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Elezioni Usa 2024, la guida completa con candidati e previsioni

09 Ottobre 2024 - 18:08 Filippo di Chio
elezioni usa 2024 donald trump kamala harris come funziona
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La sfida tra Donald Trump e Kamala Harris è ormai alle porte. Ma chi, come e quando si vota? Quali sono i programmi dei candidati? E chi è il favorito tra i due?

Martedì 5 novembre per gli Stati Uniti sarà l’Election Day. In un solo giorno milioni di cittadini americani voteranno per eleggere il nuovo presidente del Paese, e di conseguenza il vicepresidente con cui ogni candidato alla Casa Bianca si presenta. Dopo il ritiro dalla corsa dell’attuale presidente Joe Biden, a rappresentare i democratici sarà Kamala Harris, che ha scelto come braccio destro il governatore del Minnesota Tim Walz. I repubblicani presenteranno per la terza volta consecutiva Donald Trump, che in caso di vittoria sarà affiancato dal senatore dell’Ohio J.D. Vance. Al contempo, gli americani andranno alle urne anche per rinnovare il Congresso americano. Se questo voto avrà di certo un impatto sulla politica interna, la scelta tra Trump e Harris avrà enormi conseguenze sul panorama internazionale. Tra offese reciproche, la possibilità del voto anticipato e sondaggi in bilico negli Stati chiave, siamo ormai alle ultime battute di quella che il New York Times ha definito la corsa per la Casa Bianca «più combattuta dell’era moderna».

Elezioni USA 2024: cosa sono e perché sono importanti

Come funzionano le elezioni americane

L’Election Day vedrà Kamala Harris contro Donald Trump. Anche se formalmente gli elettori – nel 2020 erano stati poco meno di 160 milioni – non votano direttamente per il loro candidato prescelto. Ha diritto di voto ogni cittadino americano che abbia più di 18 anni e che sia registrato alle liste elettorali di uno dei 50 Paesi (e nel District of Columbia, il distretto specifico della capitale Washington). Chi vota, però, in realtà indica una sua preferenza per un “grande elettore”, il cui numero per ogni Stato varia in base alla popolazione. L’ultimo censimento – datato 2020 – ha portato leggeri cambiamenti: il Texas ha guadagnato due delegati, e Stati come California e New York ne hanno perso uno.

Chi – tra Harris e Trump – otterrà la maggioranza relativa dei voti in uno Stato, otterrà tutti i grandi elettori abbinati a quello. Uniche eccezioni il Nebraska e il Maine: qui 2 elettori sono conferiti con la maggioranza relativa, gli altri (rispettivamente 3 e 2) in base ai voti in ogni singolo distretto elettorale dello Stato. In totale, al termine del conteggio dei voti, saranno stati indicati 538 grandi elettori. Questi, a loro volta, indicheranno a maggioranza semplice il prossimo inquilino della Casa Bianca. A Harris e Trump, dunque, basteranno 270 preferenze dei grandi elettori. In questo sistema prendere più voti popolari dell’avversario non è garanzia di vittoria: la chiave sta nell’accumulare un numero sufficiente di delegati. Nel 2016, ad esempio, Donald Trump vinse le elezioni contro Hillary Clinton prendendo 3 milioni di voti in meno ma guadagnando 74 grandi elettori in più (306 contro 232). Ma già era accaduto nel 2000 con George W. Bush, nella sua sfida contro il democratico Al Gore.

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Una delle schede elettorali su cui i cittadini americani dovranno esprimere la loro preferenza. Oltre ai democratici e ai repubblicani, sono presenti anche candidati indipendenti e dei cosiddetti “terzi partiti”, che però non pesano concretamente sulla corsa alla Casa Bianca

Dalla politica interna all’impatto globale: l’importanza delle Elezioni Usa 2024

La scelta del presidente è accompagnata dall’elezione di 469 nuovi membri del Congresso: tutti i 435 della Camera dei Rappresentanti e 34 dei 100 del Senato. Per ogni schieramento politico è fondamentale garantirsi la maggioranza in questi due organi, per garantirsi il diritto di veto contro i provvedimenti che osteggiano. Nell’ultima legislatura la maggioranza alla Camera era repubblicana, democratica al Senato. Secondo un’analisi della Reuters, con Reagan nel 1987 sul tavolo del presidente finirono 713 leggi. I numeri dell’ultimo anno, complice il «distanziamento sempre più netto tra le forze politiche», non sono lontanamente paragonabili: solo 107. Esempio lampante lo stallo durato mesi per l’approvazione del pacchetto di aiuti ad Ucraina, Israele e Taiwan. I repubblicani dell’ala trumpiana chiedevano in cambio un irrigidimento della policy migratoria, che i democratici (ma anche i repubblicani più moderati) non erano disposti a concedere. Oltre al Congresso, il 5 novembre i cittadini di 11 Stati americani eleggeranno il loro governatore e 10 il loro procuratore generale, che ha poteri di legislatore così come di giudice nei casi penali più gravi.

