Tommaso Foti (FdI): «Una mano internazionale dietro il bancario spione. E la sinistra tace»
Secondo il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti la storia del bancario di Intesa che spiava i conti correnti di vip e politici «è il più grosso scandalo della storia della Repubblica. E forse c’è una manina internazionale. Mentre spiano il presidente del Consiglio, la sinistra è rimasta incredibilmente in silenzio». La vicenda di Vincenzo Coviello, secondo lui, non è «l’iniziativa individuale di un curiosone incallito, come si poteva supporre all’inizio. Anche la Procura inizia a ipotizzare che questa spia fosse in contatto con terzi. Chi siano questi terzi è un quesito che potrà risolvere solo l’autorità giudiziaria», dice in un’intervista a La Verità.
L’hacker e il bancario
Foti mette insieme la storia dell’hacker che è penetrato nel sito del ministero della Giustizia, quello di Striano e il caso Coviello: «Di fronte a tutto questo, noto con amarezza che qualche partito ha smarrito la sua verve». Per lui «è il più grosso scandalo della storia della Repubblica, i nostalgici del vecchio scandalo Sifar oggi impallidiscono». E ancora: «Se qualcuno viene a dirmi che due persone sono state mosse solo dalla curiosità, e in virtù di questa hanno scaricato una quantità abnorme di file, allora devo supporre che sia opportuno chiamare un’ambulanza, e accertarsi vi sia posto in qualche struttura di ricovero coatto». Secondo lui dietro c’è «più di una manina. Ci sono manine nazionali, e magari anche qualcuna internazionale».
Il vento a sinistra
Dice che guarderebbe «in generale dove tira il vento di sinistra. Mi sembra anomalo che in Italia la sinistra taccia, e che questo scandalo non abbia riverbero in alcun contesto esterno. In passato, da ambienti stranieri, giungevano dichiarazioni di solidarietà per molto meno. Stavolta nulla». E conclude: «Affidarsi a questi mezzi ignobili e invasivi per cercare di ribaltare un voto popolare, qualifica la povertà morale di chi spera che ciò accada. Ma stavolta non sento suonare alcun “allarme democratico”».