno a modo suo. E lo si capisce subito. Nonappena terminato il suo discorso dai banchi della Sinistra gli eurodeputati si alzano e intonano o a gran voce Bella Ciao. Partono gli applausi, l’Aula si scalda. La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola trattiene a fatica il fastidio, poi invita gli eurodeputati a mettere fine alla protesta cavandosela con un paio di battute: «Ok, ok, non siamo all’Eurovision. Questa non è la Casa di Carta. Portiamo rispetto alla dignità di quest’Aula». Ma è solo l’inizio: perché ad infilzare Orbán pensa subito dopo la presidente della Commissione von der Leyen, arrivata appositamente a Strasburgo per affrontarlo. «Lei dice che l’Ungheria sta proteggendo i suoi confini e che i criminali vengono rinchiusi. Mi chiedo solo come questa affermazione si concili con il fatto che l’anno scorso le vostre autorità hanno fatto uscire di prigione contrabbandieri e trafficanti condannati prima che scontassero la pena. Questa non è lotta all’immigrazione clandestina in Europa. Questo non è proteggere la nostra Unione. Questo è solo gettare problemi oltre il recinto del vicino». Applausi a scena aperta. L’altro principale affondo di von der Leyen è sulla politica estera: «Il mondo è stato testimone delle atrocità russe in Ucraina. Ma c’è ancora chi dà la colpa della guerra non all’invasore ma all’invaso, non alla voglia di potere di Putin ma di libertà del popolo ucraino. Mi domando: sarebbe stata data la colpa agli ungheresi per l’invasione sovietica del 1956? O ai cechi per l’oppressione nel 1968? O ai lituani per il giro di vite del 1991? Possiamo avere storie e lingue diverse In Europa, ma non c’è lingua in cui pace è sinonimo di resa». E accusa il governo ungherese pure di aprire la porta (d’Europa) a russi e cinesi, incluse spie e agenti.

Uno contro tutti

Orbán prende nota di tutto e prepara la replica. Ma la lista di chi non vedeva l’ora di cogliere l’occasione per rinfacciargli tutte le sue malefatte è ancora lunga. Gli attacchi sono impietosi. Valerie Hayer, capogruppo dei liberai di Renew e fedelissima di Emmanuel Macron, lo accusa di aver costruito un «sistema basato sulle bufale» a discapito dell’Ue, un regime che dilapida ogni giorno milioni di fondi europei per stare in piedi, dunque di soldi dei contribuenti degli altri Paesi: «L’unica cosa che non rigettate dell’Ue sono i suoi assegni, sapendo che ungheresi se no non vi seguirebbero. Quanto all’immigrazione, è l’affondo, «altro che bus di migranti spediti a Bruxelles (come Orbán ha minacciato più volte, ndr), i bus dall’Ungheria partono già, ma di cittadini che se ne vogliono andare» da un Paese corrotto e invivibile. Conclusione a nome di Renew: «È tempo di sospendere il diritto di voto del’Ungheria al Consiglio Ue». Ad attaccare Orbán sono pure la capogruppo dei Socialisti e Democratici, la spagnola Iratxe García Pérez, e l’esponente della Sinistra Martin Schirdewan. Ma la requisitoria più dura di tutte è quella della co-leader dei Verdi Ue Terry Reintke: «Lei non è il benvenuto qui. Questa è la casa della democrazia europea, non delle bugie e della propaganda. Lei – è l’affondo – ha costruito un regime ibrido di autocrazia elettorale, è il servo di un regime sanguinario, quello di Putin. Lei ruba il denaro dei cittadini Ue: non è un leader forte, non finga neppure di esserlo, è un debole». Alla fine a difendere Orbán resta solo il gruppo dei Patrioti di cui fa parte anche la Lega, e con maggior tiepidezza l’Ecr di Giorgia Meloni rappresentato in Aula da Nicola Procaccini.

La replica di Orbán

«Mi sarebbe piaciuto discutere oggi del programma della presidenza ungherese. Ma vedo che non v’interessa. Avete preferito organizzare invece un’Intifada politica, dove ripetete le menzogne e la propaganda politica della sinistra ungherese», polemizza Orbán nella replica cui infine ha diritto. Prima di rispondere colpo su colpo. Bolla come false la maggior parte delle accuse piovutegli addosso: quella di Von der Leyen di aver liberato migliaia di trafficanti di esseri umani («Dovrebbe elogiarci, anziché criticarci» per la durezza con cui li tratta), così come sull’Ucraina («La strategia dell’Ue è fallimentare, stiamo perdendo e sta perdendo l’Ucraina, se vogliamo vincere dobbiamo cambiare strada e tornare alla diplomazia»). Poi ai capigruppo dei partiti europeisti replica col noto armamentario della sua retorica “patriottica”: «La nostra Costituzione garantisce a tutti gli stessi diritti», replica a chi lo accusa di aver costruito un sistema illiberale, «ma difende pure la famiglia, con un padre e una madre, e i bambini, e non la cambieremo pure se non vi piace». La corruzione distrugge il suo Paese? «E qui al Parlamento europeo non ci sono stati casi di corruzione? Fate sul serio?» La gente lascia l’Ungheria? «Non è vero, va via la stessa proporzione di austriaci che vanno all’estero: è falsa propaganda». Il suo governo dilapida fondi europei? Macché. «Sappiamo tutti che di quelli che arrivano l’80% vi torna indietro perché finisce nelle tasche delle vostre imprese». Alla fine lo show è servito più a ingrossare i rispettivi canali social e le tifoserie che a dialogare. Come ampiamente previsto.

In copertina: Il premier ungherese Viktor Orbán durante una conferenza stampa a Strasburgo, 8 ottobre 2024 (EPA/Christophe Petit Tesson)

Video di copertina: X/Manon Aubry