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Albania, così oggi i giudici possono svuotare i centri in Albania: le sentenze sui fermi e l’incognita commissioni

cpr albania governo meloni sentenze tribunali
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I verdetti possono far crollare l'intero impianto della legge. La battaglia legale sui paesi considerati sicuri. E la possibilità di un escamotage per rinviare tutto

«Non posso tornare. Mi ammazzerebbero». A parlare è uno dei dodici naufraghi salvati dalla nave Libra della Marina militare e oggi “ospiti” del centro di Gjader. Recuperato «forse non in acque internazionali, ma italiane» secondo i quattro parlamentari che hanno visitato le strutture volute dal governo italiano in Albania. Un altro è un disertore dell’esercito. È stato per nove mesi in un campo di raccolta in Libia. Ha pagato 8.500 euro per il viaggio. Per l’Italia entrambi non hanno diritto all’asilo perché provengono da paesi considerati sicuri come l’Egitto e il Bangladesh. Ma stamattina i giudici di Roma possono cambiare tutto. Dovranno decidere riguardo la convalida del fermo. In videoconferenza tra Roma e Gjader ascolteranno i migranti ed emetteranno i verdetti. Che possono far crollare l’intero impianto della legge.

La convalida del fermo

La convalida del fermo è a rischio a causa di una sentenza della Corte di Giustizia Europea. Che ha stabilito un principio sui paesi sicuri. Ovvero che per essere definiti tali lo devono essere in ogni parte del loro territorio. La battaglia legale dietro il centro migranti in Albania si gioca tutto su questo. Se i giudici si conformeranno alla sentenza, i dodici dovranno fare ritorno in Italia. E il centro, mutilato delle possibili presenze da paesi come l’il Bangladesh, l’Egitto e la Tunisia, potrebbe diventare presto un deserto. Se invece i giudici, che si sono già riuniti per esaminare le loro domande, dovessero seguire la linea governativa, allora Giorgia Meloni e Matteo Piantedosi potrebbero incassare una vittoria significativa sul tema dell’immigrazione. I ricorsi si giocano anche su un altro argomento. Ovvero che almeno uno dei naufraghi è stato raccolto in acque italiane. Perché ha visto le luci di Lampedusa in lontananza.

Le sentenze

Sul tavolo, spiega oggi Repubblica, non c’è solo la sentenza del 4 ottobre. Ci sono anche i decreti emessi dai tribunali italiani in 13 giorni. Cioè dopo la decisione dei giudici europei. Il 9 ottobre scorso tre giudici del tribunale di Roma hanno disposto la sospensione di un provvedimento con il quale la Commissione territoriale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale da parte di un cittadino peruviano. Anche il Perù è nella lista della Farnesina dei paesi considerati sicuri. Ma secondo i giudici – e la scheda del paese dello stesso ministero degli Esteri – in zona «permangono circoscritti fenomeni di narco-guerriglia che hanno avuto come bersagli anche gruppi sociali vulnerabili: tossicodipendenti, persone della comunità Lgbtq, donne».

Le procedure accelerate

Il giorno dopo i giudici di Palermo hanno respinto otto richieste di convalida di trattenimenti di cittadini tunisini. Anche loro sottoposti a procedure accelerate di frontiera per l’esame delle domande d’asilo. Ovvero come gli “ospiti” del centro migranti in Albania. Secondo il questore invece la Tunisia era un paese sicuro, a parte che per gli omosessuali. In ultimo, proprio il 15 ottobre – ovvero nel giorno della partenza dei migranti per il centro in Albania – il tribunale di Catania ha rifiutato la convalida del fermo di un cittadino nigeriano. Perché nel paese non solo «detenuti, giornalisti, rifugiati, disabili, albini, gay, vittime di tratta» rischiano la vita. Ma sono pure attivi Boko Haram e altri gruppi terroristici. A dirlo non sono i giudici, ma la Farnesina che racconta le zone di insicurezza in un Paese giudicato sicuro.

Un nuovo viaggio verso l’Italia

Se anche i giudici di Roma si conformeranno alla sentenza della Corte di Giustizia Europea i dodici migranti in Albania dovranno arrivare in Italia. E i due centri da 800 milioni di euro in cinque anni resterebbero vuoti. Lo stesso Piantedosi sembra preparato all’ipotesi: «Impugneremo le decisioni davanti alla Cassazione». Che però a quel punto potrebbe dare ancora torto a lui e all’esecutivo. Anche se c’è una scappatoia. Se le commissioni territoriali già riunite dovessero dire no alle richieste di asilo prima della pronuncia dei tribunali potrebbero rimanere in Albania. Ma la decisione a norma di legge non inciderebbe sul trattenimento.

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