Attacchi israeliani contro Unifil in Libano, la nota congiunta di Italia, Spagna e Francia: «Finiscano subito»
L’Idf ha colpito ancora le basi Onu nel sud del Libano. Dopo l’attacco di ieri a tre basi dell’Unifil, che aveva scatenato la durissima reazione del governo, l’Idf ha colpito ancora il centro di comando delle Forze di interposizione delle Nazioni Unite, dove è stata presa di mira una torre. Feriti, secondo fonti ufficiali, due peacekeeper del battaglione cingalese. Uno dei due sarebbe in gravi condizioni. In serata è arrivata la condanna dei leader di Italia, Francia e Spagna: «Contiamo sull’impegno di Israele per la sicurezza delle missioni Onu e bilaterali di mantenimento della pace in Libano, nonché delle organizzazioni internazionali attive nella regione», si legge. Nella dichiarazione siglata a margine del Med9, Giorgia Meloni, Emmanuel Macron e Pedro Sanchez esprimono «indignazione», sottolineando che gli attacchi «costituiscono una grave violazione degli obblighi di Israele ai sensi della risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu 1701 e del diritto internazionale umanitario. Questi attacchi sono ingiustificabili e dovranno finire immediatamente», conclude la nota. Dello stesso avviso anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, secondo il quale «Israele non deve più colpire del forze dell’Onu in Libano». Intanto da parte del presidente francese e dal primo ministro spagnolo arriva un altro avvertimento: «Bisogna cessare la vendita di armi a Israele, unica leva per mettere fine ai conflitti».
Sergio Mattarella convoca il Consiglio di Difesa
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio supremo di difesa, al Palazzo del Quirinale, per mercoledì 23 ottobre, a partire dalle 10. L’ordine del giorno prevede «l’esame dell’evoluzione dei conflitti in corso in Medio Oriente e in Ucraina, delle iniziative in ambito internazionale ed europeo e dello stato delle missioni militari italiane nella regione mediorientale».
Cadono razzi su Tel Aviv: intercettati
In serata l’Idf ha fatto sapere che «in seguito agli allarmi attivati nel centro del Paese, sono stati rilevati due velivoli senza pilota mentre attraversavano il territorio libanese. I velivoli erano sotto sorveglianza dal momento in cui hanno attraversato il confine dal Libano», lo riferiscono su X le Forze di difesa israeliane, aggiungendo che l’aeronautica «ha intercettato con successo un velivolo e ci sono danni ad un edificio a Herzliya», città a nord di Tel Aviv. Si tratta – scrivono i media locali – di una casa di riposo. «Al momento non si conoscono vittime». Channel 12 riferisce che l’impatto ha innescato un incendio e che alcune parti della città sono senza elettricità.
Cosa sappiamo dell’attacco alle basi Unifil
Israele ha attaccato «per la seconda volta in 48 ore» postazioni dell’Unifil, aprendo il fuoco contro un posto di osservazione del quartier generale di Naqura e ferendo altri due caschi blu. Nel pomeriggio di oggi, venerdì 11 ottobre, ha iniziato a circolare la notizia di un nuovo attacco alla base italiana 1-31, con la demolizione di due muri di cinta. Il ministro della Difesa Crosetto ha negato, parlando di interventi di ripristino di alcune difese che erano state colpite dagli attacchi di ieri. Secondo la ricostruzione fornita dall’Unifil, «diversi T-wall della nostra posizione 1-31 sono caduti quando un bulldozer dell’Idf ha colpito il perimetro e i carri armati dell’esercito israeliano si sono mossi in prossimità della posizione Onu. I nostri peacekeeper sono rimasti sul posto», ha aggiunto la missione in un comunicato, annunciando di aver inviato in loco anche «una forza di reazione rapida dell’Unifil per assistere e rinforzare la posizione». Dopo l’attacco di ieri, il contingente italiano ha ribadito che non cederà alle richieste di Tel Aviv: «I militari non abbandoneranno la base». Un concetto che i caschi blu hanno ufficializzato in un faccia a faccia con gli israeliani avvenuto nella notte nella base colpita. «Pretendo rispetto da Israele. Il rispetto dovuto ad una nazione amica impegnata in una missione di pace», ha aggiunto il ministro della Difesa Crosetto dal Kosovo, dove è in visita ai militari italiani. Sulla stessa linea il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha scritto al collega Israel Katz: «I soldati italiani – ha detto – non si toccano, non sono militanti di Hezbollah. Quello che sta succedendo è inammissibile».
