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La promessa del ct Velasco a Paola Egonu prima di Parigi 2024: «Contro il razzismo ti difenderò fino alla morte»

12 Ottobre 2024 - 19:17 Massimo Ferraro
julio velasco paola egonu razzismo parigi 2024 italvolley
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Al Festival dello Sport di Trento l'allenatore dell'Italvolley campione alle Olimpiadi di Parigi ha parlato del suo rapporto con le atlete

Non basta un gruppo unito per vincere torneo, figurarsi un’Olimpiade. Bisogna giocare bene, ed è per questo che la sua Italia ha vinto a Parigi 2024. «Abbiamo giocato meglio degli altri. Questa è stata la cosa decisiva. Poi c’è la parte psicologica, il gruppo», spiega Julio Velasco, ct dell’Italvolley femminile vittoriosa agli ultimi Giochi. Velasco è entrato in gruppo in un momento delicato. «La squadra veniva da un anno difficile, era molto chiacchierata e aveva bisogno di tranquillità. Di combattere l’ansia, di vivere momento su momento», ha detto al Festival dello Sport di Trento, ricordando il suo lavoro con le Azzurre, «non c’era bisogno di motivarle ma di trasmettere sicurezza e quindi ho cercato di restare impassibile. Ma dentro di me è diverso. L’allenatore è un buon attore, deve trasmettere qualcosa e deve scegliere cosa, a volte azzecchiamo la scelta a volte a no». Velasco è noto per la sua capacità di costruire un gruppo che crede nelle proprie potenzialità e lavora sulle proprie debolezze. Non c’è un segreto, se non che l’allenatore deve fidarsi e credere nelle sue giocatrici. «Non credo nei discorsi che non hanno consistenza, una verità dietro. Ad un allenatore devono piacere le sua giocatrici, perché sono le sue. Come i figli», ha aggiunto, «altrimenti è difficile che la squadra sia convinta e abbia autostima, abbia la forza di affrontare altre squadre che sono più forti sulla carta. Bisogna giocare meglio degli altri».

Parigi 2024, il rapporto tra Velasco e Paola Egonu

Nella squadra vincitrice dell’oro olimpico a Parigi 2024, c’era anche Paola Egonu, uno dei talenti più forti della sua generazione. Spesso al centro delle attenzioni, e delle critiche, Velasco non le ha riservato alcun trattamento di favore. Ma con lei è stato chiaro su una cosa: contro il razzismo sarebbe sempre stato al suo fianco, in prima linea. «Io so che vuol dire diventare un personaggio», ha detto, riportando una conversazione avuta con la campionessa 25enne, «molto spesso il personaggio ci rompe le scatole, ha vita propria ed è molto difficile rapportarsi con la gente, c’è sempre il personaggio di mezzo. “Tu sei Paola Egonu”, il personaggio, le ho detto. “Io voglio parlare di Paola”». Un rapporto franco e diretto che Velasco ha voluto esplicitare parlando di integrazione e di come popolo – e pubblico – italiano abbiano un atteggiamento diverso a seconda di chi si trovano di fronte. «Tanti non si rendono conto di cosa vuol dire essere straniero in un’altra terra. A me davano del lei quando a 33 anni andavo in questura qui in Italia per la cittadinanza, alle persone nere davano del tu», differenze di trattamento che lasciano il segno e Velasco conosce, «queste ragazze hanno a volte delle reazioni o delle sensazioni, e sono in guardia, perché hanno vissuto tante cose da piccole e ora che sono famose non si possono permettere più niente». Per questo a Egonu ha fatto una promessa: «Le ho parlato per dirle che su questo l’avrei difesa fino alla morte. Ma su tutto il resto sarebbe stata come le altre».

Foto di archivio: ANSA/ETTORE FERRARI

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