«Mi ha stuprata con un telecomando» nuova denuncia per Puff Daddy. Il ruolo di Kristina Khorram, storica assistente del rapper
Cadono ancora pedine del domino, le vicende giudiziarie che Sean Combs, in arte Puff Daddy, per gli amici Diddy, sta affrontando nell’ultimo periodo sembrano non avere fine. Ieri è arrivata l’ultima denuncia, anche questa accompagnata da un racconto inquietante riguardo gli atteggiamenti del rapper e producer. La nuova vittima di chiama Ashley Parham, nel febbraio del 2018 conosce un amico di Sean Combs in un bar, questo per colpirla videochiama il rapper ma la donna non parrebbe granché impressionata, anzi durante la chiamata si fa sfuggire anche di essere convinta che l’uomo, come tanti pensano, avesse avuto un qualche ruolo nell’omicidio del rapper rivale Tupac Shakur. Diddy non la prende affatto bene e promette alla donna che in futuro avrebbe pagato quelle dichiarazioni. Circa un mese dopo la Parham viene invitata dall’amico di Diddy nella sua casa a Orinda, in California, quando arriva ad aspettarla trova Puff Daddy che, secondo la storia raccontata dalla donna e raccolta da TMZ, le avrebbe puntato un coltello sul viso dicendole: «Ora ti faccio il “sorriso di Glasgow”», così viene detto il taglio che coinvolge entrambe le guance del viso di una persona, per intenderci, la cicatrice che deturpa il volto di Joker. Ma Ashley Parham racconta anche che in quell’occasione era presente Kristina Khorram, un personaggio che secondo il Los Angeles Times presto potrebbe essere coinvolta nella triste storia della caduta dell’impero di Puff Daddy.
Chi è Kristina Khorram?
Puff Daddy su Facebook nel gennaio del 2021 ne scrive così: «Kristina, alias KK, tiene tutto in funzione nella mia vita e nella mia attività. È stata il mio braccio destro negli ultimi 8 anni e ha costantemente dimostrato di saper eseguire e portare a termine le cose. Non so come potrei funzionare senza di lei»; a quel tempo era stata appena nominata capo del suo staff, ma secondo il suo profilo LinkedIn, al momento chiuso, risulterebbe assunta nella Bad Boy Entertainment, la società di Puff Daddy, dal 2013 come dirigente senior. Secondo fonti del New York Post la Khorram sarebbe stata da sempre a conoscenza delle attività illecite del rapper, questa però è la prima volta che qualcuno pronuncia il suo nome in merito ad una violenza subita, la prima volta che una vittima la riconosce tra i presenti, infatti la donna non è stata arrestata né accusata finora di alcun crimine. Negli atti dell’accusa si legge che Combs avrebbe utilizzato «certi dipendenti», tra cui «supervisori di alto rango», per «portare a termine, facilitare e coprire i suoi abusi e la sua rete di sesso a pagamento». Non sono stati fatti nomi ma, sempre secondo quanto si legge negli atti dell’accusa tra i loro compiti «il rifornimento anticipato delle camere d’albergo con le forniture richieste per i Freak Off, tra cui sostanze controllate, lubrificante per bambini, biancheria extra, illuminazione». Secondo quanto riporta una denuncia risalente allo scorso febbraio da parte del rapper Lil Road, Kristina Khorram sarebbe «la Ghislaine Maxwell di Jeffrey Epstein di Sean Combs», sarebbe lei a chiedere ai dipendenti domestici di Combs, tra cui il maggiordomo, lo chef e le governanti, di portare con loro in qualsiasi momento una «borsa a tracolla» con cocaina, GHB, ecstasy, caramelle gommose alla marijuana e una droga rosa chiamata Tuci, una combinazione di ecstasy e cocaina, in modo che Combs potesse concedersi la sua «droga preferita» in qualsiasi momento.
