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Gli insulti, i pantaloni abbassati, i colpi sui genitali: Leonardo Calcina e il bullismo all’istituto Panzini di Senigallia

leonardo calcina bullismo istituto panzini senigallia
leonardo calcina bullismo istituto panzini senigallia
Lo prendevano in giro per il suo cognome che finisce con la A. E poi lo ricoprivano di «insulti e parolacce irripetibili».

Nel bagno della scuola gli abbassavano i pantaloni e gli colpivano i genitali. Lo prendevano in giro per il suo cognome che finisce con la A. E poi lo ricoprivano di «insulti e parolacce irripetibili». Questa è l’accusa nei confronti di tre ragazzi, due maggiorenni e un minorenne, nella storia di Leonardo Calcina, il 15enne bullizzato a scuola che si è tolto la vita a Senigallia. A raccontarle, attraverso l’avvocata di famiglia Pia Perricci, è il padre Francesco con la madre Viktoria a La Stampa. La procura di Ancona ha aperto un fascicolo d’indagine per istigazione al suicidio. La pm Irene Bilotta ha cominciato a interrogare i compagni di scuola. E intanto una mamma conferma: «I bulli ironizzavano sul fatto che fosse una femminuccia». All’Istituto di istruzione superiore Alfredo Panzini lo imitavano anche con una voce effeminata.

Una storia di ordinario bullismo

Il dirigente scolastico Alessandro Impoco ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna segnalazione in proposito. «È vero, lo prendevano in giro di continuo in classe e in palestra durante l’ora di ginnastica, gli facevano i versi. Lui stava sempre in silenzio. Negli ultimi giorni proprio non parlava più», dice invece uno studente al Messaggero. I carabinieri avrebbero già ascoltato almeno uno dei tre presunti bulli, un ragazzo pluriripetente d’origine straniera. Il figlio si era confidato con i genitori pochi giorni prima. Diceva che metteva di proposito gli auricolari nelle orecchie per non sentirli. Fra i tre presunti aguzzini c’era anche una ragazza. «Mi hanno preso di mira, non mi danno pace», si era sfogato Leonardo con la mamma, annunciando di voler lasciare il Panzini dove si era iscritto a settembre. A volte sputavano quando lo vedevano passare.

L’autopsia

I carabinieri hanno sequestrato il cellulare, il computer, la PlayStation e i profili social del ragazzo. L’analista forense Luca Russo redigerà la perizia informatica. Un amico di Calcina ha subito lunedì un’aggressione da parte di uno dei bulli, che è entrato nella sua classe sbattendo la porta: «Non devi fare il mio nome», gli avrebbe urlato. Due dei ragazzi non si sono presentati a scuola. Nel pomeriggio di oggi a Montignano si terranno i funerali. L’autopsia dice che la morte è stata causata da un colpo obliquo partito dalla pistola Beretta alla bocca. Il proiettile è uscito dalla regione temporale provocando lesioni craniche ed encefaliche. Proprio lunedì 14 ottobre era in programma un incontro tra i genitori e i rappresentanti della scuola per parlare del problema. Ma Leonardo si è tolto la vita prima.

Il precedente

Nel frattempo un altro ragazzo che ha frequentato l’istituto parla del bullismo nella scuola. Gli davano del ciccione e lo offendevano con epiteti omofobi finché non ha abbandonato gli studi. «Se tutto fosse andato nel modo giusto, a settembre avrei frequentato la quarta superiore all’alberghiero Panzini», racconta il 17enne: «Invece non sono riuscito più a studiare e ho preferito smettere». Spiega che tutto è cominciato alle elementari: «Da bambino ero anoressico dice ed essendo più alto dei miei coetanei mi chiamavano Torre Eiffel. A me però faceva male perché veniva detto in modo dispregiativo. Poi ci sono state anche aggressioni fisiche. Una volta mi hanno messo un gessetto dentro l’occhio, poi mi hanno puntato le forbici allo stomaco e mi hanno abbassato i pantaloni». E ancora: «Io stavo zitto nel banco per conto mio aggiunge non davo fastidio a nessuno e non capivo perché dovessero trattarmi così».

Gli occhiali, lo smalto, i capelli lunghi

Alle scuole medie è andata avanti così: «Siccome avevo un problema di salute ho preso delle medicine che mi hanno fatto ingrassare ricorda e allora sono stato etichettato come ciccione. Un tormento martellante, giorno dopo giorno, ma sono sempre stato zitto con i bulli, cercavo di non reagire sperando che mi lasciassero stare».

Al Panzini la situazione è peggiorata: «Mi piaceva mettermi lo smalto e tenere i capelli lunghi e allora hanno iniziato a prendermi di mira su quello che credevano fosse il mio orientamento sessuale, ma in realtà lo facevo solo perché mi piaceva, tutto qui prosegue Ogni occasione era motivo di scherno e umiliazione. Non riuscivo più a studiare e a concentrarmi. A scuola avevo iniziato a reagire ma a casa piangevo. Così sono stato bocciato e questo è stato un ulteriore motivo di derisione. Non avevo scampo. Ho trascorso tutta la vita ad essere giudicato da chi mi insultava perché ero troppo magro o troppo grasso, perché portavo gli occhiali, lo smalto o i capelli lunghi, perché ero stato bocciato proprio a causa loro».

L’esperienza

È stato il padre del 17enne a chiedere al figlio di raccontare la sua esperienza. «Mi hanno solo spintonato ma ho reagito, ho deciso che non avrei più subito in silenzio e quindi non sono andati oltre», ricorda. «Nel mio caso erano solo i ragazzi a bullizzarmi, credo che uno fosse proprio tra quelli che avrebbero perseguitato il 15enne che si è tolto la vita. Adesso lavoro e poi mi iscriverò alle scuole serali non appena compirò 18 anni per potermi diplomare. Lì ci vanno solo gli adulti, quindi non dovrei avere problemi».

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