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Demenza frontotemporale, la malattia di Bruce Willis: «I malati cambiano personalità, diventano disinibiti, apatici o irritabili»

16 Ottobre 2024 - 07:43 Alba Romano
demi moore bruce willis
demi moore bruce willis
Ne ha parlato Demi Moore: la sua situazione è stabile, penso che si debba accettare profondamente

Bruce Willis è stabile. Nel 2022 gli è stata diagnosticata la demenza frontotemporale. Attualmente non migliora ma neanche peggiora. E la sua ex moglie Demi Moore ha spiegato all’Hamptons International Film Festival alle porte di New York che «la malattia è ciò che è. E penso che si debba accettare profondamente». Attualmente sono 40 mila le persone che convivono con questa malattia in Italia. Le diagnosi ogni anno sono 12 mila. Se ne prevedono 150 milioni entro il 2050. La demenza frontotemporale in più del 70% dei casi colpisce le persone al di sotto dei 65 anni di età. Si tratta di «una patologia neurodegenerativa che interessa primariamente i lobi frontali e/o temporali del cervello e rappresenta la causa più frequente di demenza neurodegenerativa ad esordio presenile», spiega Giacomo Koch a La Stampa.

Il neurologo e professore ordinario di fisiologia all’università di Ferrara e direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia spiega che si tratta di «una malattia eterogenea caratterizzata da compromissione delle funzioni esecutive frontali, deficit del linguaggio o cambiamenti del comportamento e della personalità. La progressione dei deficit porta ad una significativa riduzione dell’aspettativa di vita, con un grave declino del funzionamento globale e dipendenza dal caregiver nel corso degli anni». Dal punto di vista clinico, spiega, «i sintomi non interessano la memoria, ma il comportamento: i malati cambiano personalità, diventano disinibiti, apatici o irritabili. In alcuni casi presentano deficit del linguaggio molto spiccati, forme di afasia progressiva con perdita della capacità di parlare e, in altri, anche un deficit intellettivo, la demenza semantica che comporta un’erosione di tutte le conoscenze acquisite nel corso della vita».

La ricerca di una cura

Una cura ancora non c’è: «Attualmente, non esiste un trattamento farmacologico efficace e specifico per rallentare la progressione della malattia e le strategie terapeutiche si basano principalmente sull’uso di agenti sintomatici per controllare i sintomi comportamentali. Recenti scoperte supportano l’idea che la neuroinfiammazione sia un elemento chiave nel processo patogenetico della malattia a partire dalle prime fasi, ed è stato ipotizzato che nuovi farmaci mirati a modulare la neuroinfiammazione cerebrale, come la molecola chiamata Pealut, possano potenzialmente rallentare la progressione della malattia». Oggi Moore non pensa più al suo ex marito com’era una volta: «Quando ti aggrappi a ciò che è stato, penso che sia una partita persa. Ma quando ti presenti per incontrarli dove sono, c’è grande bellezza e dolcezza».

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