Il pasticcio dei docenti immessi in ruolo senza rispettare le graduatorie: la colpa è della cattiva interpretazione di una frase
Il clima di crescente malcontento che si respira tra i docenti si fa sempre più intenso. Oltre al problema non risolto dei docenti precari, ad agitare gli insegnanti sono anche le procedure di immissione in ruolo per l’anno scolastico 2024/2025. L’applicazione di un emendamento introdotto durante la conversione in legge del dl 71/2024 solleva non poche preoccupazioni e tensioni. Sebbene sia stato pensato e concepito per accelerare le assunzioni dei docenti, di fatto ha prodotto ingiustizie in alcune regioni e ora potrebbe dar vita a un’ondata di ricorsi legali. Il fulcro della questione è in un’interpretazione controversa della norma, che in alcune regioni – come Lombardia e Veneto – ha portato all’immissione in ruolo di alcuni docenti senza il rispetto delle Graduatorie di Merito e dei punteggi ottenuti nei concorsi, creando una situazione di forte disparità tra i docenti nel processo di assunzione.
Il controverso emendamento
L’emendamento in questione ha introdotto una procedura straordinaria per completare le assunzioni del personale docente, allargando la scadenza al 31 dicembre 2024. Questa misura consente di attingere anche alle graduatorie pubblicate dopo la scadenza ordinaria del 31 agosto, e riuscire così ad allinearsi agli obiettivi del Pnrr. In altre parole, il governo ha deciso di mettere il turbo alle assunzioni, consentendo di finalizzarle entro dicembre, anche se le graduatorie arrivano in ritardo. Se da una parte sembra una soluzione vantaggiosa per i vincitori dei concorsi, che potrebbero ottenere una cattedra prima dell’estate successiva, dall’altra scatena malumori. Molti docenti stanno sollevando dubbi riguardo all’interpretazione di alcuni passaggi dell’emendamento fatta da diversi Usr, tacciata di «compromettere il principio dell’ordine di merito».
I dubbi interpretativi e il rischio ondata di ricorsi
Al centro delle polemiche ci sono alcune frasi del decreto, a partire da: «I docenti che per l’anno scolastico 2024/2025 sono titolari di un contratto a tempo determinato su un posto vacante nella stessa regione e classe di concorso per cui sono risultati vincitori, sono confermati su tale posto». Questo passaggio, pensato per evitare trasferimenti inutili a metà anno e mantenere un minimo di stabilità per studenti e docenti, è stato interpretato da alcuni Uffici Scolastici Regionali come un obbligo a confermare i supplenti, senza permettere loro di partecipare alle fasi di scelta delle sedi definitive.
Come sollevato dalla docente e divulgatrice Sonia Cannas, l’emendamento, utilizzando la dicitura «sono confermati» invece di «possono essere confermati», ha creato confusione. «Molti di noi avevano ipotizzato che, come due anni fa, tutti i vincitori avrebbero partecipato alla scelta della sede, mentre i supplenti già in servizio avrebbero preso il posto definitivo l’anno successivo», spiega la docente. «L’emendamento afferma poi che “i vincitori […] scelgono la sede definitiva tra i posti vacanti […]” senza differenziare tra vincitori con supplenza e senza. Nella prima parte del periodo il soggetto sono “i vincitori”. Non si distingue tra vincitori che abbiano già una supplenza e gli altri. Ergo tutti i vincitori devono poter scegliere», prosegue Cannas. Tuttavia, alcuni Usr hanno adottato un’interpretazione più restrittiva, confermando i supplenti e riducendo di fatto il numero di posti disponibili per gli altri vincitori. «Alla luce di questo e del mancato utilizzo completo dell’ordine delle graduatorie di merito, mi pare che l’indicazione data dal Ministero agli Usr apra la strada a facili ricorsi, oltre a mancare di ragionevolezza», conclude.
E chi ci perde?
Sul piano concreto, l’interpretazione degli Usr ha creato un duplice problema. Prima di tutto, i vincitori di concorso che non sono attualmente supplenti – o che lavorano in altre classi di concorso o in regioni diverse – si trovano a scegliere tra un numero molto ridotto di posti. Questo perché i posti già occupati dai supplenti confermati vengono sottratti al processo di assegnazione, anche se chi li occupa ha una posizione più bassa in graduatoria. In altre parole, chi è più in alto in graduatoria si trova a scegliere tra le briciole, mentre i supplenti confermati, magari con una posizione potenzialmente inferiore, si assicurano un posto senza passare per la scelta. È un cortocircuito che va a svantaggio dei docenti che si sono classificati meglio. Oltre il danno, la beffa. Perché l’altro gruppo di penalizzati è proprio quello dei supplenti stessi, che potrebbero aver accettato la supplenza per necessità immediata, ma che magari avrebbero preferito un’altra sede o provincia per la loro immissione in ruolo definitiva. Invece, vengono “bloccati” sul posto occupato, senza possibilità di scelta come tutti gli altri vincitori.
Supplenti scontenti
«Noi insegnanti, in caso di supplenze, abbiamo accettato anche incarichi scomodi con la consapevolezza che sarebbero stati temporanei, in attesa di essere nominati vincitori e di poterci trasferire in altre sedi», spiega infatti a Open l’insegnante Mirko Russillo. «Ma qual è il paradosso di questa situazione? Ad esempio, il primo in graduatoria non ha la possibilità di scegliere tra tutte le sedi disponibili perché queste sono già occupate da chi sta attualmente svolgendo una supplenza. Così, l’ultimo tra i vincitori potrebbe trovarsi, per pura coincidenza, con una supplenza vicina a casa, mentre, per ordine di graduatoria, avrebbe dovuto trovarsi molto più lontano», aggiunge. Sulla questione è in corso anche una petizione su Change.org che avverte: «Se la norma venisse male interpretata anche da ulteriori Uffici scolastici regionali, le conseguenze ricadrebbero a pioggia su tutti i docenti precari italiani risultati idonei all’ultimo concorso scuola».
Alla ricerca del Merito perduto
Senza dubbio, quello che emerge in modo sempre più vivido è la frustrazione crescente nei confronti di un sistema che dovrebbe garantire trasparenza e meritocrazia, ma che sacrifica il principio di ordine di merito in nome di una gestione veloce delle assunzioni e di dubbie applicazioni della legge. «Lo scandalo sta proprio nel fatto che il concetto di merito viene completamente ignorato, anzi cestinato. Lo stesso merito da cui prende il nome il ministero dell’Istruzione di questo governo», incalza l’insegnante Russillo. «I sacrifici e gli sforzi investiti nello studio per ottenere una buona posizione in graduatoria vengono ridotti a nulla». Se la situazione non prende un’altra piega, è probabile che il caos burocratico e i ricorsi legali prolifereranno, lasciando ancora una volta i docenti e gli studenti a pagarne il prezzo.