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Massimo Bottura e la disabilità: «Inaccettabili le parole contro mio figlio»

Lo chef modenese parla del figlio nato con una sindrome genetica e risponde alle critiche in quanto cuoco al G7: «Se posso rappresentare l'Italia per me è un onore»

La sua presenza al G7 di Borgo Egnazia non poteva passare inosservata. Per i grandi della Terra, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni al presidente Usa Joe Biden, lo chef Massimo Bottura ha curato i menù. E per questo ha raccolto non poche critiche. Ma a Leo Turrini sul Quotidiano Nazionale ha risposto: «Se qualcuno pensa che io, la mia cucina, rappresenti bene l’Italia, per me è un onore, qualunque sia l’identità di chi sta a Palazzo Chigi». E sempre di G7 ha parlato nella sua intervista, ma questa volta difendendo il figlio Carlo che ha cucinato durante l’evento dedicato all’inclusione e alla disabilità ad Assisi: «Inaccettabili alcune parole rivolte a lui».

Bottura: «Ho visto crescere il Paese sul tema»

«Attraverso gli anni ho visto crescere nel nostro Paese la sensibilità, l’attenzione», è l’opinione dello chef pluristellato e titolare dell’Osteria francescana di Modena. Sul tema pensa che abbia giovato il «parlarne di più e molto dobbiamo anche alle straordinarie imprese dei ragazzi e delle ragazze della Paralimpiade». Tuttavia, per lui «c’è ancora parecchio da fare nei confronti delle disabilità mentali».

Il figlio nato con una sindrome genetica

Di disabilità Bottura parla anche perché al figlio Carlo (Charlie come lo chiamano in famiglia) sono arrivate diverse critiche dopo la sua partecipazione al G7 disabilità di Assisi: «Lo chiamiamo all’inglese un po’ perché mia moglie è americana e poi perché ci fa venire in mente Charlie Brown, l’eroe dei fumetti. Carlo è nato con una sindrome genetica, nel 2000. È bravissimo a chiudere i tortellini, piega la pasta alla perfezione. Lo ha fatto anche ad Assisi».

«Sul futuro dell’Italia? Sono ottimista»

«Dobbiamo essere orgogliosi della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre tradizioni. So che suona banale, ma questa deve essere la base di partenza. Dopo di che capisco le incertezze dei giovani. Ai ragazzi e alle ragazze bisogna spiegare che è indispensabile coltivare il dubbio. Bisogna interrogarsi sempre su ciò che vediamo, su ciò che ascoltiamo. E poi dare le risposte attraverso quello che facciamo», è il parere di Bottura. Una filosofia che applica anche quando è ai fornelli: «Mi pongo delle domande e attendo le risposte. Non importa che vengano da me, dagli ingredienti, dalle temperature e consistenze, dalla musica, da un libro, spesso le risposte sono altre domande e arrivano dall’arte».

L’attaccamento a Modena

Nonostante le sirene internazionali che lo acclamano, Bottura ha deciso comunque di rimanere a Modena: «Io sto bene a Modena. Io risiedo a Modena, investo a Modena, voglio vivere e morire, quando sarà, a Modena». La sua è una cucina che vuole raggiungere tutti: «Non fa differenza se a tavola
c’è un capo di Stato o uno sconosciuto. I complimenti di due ragazzi di Vignola valgono quanto quelli di Macron e Meloni. Io faccio il cuoco per amore, per passione». Per questo non ha neanche problemi a gestire le critiche, perché ha ben chiara la sua direzione: «Non mi turbano perché sapere ascoltare è fondamentale, poi io so dove andare e non cambio rotta perché a qualcuno non piace ciò che sto proponendo. Per i miei primi tortellini, sei, tutti diversi nel gusto, ci fu chi mi invitò a cambiare mestiere». E invece ora è tra i cuochi più famosi in tutto il mondo.

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