Open non censura dai social le pagine pro-Palestina accusandole di fake news inesistenti
«Come Open censura dai social le pagine pro-Palestina accusandole di fake news inesistenti» titola un articolo de L’Indipendente di Matteo Gracis, accusando la nostra testata di compiere un’attività censoria e di parte contro i sostenitori della causa palestinese. La vicenda ruota intorno a un’immagine condivisa in un post Facebook pubblicato dal blogger Giuseppe Salamone, segnalata come falsa allegando un nostro fact-check riguardo un video di Benjamin Netanyahu. L’immagine, non ha nulla a che fare con la nostra verifica, che riguarda appunto un video. Prima di procedere nella spiegazione su quanto accaduto, è bene riportare una doverosa premessa.
Il programma
Open Fact-checking è una realtà certificata dall’International Fact-checking Network e partner di Meta nel programma di fact-checking indipendente con il compito di individuare, controllare e valutare la disinformazione su Facebook, Instagram e Threads. Ogni volta che valutiamo un contenuto, secondo una rigorosa metodologia, Meta lo etichetta e ne riduce la visibilità, senza impedire in alcun modo la consultazione, condivisione o nuova pubblicazione. Contrariamente a quanto molti falsamente affermano, Open e gli altri membri del programma di fact-checking non rimuovono i contenuti. Tale operazione viene messa in moto da Meta nel caso questi violino gli Standard della communiti, che prescindono dal programma di fact-checking.
Il fact-check e l’automazione errata
Un video, particolarmente virale sulle piattaforme Meta (e non solo), mostra Benjamin Netanyahu mentre corre nei corridoi di un edificio. La clip viene condivisa senza audio o con il suono dell’allarme antiaereo, facendo intendere che il leader israeliano stesse scappando verso un bunker durante un bombardamento iraniano. Il video, così diffuso con tali caratteristiche, è stato oggetto di una nostra valutazione dove abbiamo riscontrato il reale contesto: si trattava di una scena ripresa nel 2021 che mostrava Netanyahu mentre correva in Parlamento per votare. Meta, a seguito del fact-check, ha provveduto ad etichettare i post dove riconosceva la presenza del video oggetto di valutazione, ma qualcosa è andato storto. Infatti, nel caso del blogger Giuseppe Salamone, l’automazione di Meta ha erroneamente etichettato un’immagine che non era stata in alcun modo valutata da Open.
Un errore noto, anche per il collega della BBC
Non è la prima volta che accade. Un esempio è quello del nostro collega di BBC Verify, Shayan Sardarizadeh, che su Threads si ritrova spesso segnalato ingiustamente quando riporta un’immagine falsa sebbene etichettata come tale. Un caso recente riguarda una foto generata con l’Intelligenza Artificiale, già oggetto di valutazione di un altro membro del programma (i colleghi di Check Your Fact) ed etichettata in automatico da Meta.
Shayan Sardarizadeh, a seguito dell’errata segnalazione, ha contestato l’accaduto e in particolare il sistema automatico che non riesce a distinguere un post di disinformazione da uno di fact-checking come il suo.
Cosa bisogna fare in questi casi?
Gli autori dei post possono fare ricorso seguendo le istruzioni presenti nella segnalazione del fact-check, risolvendo l’eventuale inconveniente in tempi molto brevi. Inoltre, è possibile richiedere una ulteriore verifica inviando una mail all’apposito indirizzo presente nell’area “contattaci” della nostra sezione (nota: la casella mail è vittima dell’Operation Overload della propaganda russa, ma controlliamo costantemente per non perdere le richieste). Nel caso del blogger Salamone, non riscontriamo attraverso queste due vie delle richieste di intervento, ma abbiamo provveduto a segnalare questa mattina l’errore a Meta che ha rimosso dal suo post l’etichettatura.
Accuse infondate di partigianeria pro Israele
Ricordiamo, infine, che rimandiamo al mittente qualunque accusa di “partigianeria” a favore di Israele contro i sostenitori della causa palestinese. Come partner di Meta, Open Fact-checking ha valutato numerosi contenuti falsi, decontestualizzati e alterati diffusi dai sostenitori di Israele, ritrovandosi questi ultimi l’etichettatura nei rispettivi post. Un’attività indipendente e imparziale verificabile consultando sia gli articoli presenti nella nostra sezione, che presentano in fondo la dicitura del programma di fact-checking di Meta, che gli elenchi relativi alle bufale pro Israele e le bufale pro Palestina.