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Cosa succede ai Cpr in Albania dopo le sentenze e a cosa servirà il decreto di Meloni sui paesi sicuri

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La premier vuole approvare una nuova legge già lunedì in Cdm. Ma rischia di essere tutto inutile. Il nodo del nuovo regolamento Ue sul diritto d'asilo. E il rischio che i centri rimangano vuoti. Con enorme spreco di soldi

Un decreto in programma per lunedì 21 ottobre. Per stabilire per legge quali sono i paesi sicuri. E restringere, secondo le intenzioni, i poteri dei giudici. Questo è il piano di Giorgia Meloni per il Cpr in Albania, dopo l’annunciato no dei magistrati al trattenimento dei migranti nel centro di Gjader. Un piano che però rischia di finire cancellato a sua volta come i centri per i migranti. Perché nemmeno un atto con forza di legge può considerarsi superiore rispetto alla normativa dell’Unione Europea. Che stabilisce i paesi sicuri e che i giudici, anche la corte di giustizia europea, applicano. Anche se la premier ha parlato di scelta pregiudiziale dei togati. E mentre l’opposizione parla di rischio danno erariale, sul tavolo del Viminale c’è l’ipotesi di fermare i trasferimenti. Così i centri in Albania non avrebbero più “ospiti”.

L’ipotesi decreto

I retroscena dei giornali spiegano il senso del decreto legge che dovrebbe essere discusso nel consiglio dei ministri. Il nodo parte da quanto accaduto ai 12 (erano 16, ma quattro sono stati portati in Italia subito dopo lo sbarco) naufraghi che dalla nave della Marina Militare Libra sono stati portati a Gjader. Si trattava di sette cittadini del Bangladesh e di cinque egiziani. L’Italia aveva inserito Bangladesh ed Egitto in un elenco aggiornato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2024. Anche se in questi paesi persistono zone e sacche di persecuzioni e torture. Ma, è stato il ragionamento dell’esecutivo, queste accadono solo in alcune zone di quei paesi. Che sono prevalentemente sicuri. Ma la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha respinto questa interpretazione con una sentenza che risale al 4 ottobre scorso. E che spiega che per essere considerato sicuro un paese lo deve essere nella sua interezza.

La lista dei paesi sicuri

La prima ipotesi allo studio del governo è quindi quella più immediata. Prevede di stabilire per legge, con una norma di rango superiore rispetto al decreto della Farnesina, un elenco di paesi sicuri. L’elenco degli attuali 22 resterebbe immutato, ma si rafforzerebbe il rango legislativo che lo stabilisce: da una fonte di secondo a una fonte di primo livello. La seconda soluzione invece è quella di affidare al ministero degli Esteri una struttura con il compito di stilare la lista. Entrambe le ipotesi sembrano andare in ogni caso a sbattere contro le sentenze e le norme. Un’altra idea, che però prescinde dall’esecutivo, è quella di portare la sentenza del tribunale di Roma sui 12 naufraghi proprio davanti alla Corte di Giustizia europea. Chiedendo di intervenire su un’interpretazione giudicata troppo rigida della sentenza.

Il nuovo regolamento europeo

Perché il governo ha scelto la via del contrasto con i giudici? Il nuovo regolamento europeo sul diritto d’asilo consente di svolgere le procedure accelerate per l’accettazione o il respingimento dei richiedenti asilo. Il Corriere della Sera spiega che un paese terzo non può oggi essere considerato sicuro se non viene dimostrato che ha regole democratiche e non ha casi di tortura e discriminazioni. Il nuovo Patto ha invece determinato che «la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro può essere effettuata con eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone chiaramente identificabili». Diversi Stati chiedono l’anticipo dell’entrata in vigore del provvedimento, fissata per il 2026. Perché così sarà più facile rifiutare le domande di protezione. Ma, appunto, il nuovo regolamento entrerà in vigore tra due anni.

I migranti di Gjader

Di fronte ai migranti di Gjader si aprono oggi tre possibilità. La prima è che tornino in Italia e più precisamente a Bari, che è il porto più vicino. Potranno fare ricorso contro il diniego della commissione territoriale al diritto d’asilo nei loro confronti. La seconda è che siano accompagnati al Cpr. Con il rischio che vengano avviate nei loro confronti le procedure di espulsione. A meno di una sospensiva da parte del giudice. La terza è che siano liberi sul territorio nazionale senza poter uscire dall’Italia. Con un documento provvisorio da richiedente protezione internazionale. Il piano del governo, che aveva già studiato la contromossa, era un altro. E prevedeva, dopo la sentenza di Roma, di accompagnare i dodici nel Cpr in Albania. Sostenendo che in base agli accordi con Tirana quello fosse territorio italiano. Ma questa prospettiva è tramontata dopo l’intervento della premier.

I centri in Albania senza “ospiti”

Intanto i due centri in Albania rischiano di restare vuoti. L’Italia ha un elenco di 22 paesi che considera sicuri: alla lista – che comprendeva Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia,Tunisia,Nigeria,Gambia, Costa d’Avorio e Georgia –nel maggio scorso il governo Meloni ha aggiunto anche Bangladesh, Egitto, Sri Lanka, Camerun, Colombia e Perù. Il progetto con il premier Rama costerà 600 milioni in cinque anni. Solo per realizzare i centri di Shengjin e Gjader ne sono stati spesi 120. I viaggi della Libra costano 80 mila euro a traversata. Ma secondo altre stime potrebbero essere ancora di più.

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