«Sapevo che sarebbe successo»: la testimonianza in aula di Lavinia Limido contro l’orrore dell’ex marito che ha ucciso suo padre
«Sapevo che sarebbe successo», è la testimonianza in aula di Lavinia Limido, vittima della violenza dell’ex marito Marco Manfrinati che in questo processo è accusato di stalking nei confronti della ex moglie, della ex suocera Marta Criscuolo e dell’ex suocero Fabio Limido. Manfrinati, accusato di aver accoltellato a morte il suocero con 21 fendenti e di aver tentato di uccidere anche la sua ex moglie, oggi non era presente in aula. Durante l’udienza, Lavinia Limido ha descritto in modo dettagliato l’escalation di violenza che ha segnato la sua vita e quella dei suoi familiari. La donna ha raccontato come, dopo aver deciso di trasferirsi con l’ex marito da Varese a Busto Arsizio, la situazione sia progressivamente peggiorata. Ha ricostruito gli episodi di controllo ossessivo dell’ex marito: le controllava i soldi a ogni fine mese e la aggrediva se non parcheggiava l’auto in garage. La tensione nella loro relazione ha poi raggiunto un punto ancor più critico, culminato in un’aggressione che ha spinto Lavinia a fuggire, nascondendosi con il figlio in provincia di Como per proteggersi dalle minacce.
«Non uscivo più di casa»
«Non uscivo più di casa. Mi sentivo costantemente perseguitata», ha dichiarato la donna, descrivendo come l’ex marito non smetteva di tormentarla con insulti e minacce, inviate via email e telefono. La famiglia Limido aveva persino installato telecamere attorno alla casa per monitorare la situazione e adottato diverse precauzioni, dal fare il giro degli isolati prima di rincasare, temendo che Manfrinati fosse nei paraggi. «Non uscivo di casa e i miei genitori venivano a trovarmi usando auto diverse per non essere seguiti», ha dichiarato. E il suo carnefice non si è fermato nemmeno dopo l’arresto. Dal carcere di Busto Arsizio, dove è detenuto, ha inviato una cartolina alla madre di Lavinia, Marta Criscuolo, con con una didascalia aberrante: «Sentitissime condoglianze per quel brav’uomo morto quattro mesi fa, che ora sarà con gli angioletti. Sinceramente, Marco».
«Sapevo che sarebbe successo»
Durante la testimonianza, Lavinia ha rivelato che aveva temuto un simile epilogo. «Sapevo che sarebbe successo», ha affermato. «È successo quello che avevo previsto. Lui ce l’aveva detto e me lo aspettavo. Per questo avevamo preso accorgimenti. Sapevo che l’epilogo sarebbe stata la morte di qualcuno, credevo la mia». Ma, nonostante le denunce e le misure di sicurezza adottate, la famiglia Limido non ha potuto evitare la tragedia che si è consumata nel maggio scorso. L’avvocato di Manfrinati, Fabrizio Busignani, durante il controesame, ha cercato di spostare l’attenzione su un altro aspetto della vicenda, sostenendo che la rabbia dell’imputato fosse stata scatenata dall’impossibilità di vedere il figlio per tre mesi, nonostante non ci fossero provvedimenti ufficiali che lo vietassero. «Perché gli ha impedito di vedere il bambino?», ha chiesto il legale alla donna. La risposta di Lavinia è stata netta: «Perché mio marito è un uomo pericoloso».