Sempre sul fronte interno, la scelta di un nuovo inquilino della Casa Bianca avrà enormi conseguenze anche sul fronte giuridico. Il presidente americano ha il potere di proporre nuovi membri della Corte suprema, che devono poi essere approvati dal Senato. I nove giudici della Corte hanno funzione, oltre che di controllo della legittimità costituzionale delle nuove leggi, anche di tribunale di appello di ultima istanza per casi federali. L’attuale Corte, che porta ancora l’impronta della presidenza Trump, ha stabilito l’immunità presidenziale per lo stesso tycoon in alcune circostanze. E, soprattutto, nel 2022 ha ribaltato la sentenza di Roe v. Wade, cancellando la costituzionalità del diritto all’aborto.

Le elezioni americane sono fondamentali per tutto il panorama globale. A settembre il Center for Strategic & International Studies ha pubblicato un lungo report sull’impatto che potrebbero avere sugli equilibri di tutti e cinque i continenti. Dalla guerra in Ucraina fino alle tensioni e al rischio di escalation sempre più concreto in Medio Oriente. Inoltre continua la centralità degli Stati Uniti nelle dinamiche economiche mondiali: si pensi allo strettissimo legame tra le decisioni della banca centrale americana (la Federal Reserve) e quella europea (Bce). Oppure allo scontro a distanza – e prettamente commerciale – tra Washington e un altro colosso mondiale come Pechino. Il 5 novembre tutto il mondo sarà spettatore.

Elezioni Usa 2024: quando si vota

Se il primo martedì di novembre è l’Election Day (in realtà per legge «il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre»), negli Stati Uniti i seggi in alcuni Stati aprono più di un mese prima. È il cosiddetto meccanismo di early voting, e può avvenire di persona (in quasi tutti) o via posta (in tutti). Il 6 settembre la Carolina del Nord ha aperto la possibilità di mail voting a chiunque ne facesse richiesta. L’ultimo Stato a spedire le schede elettorali a casa dei cittadini sarà Washington, il 18 ottobre. I seggi in presenza hanno invece aperto il 20 settembre in Minnesota, Dakota del Sud e Virginia. I due metodi alternativi, molto popolari già nel 2020, quest’anno per adesso sono stati richiesti dal 24% degli aventi diritto. Il loro scopo è permettere a chiunque di scegliere un momento per esprimere la propria preferenza, al netto di eventuali altri impegni lavorativi o impedimenti di salute.

early voting Virginia Elezioni Presidenziali Stati Uniti 2024 Donald Trump Kamala Harris
Un seggio elettorale in Virginia all’apertura del cosiddetto early voting, 20 settembre 2024

Il voto postale pone però vari problemi, a partire dalla registrazione e dalle tempistiche nel conteggio. Sono ben 23 gli Stati americani che ammettono l’arrivo della scheda compilata durante e dopo l’Election Day, per tenere conto dei potenziali ritardi del servizio postale. Gli ultimi (Illinois e Utah) addirittura il 19 novembre. Quei 23 Stati garantiscono un totale di 317 su 538 grandi elettori. Non è detto dunque che si sappia fin da subito chi ha vinto. Così come bisognerà aspettare anche per l’elezione effettiva del presidente. La nomina ufficiale del presidente è fissata per il 17 dicembre, quando tutti i grandi elettori – ognuno nel suo Stato di competenza – si riuniranno per esprimere la loro preferenza. Poco più che una formalità. Poi, dopo che i numeri saranno ufficializzati dal Congresso il 6 gennaio 2025, il 20 gennaio sarà il momento dell’Inauguration Day: quando il nuovo presidente si insedierà nella Casa Bianca. Secondo esponenti repubblicani di area Maga, mancherebbe di trasparenza: «È un sistema completamente corrotto», aveva detto Trump a un rally lo scorso febbraio. Secondo un sondaggio, il 58% degli americani teme che il voto via posta spalanchi la porta a frodi elettorali.

