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La furia di Giorgia Meloni per le sentenze sui Cpr in Albania e il rischio danno erariale

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La premier si sfoga: ci mettono i bastoni tra le ruote. E prepara il contrattacco. Ma intanto si prefigura l'intervento della Corte dei Conti

Non l’ha presa bene. Giorgia Meloni è furiosa per le sentenze dei giudici di Roma che non hanno convalidato il trattenimento dei 12 naufraghi nel centro di Gjader. E mentre prepara un decreto sui paesi sicuri che però rischia di essere inutile, si sfoga. Mentre le opposizioni puntano sullo spreco di denaro pubblico e sull’ipotesi di danno erariale. Sotto la lente c’è il costo dell’operazione pensata con Edi Rama: 650 milioni in 5 anni di cui 120 per le due strutture di Gjader e Shengjin. Ma anche i viaggi nel Mediterraneo per portare i migranti fino ai centri. Ognuno costerebbe circa 80 mila euro. E di certo il primo è stato inutile. E la premier per ora punta il dito sui giudici: «Il problema è che è molto difficile dare risposte alla Nazione quando si ha l’opposizione di parte delle istituzioni».

La Corte dei Conti e la magistratura ordinaria

Ma la paura è quella di un intervento della Corte dei Conti. E, subito dopo, della magistratura ordinaria. Mentre il conflitto tra poteri dello Stato potrebbe finire per pregiudicare la durata della legislatura. «Come si difendono così i confini? Come si può gestire così l’ordine pubblico? Dove si trovano i miliardi dell’accoglienza?», sono le parole della premier riportate dal Corriere della Sera. Mentre un autorevole ministro le ha girato la dichiarazione di Elly Schlein in cui si prefigura il danno erariale. «Occhio, Giorgia», c’era scritto nel messaggio di accompagnamento. «Schlein preannuncia l’intervento della Corte dei Conti. E dopo arriverà la magistratura ordinaria». Una prospettiva che porterebbe molte difficoltà in un finale di legislatura che si preannuncia scoppiettante grazie anche al referendum sull’autonomia differenziata.

L’opposizione dei giudici e la premier furiosa

I rischi di una forzatura con il decreto di lunedì 21 ottobre sono sotto gli occhi di tutti. La premier andrebbe allo scontro con i giudici. E rischierebbe anche di aprire una falla nel rapporto con il Quirinale. Mentre a quel punto diventerebbe anche probabile l’approdo del caso fino alla Corte Costituzionale. Che potrebbe essere chiamata a esprimersi proprio sulla legittimità di un decreto che contraddice una norma europea. In tutti i casi, finora, la decisione è stata la stessa. Ovvero la bocciatura delle norme nazionali. Intanto la premier sembra ancora adombrare complotti.

«Dispiace che in un momento in cui tutta Europa guarda con interesse a qualcosa che sta facendo l’Italia, noi tentiamo di metterci da soli i bastoni tra le ruote», è la frase attribuita alla premier che circola a Palazzo Chigi. Il tribunale, sostiene, fa collassare l’intera politica migratoria. Rendendo impossibili i rimpatri. Tornano in privato le parole d’ordine del berlusconismo più aspro contro i magistrati «di sinistra» e le correnti «politicizzate». Che tentano di «indebolire il governo». Il rischio è che finisca allo stesso modo.

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