L’incubo di Ashley Parham
Kristina Khorram avrebbe avuto dunque un ruolo nell’aggressione ricevuta da Ashley Parham, che racconta di averle sentito chiedere al suo capo, tornando alla narrazione dell’incubo vissuto dalla vittima, di non sfregiarle il volto perché l’avrebbero potuta rivendere a potenziali clienti per sesso. Poi la Khorram si avvicinò alla Parham per minacciarla, dicendole che l’avrebbe potuta spedire dall’altra parte del mondo e non fargli vedere mai più la sua famiglia. A quel punto scatta la violenza: secondo il racconto di Ashley Parham, Diddy le avrebbe tolto i vestiti di dosso e avrebbe tirato fuori da un grosso marsupio un flacone pieno di un liquido che le avrebbe subito dopo spalmato in tutto il corpo in grandi quantità. A quel punto il rapper, con l’aiuto del suo braccio destro, avrebbe provato lo stupro una prima volta provando ad inserire nella vagina della vittima qualcosa che lei non ha visto cosa fosse ma che tra di loro chiamavano «IUD». La cosa non ha funzionato, è a quel punto che Puff Daddy, mentre le diceva che la sua vita era nelle sue mani e che avrebbe potuto farne tranquillamente ciò che voleva, prende il telecomando della tv e usa violenza sessuale sulla vittima. Il rapper poi passa alla violenza sessuale anale, una volta finito, sempre secondo i racconti della vittima, avrebbe chiesto ad altri due uomini, lì presenti, di fare lo stesso. Alla fine sarebbe stata ancora la Khorram a costringerla ad ingurgitare delle pillole che l’avrebbero messa KO.
La fuga
Diddy e gli altri uomini, concluso lo stupro, si sarebbero accomodati in giardino per fumare, convinti di aver lasciato la vittima inerme. Il liquido spalmato addosso ad Ashley Parham infatti era olio per bambini mischiato a GHB, la cosiddetta «droga dello stupro», il che spiegherebbe anche la gigantesca quantità di flaconi di olio per bambini trovata nella villa di Puff Daddy al momento del suo arresto e che il suo avvocato non era riuscito a spiegare con una scusa plausibile («ha una casa grande, compra all’ingrosso» aveva detto). Fortunatamente la sostanza, che non è la prima volta che compare nelle storie legate alle presunte violenze di Puff Daddy, così come le pillole, non ha l’effetto desiderato sulla Parham, che riprende conoscenza, si infila una t-shirt di ampia misura, afferra un coltello e si dirige verso l’uscita. Nel suo percorso incrocia Diddy, che rimane sorpreso nel vederla in piedi dato che, lei racconta di avergli sentito dire: «Ti abbiamo dato abbastanza droga da far fuori un cavallo». Ma il rapper non sembra intimidito, anzi le confessa che «non trovavo un culo così stretto da un pò» e le offre del denaro per considerare lo stupro ricevuto come sesso consensuale, altra pratica già sentita in diverse denunce raccolte fino ad oggi. Lei rifiuta, anzi gli dice che sarebbe andata alla polizia, Diddy le risponde che nessuno le avrebbe creduto e che se avesse parlato qualcuno avrebbe fatto del male alla sua famiglia. A quel punto chiama uno degli uomini presenti in casa e mostra uno smartphone alla ragazza, che racconta di aver visto le immagini in streaming dell’esterno della casa della sorella. Una storia inquietante che si fa sempre più inquietante quando la Parham sostiene che a quel punto, per convincerla a non divulgare ciò che era appena successo, Diddy la fa parlare con la propria madre, Janice Combs, che al telefono le intima di non fare del male a suo figlio, rifiutandosi di credere alla violenza appena subita. La situazione degenera subito dopo, quando Diddy si vanta con la ragazza di averla fatta franca in crimini ben più gravi, il riferimento va subito all’omicidio di Tupac, cosa che fa arrabbiare un suo amico tanto da spingerlo ad estrarre la pistola per sparare un colpo in aria. Diddy a quel punto scappa, la Parham lo insegue con un coltello, riesce quasi a pugnalarlo all’addome, lui la prega di risparmiargli la vita, lei decide di fuggire, guadagna l’uscita, arriva in strada e grida ai vicini di chiamare la polizia mentre Diddy sale a bordo del suo SUV e scappa ad alta velocità. Sul luogo poco dopo arriva uno sceriffo della contea di Contra Costa, al quale racconta tutto, ma rimane convinta che nessuno abbia avviato delle indagini. Ashley Parham afferma inoltre di aver denunciato lo stupro alla polizia di Walnut Creek e al dipartimento di polizia di Orinda, ma che queste denunce sembrerebbero cadute nel dimenticatoio.