I candidati alle Elezioni USA 2024

I democratici: Kamala Harris e Tim Walz

Ex senatrice, ex procuratrice generale della California e attuale vicepresidente americana. Non si può dire che Kamala Harris non abbia un curriculum di tutto rispetto. La 59enne di Oakland è la seconda donna a vincere un ticket presidenziale dopo Hillary Clinton nel 2016 e la prima indoamericana. Si era già candidata nel 2020 per i democratici, salvo poi essere costretta a sospendere anzitempo la sua campagna per mancanza di fondi e di consenso. Di endorsement importanti ne ha ricevuti a valanghe: dalla star del pop Taylor Swift all’ex presidente Barack Obama. Per lei la battaglia con Donald Trump è una «scelta tra libertà e caos». I principali punti del programma democratico sono misure per favorire la classe media, il diritto all’aborto, da sempre centrale per Kamala Harris, e l’impegno nella lotta al cambiamento climatico. A livello economico, molti esperti ritengono l‘approccio di Harris più “populista” e distante da quello di Biden. La candidata democratica ha promesso di aumentare la tassazione per le grandi aziende e per i milionari, alleviare il peso sui nuclei familiari abbattendo il costo della vita e aumentare il salario minimo. Sul piano internazionale si è sempre schierata dalla parte dell’Ucraina e per il Medio Oriente, pur riconoscendo il «diritto a difendersi» di Israele, richiede la soluzione a due stati in Palestina.

Dall’altra parte, però, ha numerosi punti deboli. Primo tra tutti l’immigrazione: la gestione secondo molti fallimentare del confine le è valso il soprannome da parte dei supporter trumpiani di border czar. La sua visione sul tema rimane ferma a una proposta di legge bipartisan, osteggiata fortemente da Trump nei primi mesi del 2024, che prevede l’irrigidimento dei controlli e la spesa i centinaia di milioni di dollari per terminare la costruzione del muro. Altro problema per Kamala Harris è stato portare dalla sua parte i più moderati. Per farlo ha spesso rimodellato le sue posizioni su alcuni temi, come l’opposizione al fracking e la proposta di una riforma del sistema sanitario a pagamento unico “Medicare for All”. Tutte posizioni abbandonate o corrette nel corso della campagna, e che le sono valse l’accusa di flip-flopping, saltare da una convinzione al suo opposto.

Kamala Harris Tim Walz Democratic Convention Usa 2024
La candidata presidente Kamala Harris e il candidato vicepresidente Tim Walz sul palco della Democratic National Convention in Illinois il 22 agosto 2022. Con loro il Second Gentleman Doug Emhoff e la moglie del governatore del Minnesota Gwen Walz

Come suo vice ha scelto il 60enne Tim Walz. Ex riservista della Guardia nazionale, l’anno scorso è stato eletto governatore del Minnesota per il secondo mandato consecutivo. Tra il 2015 e il 2016 era considerato dal Lugar Center, della Georgetown University, il settimo membro più bipartisan del Congresso. La disponibilità a collaborare con la controparte repubblicana ha radici profonde nella carriera politica di Walz: nel 2006, quando fu eletto alla Camera per il Minnesota, vinse proprio grazie all’appoggio dei repubblicani più moderati. L’abilità di sedersi al tavolo con il Great Old Party gli conferisce una importante caratteristica: l’efficacia legislativa, anche qui settimo secondo la University of Virginia. Delle 11 proposte di legge avanzate da Walz durante la presidenza Trump, due sono state firmate dal presidente nonostante i repubblicani avessero la maggioranza al Congresso.

I repubblicani: Donald Trump e J.D. Vance

Dalla parte del Great Old Party a vincere il ticket per la terza volta consecutiva è Donald Trump. Già 45esimo presidente degli Stati Uniti dal 2017 al 2021, ha focalizzato tutta la sua campagna elettorale su economia e immigrazione. A livello commerciale, il tycoon rimane fedele alla sua visione autarchica e protezionistica. L’obiettivo è «make America affordable again»: una promessa di accessibilità dei beni. Questa, però, cozza con l’intenzione di imporre nuovamente dazi del 10-20% ai prodotti esteri di import. Con l’eccezione della Cina, i cui prodotti sarebbero tassati fino al 60% e le automobili al 100%. Una strategia che – convengono gli economisti – farebbe schizzare alle stelle l’inflazione, avendo un effetto opposto all’accessibilità da lui promessa. Per quanto riguarda l’immigrazione si propone di completare la costruzione del muro al confine con il Messico e organizzare una deportazione di massa per gli immigrati irregolari. Punti deboli sono sicuramente i diritti – i repubblicani hanno ammorbidito la loro posizione pro vita considerandola un pericolo elettorale -, il clima e gli esteri. Trump non ha rinnegato le sue tendenze isolazioniste, schierandosi fermamente contro l’invio di ulteriori aiuti in Ucraina e dando messaggi quantomeno confusi riguardo al Medio Oriente.

