L’ultimatum degli Usa a Israele: «Aiuti umanitari a Gaza subito, o bloccheremo l’invio di armi»
Israele ha 30 giorni per migliorare significativamente la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza. Se non lo farà, gli Stati Uniti potrebbero tagliare i rifornimenti di armi allo Stato ebraico, potenzialmente sino allo stop totale. Lo hanno scritto in una lettera ai vertici del governo israeliano il segretario di Stato Usa Antony Blinken e quello alla Difesa Lloyd Austin. Quella messa nera su bianco nel testo inviato domenica – ma di cui si è appreso oggi – è la minaccia più dura mai esplicitata dalla Casa Bianca dall’inizio del conflitto regionale scatenato dagli eccidi di Hamas del 7 ottobre 2023. Per lunghi mesi l’amministrazione Usa aveva rifiutato di considerare una revisione dei rifornimenti di armi, chiesta a gran voce da un pezzo rilevante dell’elettorato progressista, nonostante il disallineamento sempre più marcato col governo israeliano su Gaza e la plateale «intolleranza» di Benjamin Netanyahu da parte di Joe Biden. L’allargamento del conflitto al Libano e le iniziative spettacolari in solitaria di Israele – dagli omicidi mirati di Ismail Haniyeh a Teheran e Hassan Nasrallah a Beirut sino agli attacchi alla missione Unifil – hanno però scavato un fossato sempre più ampio nelle ultime settimane. E ora il grave deterioramento della situazione umanitaria a Gaza, in spregio dei continui avvertimenti di Usa, Ue e Onu, ha convinto la Casa Bianca a dare all’alleato riottoso l’ultimatum.
Invertire la rotta a Gaza
«Israele deve agire a partire da oggi ed entro 30 giorni» per migliorare in maniera significativa e duratura la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, scrivono Blinken e Austin al ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e a quello per gli Affari strategici Ron Dermer. Se non lo farà e non s’impegnerà «a implementare e mantenere attive tali misure» questo «potrebbe avere conseguenze sulla politica e la legislazione degli Usa» riguardo al trasferimento di armi a Israele. Nella lettera, secondo quanto riporta Haaretz, i capi del Pentagono e del Dipartimento di Stato ricordano come la situazione umanitaria nella Striscia si sia fatta ormai insostenibile, come conseguenza diretta di una serie di azioni implementate dal governo israeliano nelle ultime settimane: l’aver «bloccato le importazioni, negato o impedito quasi il 90% dei movimenti umanitari tra nord e sud di Gaza a settembre, posto continui ostacoli e restrizioni allo staff e alle spedizioni umanitarie, il tutto associato a crescenti saccheggi e azioni illegali, stanno contribuendo al rapido deterioramento delle condizioni a Gaza. A settembre, come rilevato con estrema preoccupazione ieri anche dall’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, il flusso di aiuti umanitari entrati nella Striscia di Gaza è crollato ai livelli più bassi mai registrati dall’inizio del conflitto.
La minaccia dell’embargo
Ora Netanyahu e i suoi hanno un mese per invertire la rotta, o potrebbero veder fermarsi il flusso di armi e altre dotazioni militari dagli Usa, proprio mentre pare allargarsi il secondo fronte di guerra in Libano. Se gli aiuti umanitari americani continueranno a essere bloccati, sul piatto c’è anche l’ipotesi dello stop totale dei rifornimenti, hanno messo in chiaro gli Usa negli ultimi giorni, secondo quanto riferito da fonti diplomatiche israeliane. La stessa Kamala Harris d’altronde, nella doppia veste di vicepresidente e candidata alla Casa Bianca nell’elezione ormai alle porte, ha lanciato l’allarme sul mancato ingresso di cibo a Gaza da due settimane: «Israele deve fare di più urgentemente per facilitare l’arrivo degli aiuti a coloro che ne hanno bisogno. I civili devono essere protetti e avere accesso ad acqua, cibo e medicine. Il diritto internazionale umanitario deve essere rispettato». Lettera dei suoi due colleghi alla mano, assomiglia più a un ordine esecutivo che a una wishlist.