Roma, due incendi dolosi in poche ore al liceo Gullace: era occupata fino a poco prima
Un incendio nella serata di ieri, giovedì 17 ottobre. Un altro stamattina, nella zona dell’edificio non colpita ieri. Una succursale del liceo Gullace di Roma, al Quadraro, è stata resa inagibile da un doppio rogo doloso. Non sono riportati né feriti né intossicati. Secondo le prime indagini, ignoti si sarebbero introdotti nei corridoi e nelle aule appiccando il fuoco. L’incendio di ieri, secondo quanto ha riferito il consigliere romano all’Edilizia scolastica Daniele Parrucci, ha reso «impossibile utilizzare le 25 aule della sede». Per questo, di comune accordo con il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, è stata disposta per 1.400 studenti la didattica a distanza per tre settimane.
Cosa è successo
Le prime fiamme poco prima della mezzanotte tra giovedì 17 e venerdì 18 ottobre. Proprio all’uscita degli studenti, che da tre giorni stavano occupando l’edificio, si sarebbero introdotte una trentina di persone esterne. Dal primo sopralluogo dei vigili del fuoco, avrebbero incendiato pile di vario materiale accatastate nella palestra e in uno stanzino adiacente. L’interdizione dell’intera struttura era arrivata «in via precauzionale», anche vista la vicinanza tra la palestra e alcune aule. Dovranno essere effettuati altri approfondimenti prima di capire quando la scuola potrà essere riaperta. Stamattina un nuovo episodio nell’ala non copita ieri. «Ignoti si sono introdotti nuovamente all’interno della succursale del Liceo Gullace scavalcando le recinzioni e, pochi minuti dopo, è stato appiccato un incendio», ha spiegato Parrucci. L’entità dei danni è ancora da valutare, ma è sicuro che saranno allungati i tempi di interdizione della succursale. Settimana prossima, ha aggiunto ancora Parrucci, si terrà «una cabina di regia con il sindaco Gualtieri, la Città Metropolitana, il prefetto Giannini e il ministro Valditara» per capire i tempi di ripristino della sede e le modalità di ripresa delle attività scolastiche.
I motivi dell’occupazione
Tutto sembra avere radici nei lavori di adeguamento antisismico che la Città metropolitana aveva commissionato nell’edificio principale del liceo. Lavori – peraltro – che dovrebbero finire il prossimo giugno. Al rientro in classe, studenti e professori avevano lamentato la presenza di rumori e polvere. Da qui la decisione di spostare 11 classi nella succursale di via Deportati del Quadraro. Un ulteriore provvedimento, vista l’esiguità del numero delle classi, organizzava l’orario scolastico su un doppio turno: gli studenti, a rotazione, andavano a lezione anche al pomeriggio fino alle 18.15. Dopo ulteriori proteste, si è presa la decisione di spostare le classi nelle scuole Rossini e Cecilio Secondo. Il termine ultimo per il “trasloco” è il 14 novembre, ma la scelta non ha soddisfatto una buona parte degli alunni. Da qui l’occupazione iniziata lunedì 14, denunciata dalla dirigente scolastica Alessandra Silvestri con annessa richiesta di «sgombero immediato».
Le reazioni
«L’incendio delle aule è l’ennesima conferma della pericolosità rappresentata dalle occupazioni delle scuole, trito, stanco rito particolarmente romano». Queste le dure parole di commento di Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) Lazio. «Interrompere un servizio pubblico, occupare e devastare i locali, le attrezzature, gli impianti significa ledere il diritto allo studio della gran parte degli studenti». Le occupazioni – aggiungono – sono da imputare a piccoli gruppi e non coinvolgono il «corpo vivo delle scuole». Effettivamente, secondo alcuni membri del collettivo del liceo, sarebbero nate delle tensioni dovute ai tentativi di ingresso nella scuola da parte di esterni. All’uscita da scuola degli studenti occupanti, all’interno si sarebbero introdotti gli ignoti. Una versione che Costarelli respinge: «Rifiutiamo la inaccettabile giustificazione che attribuisce i danni ad ‘esterni’ non meglio identificati. Quando si determina una situazione di diffusa illegalità, si causano le condizioni per cui diviene impossibile capire, tantomeno giustificare, chi ha fatto cosa».