Il candidato presidente Donald Trump e il suo vice JD Vance alla cerimonia in ricordo dell’attacco alle Torri Gemelle, 11 settembre 2024

Il vice di The Donald sarà il 40enne J.D. Vance. Anche lui veterano dell’esercito americano, da tempo è stretto collaboratore e amico del miliardario Peter Thiel, co-fondatore di PayPal e uno dei più grandi donatori del Partito Repubblicano. È diventato celebre per il suo libro Hillbilly Elegy – pubblicato nel 2016 – in cui sostiene l’ideale a stelle e strisce del self made man, l’uomo che si costruisce la propria fortuna. È un’autobiografia in cui il candidato vicepresidente descrive la sua infanzia, divisa tra Kentucky e Ohio, e spiega tra le righe perché la classe operaia della Rust Belt è così attratta da leader come Donald Trump. Incensato da Trump come un imprenditore «di grande successo nel campo della tecnologia e della finanza», ha posizioni politiche tipiche dei conservatori americani: pro-vita, contrario alle limitazioni sul porto d’armi e agli aiuti inviati in Ucraina.

Intenzioni di voto e sondaggi

Secondo gli ultimi sondaggi Times/Siena, a livello nazionale Kamala Harris ha leggermente aumentato il suo vantaggio nei confronti di Donald Trump: 49% a 46%. È la conferma di un trend positivo che vede la candidata democratica mantenere un vantaggio pressoché costante da Trump. E migliorare di settimana in settimana i suoi risultati: dal 44% di metà luglio, una crescita di cinque punti percentuali in meno di tre mesi. Dati diametralmente opposti rispetto agli ultimi sondaggi che contrapponevano Trump a Biden: dopo il disastro del primo dibattito tv, Biden aveva visto il suo svantaggio aumentare considerevolmente fino a toccare il 3%.

Il tycoon sembra però aver convinto molto di più gli elettori maschi adulti, tra i quali è in testa di 11 punti percentuali. Merito soprattutto del suo programma economico, che sembra convincere molto di più gli elettori. Il distacco di tre punti percentuali è confermato anche da un altro importante sondaggio, dell’esperto Nate Silver. I dati sono praticamente identici a quelli del Nyt: 49,3% Harris, 46,2% Trump. Leggermente diverso, solo nelle cifre, quello condotto da Reuters e Ipsos. In questo caso, l’indice di gradimento per Kamala Harris si attesta intorno al 46%, quello di Trump è intorno al 43%. Tutte indicazioni importanti, ma che rimangono indicazioni di tendenze generali. La chiave rimane vincere gli Stati chiave e guadagnare un numero sufficiente di grandi elettori: prendere più voti a livello popolare – è bene ripeterlo – non significa accedere alla Casa Bianca.

Mappe e statistiche elettorali

È più conveniente, allora, affidarsi ai sondaggi Stato per Stato. Il Partito Democratico e quello Repubblicano hanno delle loro roccaforti intoccabili, e in queste i grandi elettori sono praticamente già considerabili come assegnati. La battaglia per la Casa Bianca si gioca nei cosiddetti swing states, quegli Stati in bilico che possono pendere sia per Kamala Harris che per Donald Trump. Quest’anno si concentrano tra i Grandi Laghi al confine con il Canada (Pennsylvania, Michigan, Wisconsin) e alcuni della cosiddetta Sun Belt (Nevada, Arizona, Georgia, Carolina del Nord). Nel 2020 tutti, a eccezione della Carolina del Nord, avevano preferito Joe Biden. E al momento la distanza tra Harris e Trump è minima: la distanza massima tra i due candidati è di due punti percentuali. Tenendo conto del margine di errore che ogni sondaggio porta con sé, 93 delegati sono da considerare tutti toss-up, senza padrone.

Mappa sondaggi elezioni usa 2024 Swing States
In rosso le roccaforti repubblicane, in blu quelle democratiche. I swing states sono contrassegnati con il colore marroncino

Se fossero rispettate le previsioni del sondaggio Siena/Times, la situazione al termine dello spoglio dei voti vedrebbe la vittoria di Kamala Harris con 276 delegati. Basta quindi che una sola delle previsioni per i swing states sia errata in favore di Trump per rimettere tutto in gioco.

