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Gli attacchi di Israele a Unifil «mettono in pericolo i soldati italiani». Portolano: possono reagire

giorgia meloni benjamin netanyahu luciano portolano unifil libano
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La telefonata tra Meloni e Netanyahu. Il Capo di Stato Maggiore israeliano parla di errori a livello tattico. Ma Tel Aviv chiede il ritiro dei caschi blu

Gli attacchi di Israele a Unifil mettono in pericolo la vita dei mille soldati italiani in Libano. Per questo ieri la premier Giorgia Meloni ha chiamato Benjamin Netanyahu. Ma la risposta del premier di Tel Aviv non è stata rassicurante: «Non ci fermeremo davanti ai terroristi. Unifil si ritiri». Intanto il generale Luciano Portolano, da pochi giorni Capo di Stato Maggiore della Difesa, sostiene che il suo omologo israeliano Herzi Halevi gli ha detto che «gli attacchi contro i caschi blu sono stati frutto di errori a livello tattico» e che avrebbe analizzato «tutte le attività svolte sul terreno, assicurandosi che non ci sarebbero più stati errori del genere nei confronti di postazioni dell’Onu». E ha ricordato che i militari italiani «hanno regole di ingaggio per garantire la propria protezione e quindi dare una risposta adeguata».

La Brigata Sassari

I caschi blu dell’Onu sono in Libano dal 1978. Negli anni ne sono morti 337: è la missione Onu più letale della storia. Unifil deve controllare che nessuna delle due parti attacchi l’altra. Negli anni si è messa sulla linea del fuoco proteggendo i civili libanesi dagli attacchi israeliani. Oggi la missione è composta da 10 mila soldati con elicotteri da ricognizione e soccorso e una componente navale. Costa oltre 500 milioni di euro l’anno ed è stata prorogata fino al 2025. Netanyahu ha detto a Meloni che la richiesta di Israele all’Onu è di ritirare le forze Unifil dal Libano. E ha sottolineato che «alla luce delle atrocità del 7 ottobre 2023, Israele non permetterà mai più a un’organizzazione terroristica genocida di avvicinarsi ai nostri confini. Né a Gaza né in Libano». Tra gli italiani molti appartengono alla Brigata Sassari.

Il piano di evacuazione

Gli italiani rimarranno a Shama, dove hanno la responsabilità della regione Ovest (insieme con altri Paesi: Malesia, Corea del Sud. Ghana, Irlanda e Polonia). Ma resteranno anche lungo la blue line, dove svolgono, o meglio svolgevano, attività di monitoraggio e osservazione, ha detto Portolano. Il quale in un’intervista a Repubblica ha spiegato anche che il piano di evacuazione per civili e militari è già pronto. «Ma le decisioni sul contingente Unifil le prenderà solo l’Onu: non ci possono essere scelte unilaterali, né tantomeno quelle imposte da Israele», ha aggiunto. Infine, ha ricordato che «i nostri militari si sono comportati in maniera estremamente professionale, pur frustrati nel non potere svolgere le attività operative, evitando un’escalation che avrebbe potuto coinvolgere tanti altri Paesi presenti nella missione Onu. Oltre a competenza e coraggio fisico, i nostri soldati hanno quello che chiamo coraggio morale: si assumono la responsabilità dei compiti».

L’attacco di Hezbollah

Intanto domenica sera quattro soldati sono stati uccisi e 60 sono rimasti feriti, di cui sette gravemente, quando un drone lanciato dal Libano intorno alle 19 ora locale ha colpito una base militare nell’area di Binyamina. Hezbollah ha rivendicato l’attacco precisando di aver voluto tendere una imboscata a dei soldati israeliani alla frontiera con il Libano. L’Idf sta indagando sul perché non siano suonate le sirene e per quale motivo i tentativi di intercettazione siano falliti. Il drone che è riuscito a superare la contraerea, secondo una ricostruzione della tv pubblica Kan, è penetrato attraverso il tetto della mensa della base Golani durante l’ora della cena, quando numerosi soldati erano intorno ai tavoli.

L’attacco all’ospedale

L’Aeronautica militare israeliana ha lanciato nella notte un attacco mirato contro terroristi di Hamas che operavano all’interno di un centro di comando e controllo situato nell’ospedale Shuhada al-Aqsa, nella zona di Deir al Balah, nella Striscia di Gaza centrale. Lo rende noto su Telegram l’esercito (Idf), aggiungendo che «il centro di comando e controllo veniva utilizzato dai terroristi di Hamas per pianificare ed eseguire attacchi terroristici contro le truppe dell’Idf e lo Stato di Israele».

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