Israele vuole fare luce sugli attacchi
Nel frattempo, Israele assicura di voler fare luce sugli attacchi alla forza Onu e di aver avviato «un’indagine approfondita al più alto livello». In base ad «un primo esame» sull’incidente odierno di Naqura, l’esercito israeliano ha riferito di aver «indentificato una minaccia a circa 50 metri dalla postazione Unifil e di aver risposto con il fuoco verso quella direzione», colpendola. La situazione di pericolo per le Forze di interposizione ha convinto Jean Pierre Lacroix, leader delle forze di peacekeeping delle Nazioni Unite, a ordinare il trasferimento temporaneo di 300 uomini in basi più grandi. La decisione, presa dopo la riunione del Consiglio di sicurezza di ieri sera, ha lo scopo di garantire la loro sicurezza.
L’asse Biden-Netanyahu e la preparazione contro Teheran
Nel gabinetto di guerra di ieri, giovedì 10 ottobre, i membri del governo israeliano non sarebbero neanche arrivati a una votazione sull’altro fronte: quello iraniano. Quattro ore di riunione, ma di una decisione non c’è ancora l’ombra. Per ora rimangono solo le minacce, le indiscrezioni. E la sicurezza – condivisa dall’amministrazione del presidente americano Joe Biden – che prima o poi Israele reagirà all’attacco iraniano, e lo farà con forza. Come riporta Sky News citando fonti israeliane, il gabinetto avrebbe comunque dato il via libera al premier Netanyahu e al ministro della Difesa Yoav Gallant perché inizino i preparativi.
Secondo la testata americana Axios, nelle discussioni sarebbe altamente coinvolto anche Joe Biden. «Ci stiamo muovendo nella giusta direzione», avrebbe commentato il presidente americano, dopo la telefonata di mercoledì con Benjamin Netanyahu. Un alto funzionario israeliano ha rivelato che la Casa Bianca ritiene «troppo aggressivi» i piani attuali dell’Idf, ma le distanze tra le parti – sulla dimensione e sulle modalità dell’attacco – si stanno assottigliando giorno dopo giorno. Se nelle prossime ore sarà ufficialmente concesso il via libera alla pianificazione, è probabile che i contatti tra Washington e Tel Aviv si intensifichino ulteriormente per tentare di limare gli ultimi dettagli.
Un occasione per farlo potrebbe essere la visita di Gallant a Washington, che dovrebbe avvenire all’inizio della prossima settimana. Negli Stati Uniti il ministro della Difesa israeliano incontrerà il suo corrispettivo americano Lloyd Austin e consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. Al momento, però, Netanyahu ha congelato il viaggio di Stato del suo ministro in attesa del beneplacito del governo. L’Iran, nel frattempo, ha avvertito Stati Uniti e Paesi del Golfo. Secondo il Wall Street Journal, Teheran ha minacciato una reazione contro chiunque aiuterà Israele nel suo attacco. In maniera sia diretta sia indiretta, prestando lo spazio aereo.
La missione Miadit e il terremoto a Teheran
Per quanto riguarda il fronte della Cisgiordania, a Gerico è al lavoro la prima delegazione italiana di uomini del Comando operativo di vertice interforze. Si tratta del primo sopralluogo ricognitivo, a un anno dalla sospensione dell’operazione Miadit, per verificare se e quando sarà possibile per i carabinieri riprendere la missione di addestramento delle forze locali in Palestina. Il primo contingente potrebbe contare circa 200 uomini e, se giudicato possibile, estendere le loro operazioni anche alla Striscia di Gaza.
A Teheran, invece, è scomparso da venerdì Esmail Qaani, leader delle Guardie della Rivoluzione. Secondo il Middle East Eye, dopo essere stato arrestato, sarebbe stato interrogato e lo stress gli avrebbe causato un infarto. Il suo status di salute non è ancora noto. I domiciliari sarebbero stati disposti a seguito della scoperta di una “talpa” tra i suoi collaboratori. Il suo principale collaboratore, secondo gli agenti iraniani, avrebbe fornito informazioni ai servizi di intelligence israeliani. Da qui l’uccisione i breve tempo di Ismail Haniyeh, leader di Hamas all’estero, Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah, e del suo successore Hashem Safieddine.