Mappa usa 2024 elezioni presidenziali Siena/Times 
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La mappa dei risultati elettorali se fossero confermati i sondaggi di Siena/Times

Risultati che Nate Silver conferma in toto seppur con distanze più risicate in alcuni Stati chiave. E – aggiunge Silver con il suo modello – la probabilità di una vittoria di Kamala Harris è intorno al 54.7%, in leggero calo rispetto ai primi di ottobre. In ogni caso i candidati sono vicinissimi. Le previsioni, però, lasciano sempre un po’ il tempo che trovano. Soprattutto in seggi elettorali dove una manciata di voti può spostare – da una parte o dall’altra – decine di grandi elettori. E di conseguenza spostare anche le sorti degli Stati Uniti.

Chi vincerà le elezioni: cosa dicono gli esperti

Diventa difficile, a questo punto, lanciarsi in spericolate previsioni che sarebbero tutte – inevitabilmente – prive di concreto fondamento. Chi invece ha detto la sua è Allan Lichtmann, professore di storia soprannominato “Nostradamus” per aver indovinato correttamente il vincitore delle ultime 13 elezioni. Il tutto grazie a un metodo che si basa su 13 chiavi: dalla politica estera all’economia fino al carisma e alla presenza di scandali. Secondo il modello sviluppato da Lichtmann a sedersi nello Studio Ovale sarà Kamala Harris. La candidata democratica avrebbe dalla sua proprio i dati economici in miglioramento rispetto alle passate presidenze, le proposte di rinnovamento e riforma nell’ambito della politica interna e l’assenza di scandali.

I tre dibattiti elettorali

Due dibattiti tra i candidati presidenti, più in coda uno tra i candidati vicepresidenti. Questo il classico ruolino di marcia televisivo che scandisce gli ultimi mesi prima dell’Election Day. Ma che, quest’anno, ha dovuto fare i conti con scossoni non da poco. A partire dal cambio in corsa del ticket democratico, passato da Joe Biden a Kamala Harris. Il primo presidential debate, in data 27 giugno e trasmesso dalla Cnn, è anche l’unico tra Trump e l’attuale presidente americano. Anzi, secondo politologi e fonti interne ai dem, è ciò che mette in allerta il partito. E che, di lì a 24 giorni, porterà Biden a ritirarsi dalla corsa. Quella del presidente è una prestazione disastrosa: la confusione e una evidente stanchezza lasciano il campo aperto alle bugie di Donald Trump. Un fallimento che porta il board del New York Times a scrivere: «Biden non è più l’uomo che era quattro anni fa. Deve affrontare ora è che ha fallito il suo stesso test, incoraggiando il partito a cercare candidati meglio attrezzati per presentare alternative chiare, convincenti ed energiche a una seconda presidenza Trump». E la scelta ricade sulla sua vice, Kamala Harris.

Elezioni presidenziali USA Trump Biden Watch Party
Un cosiddetto “watch party”, momento in cui nuclei familiari e amici si riuniscono per guardare il primo e unico dibattito tra Donald Trump e Joe Biden. Si calcola che la trasmissione sia stata guardata da 67 milioni di americani

Il secondo dibattito presidenziale va in scena il 10 settembre a Philadelphia. Questa volta, sul podio accanto a Trump c’è la nuova candidata dem. E le sorti, rispetto a un mese e mezzo prima, si invertono. Harris, forte anche del suo passato da procuratrice generale, appare calma, a suo agio e sicura. Resiste senza problemi agli assalti verbali di Trump, anzi lo lascia sfogare consapevole che sarebbe caduto nella sua stessa trappola. Cosa che effettivamente accade: in un passaggio diventato virale sui social, il tycoon rilancia la fake news sugli immigrati haitiani a Springfield. Di fronte alla quale Kamala Harris si limita a ridere. Il verdetto è pressoché unanime: la vera vincitrice è proprio la candidata democratica, che fa un balzo in avanti nei sondaggi e incassa l’endorsement di Taylor Swift. Forte del successo appena ottenuto, Harris subito propone un nuovo dibattito “extra” a fine ottobre: proposta che per ora Trump non ha colto. Nel frattempo però si affrontano i due vice in un «dibattito civile»: JD Vance più posato e sicuro di quanto si potesse prevedere, pur cadendo in numerose fake news; Tim Walz pacato e moderato. Alla fine il dibattito aiuta entrambi i ticket: l’indice di gradimento sale per entrambi i candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti.

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